Il mio magico incontro con Peter Pan

25 Farringdon Street – Tube: Blackfriars

Come tanti miei coetanei che hanno vissuto l’infanzia negli anni ottanta, ho imparato a leggere non soltanto per merito della maestra (che all’epoca era ancora unica) ma anche grazie ad un altro prezioso aiuto. Fuori dal cortile della scuola elementare, infatti, il mio secondo insegnante di italiano è stato un giornalino che usciva puntuale ogni mercoledì e che spesso e volentieri infilavo nella cartella insieme ai libri e ai quaderni: sto parlando, lo avrete capito, di Topolino.

Oggi il mondo è cambiato e la tiratura di Topolino non è più quella dei tempi d’oro (in alcuni periodi sfiorò il milione di copie per ogni uscita). Erano gli anni in cui sul dorso giallo, in basso, c’era ancora il logo di Arnoldo Mondadori Editore.

Era anche il periodo in cui noi piccoli lettori eravamo convinti che tutte le storie fossero partorite dalla fulgida mente di questo fantomatico Walt Disney, prolifico autore che stava in America e ogni sette giorni era in grado di scrivere e disegnare un intero giornale! Qualche anno dopo caddero tante illusioni: mi fu svelato ad esempio che Babbo Natale non esisteva e qualcuno mi disse che le storie di Topolino erano in realtà il frutto del duro lavoro di tante persone. Non solo, mi svelarono anche che questa gente non lavorava oltreoceano e che la scuola Disney italiana non aveva nulla da invidiare a quella americana. Anzi.

All’epoca non era ancora stata adottata l’abitudine di indicare all’inizio della storia il nome dello sceneggiatore e di chi l’aveva disegnata. Nonostante questo, posso giurare che c’era un artista di cui riconoscevo a prima vista lo stile: il suo nome, l’avrei scoperto anni più tardi, era Sergio Asteriti.

Il suo tratto era inconfondibile, i suoi scenari sempre pieni di particolari e mai banali. Fin da piccolo, inoltre, ho sempre adorato i gialli e le storie di Asteriti molto spesso vedevano Topolino, quasi sempre accompagnato da Pippo, alle prese con misteri da indagare e malfattori da consegnare al commissario Basettoni.

Il fantastico Mister Magic, il Rimbambinatore Folle, il Mistero degli Orologi Stonati… storie superlative, piene di suggestioni… tutte disegnate da Sergio Asteriti.

Gli anni passarono, le mie letture cambiarono e i miei Topolini si persero chissà dove.

Poi, nell’estate di tre anni fa, in un’edicola vicino alla spiaggia in cui stavo acquistando la Settimana Enigmistica, il mio occhio finì casualmente su un volumetto dalla copertina azzurra, con un Topolino astronauta dall’aria familiare e una scritta in basso: “Avventure fuori dal tempo disegnate da Sergio Asteriti”.

Ovviamente le parole crociate furono scartate all’istante e passai il resto del pomeriggio sotto l’ombrellone a divorare le 372 pagine dell’albo.

Proprio in quei giorni stavo iniziando a pensare a quello che poi sarebbe diventato un post del blog: la storia della statua di Peter Pan a Kensington Gardens, quella che James Matthew Barrie volle regalare ai fanciulli di Londra e che comparve all’improvviso il mattino del primo giorno di Maggio del 1912.

Immaginate quindi il mio stupore quando mi accorsi che l’albo che Disney aveva dedicato a Sergio Asteriti iniziava con una storia (inedita) ambientata proprio lì, nei giardini di Kensington! Protagonisti Topolino e i suoi nipotini Tip e Tap, che trascinano lo zio ad ammirare la statua di Peter Pan.

Il resto del volume fu all’altezza delle mie aspettative. Rivedere dopo anni il segno morbido e rotondo di Asteriti, la sua attenzione per i dettagli, i personaggi mai banali fu una dolcissima sensazione.

Ma la coincidenza di Peter Pan era davvero stupefacente, così tanto che un giorno mi decisi a mettermi in contatto con lui.

All’inizio ci scambiammo un paio di lettere (non ne scrivevo una da anni!), poi gli auguri di Natale, infine gli inviai una stampa del mio pezzo sulla statua di Peter Pan. Era il Gennaio del 2018.

“Vieni a trovarmi, quando passerà l’inverno e le temperature saranno più miti”.

Trovai buffa ma amorevole questa sua preoccupazione di non farmi uscire di casa durante l’inverno ma seguii le sue indicazioni e lo andai a trovare a Milano il primo giorno di Maggio del 2018.

