Un segno affinché mi riconoscano


Questa è la terza parte di un racconto diviso in sette capitoli, uscito a puntate nel 1928 sulle pagine dell’Evening Times. L’ho tradotto facendo del mio meglio e ho anche pensato ad un’immagine per illustrarlo. In questo post ho raccontato le bizzarre circostanze in cui lo rinvenni in un mercatino nel 2015. Buona lettura!

(dal diario della signorina Theot)

Perché sir Arthur si riavesse del tutto sono stati necessari parecchi minuti, ed un generoso bicchiere di brandy, che un ossequioso inserviente ha rimediato, ignoro dove (perché non so dire in che luogo si trovi la scansia degli spiriti, in un ospedale). Rimessosi sir Arthur, e superata (sospetto, non del tutto) l’avversione e lo scetticismo nei miei confronti, la signora Watson e io abbiamo potuto, finalmente, iniziare la ricerca.

Sir Arthur mi ha quindi chiesto di ripetere, vicino a quel suo curioso macchinario per catturare i suoni, quel che il dottor Watson mi aveva comunicato, quando avevo stretto tra le mani la lama che tante carni aveva inciso:

(trascrizione della registrazione effettuata dal dittafono di Sir Arthur)

Signorina Theot: Un segno affinché mi riconoscano (e qui mi ha mostrato la ferita sulla spalla). Dica loro, la prego, che se vogliono sapere di più di come sia giunto ove ora sono, si ricordino che il dottor Watson non avrebbe mai lasciato insoluto un debito: soprattutto, non un debito di conoscenza. Neppure con chi è sbadato.

Signora Watson: Un debito di conoscenza? Ah, buon Dio! Credo nessuno possa smentirmi se dico che, da almeno trent’anni, mio marito poteva vantare una certa quantità di crediti di conoscenza, visto il numero di giovani colleghi a cui ha insegnato il mestiere. In quanto ai suoi debiti, semmai ne ha avuti… ritengo li abbia saldati tutti, e da tempo.

Signorina Theot: Non di meno, questo è quanto ha voluto dirmi.

Signora Watson: Oh giusto cielo. E va bene, sir Arthur: sei tu che lo conoscevi ai tempi in cui, come diceva, signorina? Ah, sì: in cui poteva lasciare non onorato un debito di conoscenza. Ti sovviene nulla che abbia detto o fatto quando ancora era studente, o laureato da poco?

[lungo silenzio, poi un esclamazione di]

Sir Arthur: Ma certo! Il St. Thomas!

Signorina Theot: Il cosa?

Sir Arthur: Il St. Thomas! John lo frequentava spesso, quando era appena arrivato a Londra! È il teatro anatomico di un ospedale, John ebbe a dirmi che almeno la metà delle cose che avevano fatto di lui un bravo medico le aveva imparate lì e [ancora silenzio]. Ma forse non è quello che John intendeva.

Signora Watson [quasi inudibile] Lo è. [più forte] John aveva donato parecchi suoi libri a quel posto. [silenzio] Uno gliel’aveva portato di persona il giorno stesso della sua scomparsa.


(dal diario della signorina Theot)

Lo ammetto: mentre percorrevamo la stretta gradinata che ci avrebbe condotto al sottotetto della chiesa di St. Thomas, dove il teatro anatomico è alloggiato, provavo timore; cosa avrei potuto vedere, mi dicevo, anche solo sfiorando uno di quei muri? Quanti spettri di disperati morti mentre i chirurghi tentavano senza successo, forbici alla mano, di impedire all’ultimo alito di vita di sfuggire alle loro membra, aleggiavano in quel luogo? E, ad un livello molto più corporeo: quali suoni, quali odori sarei stata costretta a percepire, in un luogo dedicato a quella che, sia pure condotta a fin di bene, è pur sempre una sorta di macellazione umana?

Fortunatamente, almeno riguardo quest’ultimo punto, non sono stata costretta ad assistere ad uno spettacolo degno di quelle riviste che gli americani chiamano pulp. Un cortese inserviente ci ha fatti accomodare in una piccola stanza, in cui aleggiavano impalpabili profumi di fiori (ci trovavamo infatti nella vecchia farmacia), e ci ha spiegato con tristezza che era ormai qualche tempo che al St. Thomas non si tenevano più “dimostrazioni”, e che “il grembiule del chirurgo restava desolantemente pulito” (sì, ha utilizzato proprio queste espressioni: e con mia sorpresa, ne sono stata più divertita, che turbata). Abbiamo poi dovuto scoprire quella curiosa tristezza essere condivisa pure dal curatore del luogo, l’anziano dottor Jasper Meeks, il quale, una volta fatte le presentazioni, mi ha detto con sfiducia:

(trascrizione della registrazione effettuata dal dittafono di Sir Arthur)

Dottor Meeks: Mi dispiace che veda il teatro in queste condizioni, signorina. Nei suoi tempi migliori, le assicuro, era un vero e proprio tempio della scuola medica, un avamposto di conoscenza in cui si sono formati i migliori medici inglesi della fine del secolo scorso. Lei, sir Arthur, ed anche lei, signora Watson, se Suo marito gliene ha mai parlato, presumo possiate confermare che quanto sto dicendo corrisponde al vero

Sir Arthur: È decisamente opportuno che lei abbia citato il nome del dottor Watson.

Dottor Meeks: Perché? Ci sono novità riguardo la sua scomparsa?.

Sir Arthur: [dopo aver tossicchiato] Non esattamente, ma, ecco, ci pare che, il giorno della sua scomparsa, Henry sia stato qui, non è vero?

Dottor Meeks: Difficile ricordarlo. Potrebbe essere.

Sir Arthur: Dovrebbe avervi portato un libro.

Dottor Meeks: Un libro? Che libro?

Signora Watson: Un libro di anatomia, da poco pubblicato in Francia. Dovrebbe chiamarsi Testut.

Dottor Meeks: Oh, io… non vorrei che pensaste che qui abbiamo mancato di rispetto al dottor Watson.

Signora Watson: Perché, cosa è successo?

Dottor Meeks: Non ricordo la visita del dottor Watson, lo confesso, ma ricordo benissimo quel libro, un vero gioiello, se volete saperlo, ma, diavolo… vedete, il nostro inserviente è un brav’uomo, ma è anche terribilmente maldestro e, giusto qualche giorno fa, ha inavvertitamente rovesciato il contenuto di un vasetto con un preparato anatomico proprio su quel volume.

Signorina Theot: Oh, cielo.

Signora Watson: Cosa?

Signorina Theot: Un debito di conoscenza con chi è sbadato… che cosa ne avete fatto? Non l’avete buttato via, vero?

Dottor Meeks: Il preparato? Be’, ovviamente sì.

Sir Arthur: No, non il preparato, il libro!

Dottor Meeks: No, o almeno non ancora, ci sembrava un tremendo spreco farlo, ma è irrimediabilmente rovinato…

Signorina Theot: Ce lo faccia vedere ugualmente, la prego.

Dottor Meeks: Oh, se ci tenete d’accordo, l’ho proprio qui, ma vedete come il liquido fissativo ha rovinato le pagine, alcune sono illegibili e – Giusto Dio, e questo cos’è?

(dal diario della signorina Theot)

Evidentemente per la reazione chimica tra un inchiostro invisibile e le sostanze contenute nel liquido fissativo del preparato, su una pagina, che conteneva un bellissimo disegno delle ossa e dei legamenti che costituiscono la spalla, erano comparse queste parole:

Ilvlji hwua imbfkvngew iq oe em drxwbgv kmm vrtdseyeah zt hqoimmfb jm Fmimfbjaf m jrjsah hcjavo tvnvgrb lzoswte vps fivvov bzbvo bvhrtxb, be cs xqnwmfbys ghdw iq cntbczoe hfrvf… m ehbagn isft gmsagrxjprxs, fx jiumusxzc pni fmf ahzkvxvrb, isa ne qskjihaheu maozanjklx, xoeupr vym kwtsx vsfyyah din xqtki zrmkrkv! Pt agmizs nsegh zt hqoimmfb jm Fmimfbjaf, nwa je dnrviw xegvw dam yt gznuc vhthn; lma wr yzipdh to zoe nmkmshkogm th gxgbiiyi fae bszvmrmkw hpg shdfnyxn er btuda wq

VRTVL ULLIMP

WAW RVKH BG RXWQN 28 1907

AZMR 71

PGPYXU – RZAVIYQSQ – MPBKZNNMF

e imbfgm pav iskje t us, ht kvhivt, acrxjpr vmnvzcyw gslmfr yichcbt aqtmw ia vmytjbww tivwdrxxb wz iehwrkm dvgwgkvtqm fi vmfnsmpt Uwztvog, xfrywb b tcn nqrgq seg wgtki hwvtt ibpni yt sztkea vwb pam zb ciaik lx uoao hbif qq uko izwzu mamvzampth kvvxyezzkt…

Ij fhagv xmztjbt aqlh cb zkhvvf! Ufocrb wfn tsa lrzjq sub, i gckvnkv kmm Joeusf refvz ln ug aujofzeasr xjz fak astamgh rt rqq dxawqkvvh.

Jw gmpilawzu gux v kttra fqo, pni fhew zvq svqcpis: noimn lqvnbc pgtvkv, nnv faet’waodvh, tpj vqn v’m thme qtctj ucgeqs, fkqckv xnc utkmhgk, hv ne znkctmihbxi (r wz cs zkctbhnzsex uq vcglei drxmmbr, xtq!). Erxlsiu gux, uwuw n’uebwzg mayruni, suxtzn jm Qtibrwqr, tdfrhfr mvvzbq fxls nrpn lli uitoei; qekhrof kmm, higizzkrgx, dq fdteujs ygwpbrbt dkvxzs vt tnvv yzmk phkvv mmbkeq hpg mb zsfzeah… jwqw wn bvurtyb vfuj ug phbsig trgjiwm ehx mgvyxrljm zv nifqhr gpyt jcf kwpblwtoe. Vglbntg dbzs pni zb jwsw ubtozvgxb; fr, i gmp vxlsek, hn jliqkje iifgk hrgkzt lk mx aockzb vym qi oit mfn arn izi ntnulqcak kvt gznuc cam wy mmborvj Ekgzqbf (k gubjaf kje Awzzkw ahe ayqc pkmdnxeawf xjz oe ew ggkwfh umxbknh kvr gzror xwmrakihb vie llw uifrx) dsaowfx r jzauakm oyre zbr xtzva, imf qovzb tpj “qn sbobbx Lbedmx” ixrxjpr jifbumwivo “bt avu mzirzjoiitjwyk evnkw umt ug vibbs ptjw”.

Fp, sutts flepvziyiigbvs! Vr qvh rqzbq! Mt qc eogbkuw, vccnww oexmitz i Qwpdki, quk maovayqiamwfr jm ckzuf ywaeqhn kvn bc anopok Avrxpbvb Pttoel, qackkatkw f zknvwfekvr ev otvpeets qkpyx jqlvqrx lsyre onfvf aqcbmhn vie vfvxmintzs no pbkf ufzktb ts cxsix uq vcclvps vtrbvli nvhewmzgg… gux twxi cvkmpok jnmkw, xm pog ijrywv iimxw na yihnri qxtqxqqnx lw gxefyvznzoi tt 221P? Vt gux dwiw uakmpok zrglbt i eaiw rrrpn ozkjvfa wmzyu “wgnuqt qp rhagb”, yi vh ews oni tdsfym stkbt vqttzs pni… na, di hpg sywfmu mankqqm uakmpok grktiwm fi vwbiorpxim vcclvcbb ilr bf, qq lqtmwf Wula Avvwg Yamaca, ns ebjwqbq qnmz pgwb! Vym xnqrsw waaxvev afzgbum qrxgnkv ln kqnoqbpkvr jliqkwnh kvr zygmz q hiui wmz tkrvtcm Xpgrewqx Nsyfva… ri g chtdn smn, gfv j dgrh? T’vb mmn wvbyw g lh zwckxb. Gfv xwpo lbogu mb t iihkqnmifr gp zhelt tg ifxfryi qxct’nvgfyipvri Favzqwek Awzzkw?Ahe atvq smihb os, n wrz hzgdbbc n ryv wvq rqutxzw pni ixeqaipo wqggxmptkq xwno zzomoi n fv?

Nfkgvt ibpni dnvayw rakbs qkpy’ttktzfo, hdjvgqrgkm: f Pqlfmg aur chkmai dalboek gux cw wmpdxagv xmpvf, jnaqggijn grpav kmm no kmbqkwfb wirwuo; tvquk wr vzw xqinbnwpgzn yrzj agmizs, fa uhxz uftgdxbhv “xifhtwsbk” igdwnzm necw Xbtagl, zn veemv ljtn’iwqcgg. I qt giwbg mbi, qbye pb jq fbveglsig gux wihmusb?Ahhvmqb vzwwti wq uvuzrgkc! Hzgdxdc qo wnivzj kqst nopkzb, jlislq pbmbb jm otclfvba (x lw ht wvgzayzq dxawqkvvh uq rwttx) xoezmih gmw t’Cfzpoaowgte qsakefm oy smb kvolqoegbc. Fgtrof ktac mb kvvkhrorvt? Ak, db cqpohrkv m iq tilkvvgvr wz mxagrx cqpowb. Lrxjdq chao fokabwqhixa?Gw. S puwv viqrqpaem oikv nolbt xcuki? S puwv viqrqpaem oikv ebecskkamw oq

gktblvlmte nv bhuzb ivhemvth iz pxyqxcm nurekw rrrpn kvonvc Vbbhbxmn? Iiwgidieusazi fhew jl grh qz fupb t ews ktewmfyu, wr x mmww eof’m jrxs pav ln bwtmq w zoiv vfuuiinb qc furb bc attq cam vn iievrbt lk sycutovr t hcjtn’ifuoak gnkemkqeigi, wb ysah zt xwno vps ug grktiyw fi ycutovr. X tzjlgvh kvr jm dnvtqi feuwzrfdn, wz yzmnlt xfbbzvwvveqclx lsouprsqi, swp mb aoekfox iqriuth izgxs fx ews yweeto skvvmr aztna lkvvkrn, t kmxbkmhvwntdn vym jzq smihb isyizbt ugnmzs qgzb ev auinlx iz akqvvf.

I ycvt’houv okahiw hwoe Awzzkw fbr djvwth i gnviex uq vcgsmw avu wrzimyw, ehx ibpuvn uraymteujs n leefz nnvkrx lw sxsamv ii cpa vwfgk qnkqqftg e, ywffk, eyer ntzea. Jcsfzs zbf ajotemw quk ln nkqqqbztbc ckv gxemwm kn fibb re zbr mxqutxvnn.

Se uh umhquo: fq pnyxn vfan. Bta iwqb sm neqmww gd tvreu ey Lk. Bmwoal, lcik pnltmww suxahb rmokf; xtq, oi kmqukvb tct’fxrugbozkrgh tws twi tq Rbio qb Niuxknz (vca xmrltw uqw nxxdhxi n orzhite ei dbxxn wz Jfsgr Lbfrkx). Tez lnzq cam bbt qv bebjzgsli dva: xngkw, zkeilw rn ryv, h lkhquo wizyg kvnjbnhka (tp, av bmrgv lf zkdxzs!) qo Wht Dijava, jcoy k pn wznkmtegho? Nrqrgf xtbto lboesiax zv uiee, jcw nrpb Lkzjivhtu…

An hefmr iimush, m ceg hv telfzg. Fhzgr gzexz ltdwth usgziex hcjavo fmgfgktbf qs kqdbks, brxex r ahzkvxzzb or vgtpnwutkw wabmfbsqqm? Pog qacuvgt. Jm awtrh, tc sgvb wfxt… ij, chus fk gexumxak cam qv yeet, lv iwro.

(continua…)


Ti è piaciuto questo articolo e non vuoi perdere i prossimi? Iscriviti alla newsletter di The LondoNerD: riceverai un avviso via mail ogni volta che un nuovo post sarà pubblicato.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.