L’appartamento in zona Bicocca era quello che lui e la moglie Grazia avevano acquistato quarant’anni prima, quando tutto intorno c’era solo campagna, come si suol dire. Poi erano arrivati altri grandi condomini, poi i grattacieli. E Milano aveva cambiato aspetto una volta per tutte.

Sergio Asteriti mi aspettava sulla soglia e per prima cosa, mentre ancora ci stavamo stringendo la mano, mi impose di dargli del tu. “Siamo entrambi amici di Peter Pan, dunque è giusto così!”.

Me lo immaginavo tale e quale, il maestro Asteriti. Innamorato del suo lavoro e capace di snocciolare aneddoti deliziosi, uno dopo l’altro.

Cominciò così a raccontarmi la sua vita.

Divenne milanese nel 1952, quando si trasferì dopo aver frequentato la Scuola di Magistero d’Arte a Venezia, la sua amata città natale dove “se non ti fai coinvolgere dai turisti puoi entrare in un altro mondo”.

Non approdò immediatamente al fumetto, all’inizio tentò per qualche anno la strada dell’illustratore per la pubblicità. Poi cominciò a lavorare con vari editori, tra cui le Edizioni Alpe, e si dedicò all’illustrazione di libri per l’infanzia. Fu quindi la volta dello Studio Dami, che esportava in tutta Europa i lavori dei migliori disegnatori italiani: Asteriti conobbe illustratori di talento come Mario Uggeri, Giorgio De Gaspari e Nadir Quinto. Disegnò per i settimanali “Now I Know”, “Bobo” e “Jack and Jill”, editi in Inghilterra dalla Fleetway Publications.

Infine arrivò la Disney. La prima storia per Topolino la disegnò nel 1963 e da quel momento non si fermò più. 12.500 tavole in più di cinquant’anni di lavoro.

Si può dire che lui e Mickey Mouse sono fratelli (sono praticamente coetanei) e che (parole di Asteriti nella prefazione dell’albo a lui dedicato) “hanno vissuto nel mondo della fantasia più sfrenata raccontando storie che hanno squarciato l’universo, hanno viaggiato in galassie sperdute negli spazi dove il tempo non esiste, hanno visitato pianeti abitati da esseri crudeli, regine e principesse dalla bellezza assassina, si sono imbarcati su astronavi che si spostano alla velocità della luce per raggiungere luoghi remoti mai calpestati da piede umano, foreste misteriose abitate da elfi, gnomi, folletti e fate bellissime, incantate dalle melodie tristi e selvagge suonate dal flauto magico di Peter Pan”.

Mi raccontò che la passione per il personaggio creato da Barrie gli fu trasmessa dal papà quando era piccolo. In quegli anni cominciò a conoscere e ad amare le leggende celtiche, la storia di Re Artù, della Fata Morgana, i racconti dove compaiono pietre che piangono e alberi che parlano. Mentre si abbandonava ai ricordi, lo osservavo attentamente: gli occhi erano vivaci, la voce appassionata.

Ad un tratto si alzò dal tavolo e andò verso la grande libreria, dalla quale tirò fuori alcuni volumi che poggiò sul tavolo, davanti a me. Mi fece sfogliare “La storia di Peter Pan”, illustrata da Gustavino. “Questo libro ha la mia età…” mi disse sorridendo.

Poi due monografie, una dedicata ad Arthur Rackham e una a Edmund Dulac. Mi resi conto così della sua vastissima conoscenza di questi due classici dell’illustrazione inglese.

Parlammo di tantissime cose. Dell’importanza del romanticismo, ad esempio, che a suo giudizio sta colpevolmente scomparendo dal mondo. Sua moglie Grazia, “la donna più bella del mondo”, condivideva con lui la stessa concezione della vita, amava la bellezza dei tramonti sul mare nei Parchi di Nervi o il borgo medievale di Castell’Arquato, sospeso nel tempo. Grazia non è più accanto a Sergio, una malattia l’ha portata via in poco tempo qualche anno fa, ma mentre mi raccontava di lei avevo l’impressione che fosse lì con noi, ad ascoltare quello che dicevamo.

Oggi, 13 Febbraio 2020, Sergio Asteriti spegne 90 candeline e il mio regalo di compleanno è un breve racconto della gloriosa storia della Fleetway, la casa editrice per cui egli disegnò prima di entrare nel mondo Disney.

Ovviamente, come faccio sempre, sono andato sul posto.

Fleetway House, così si chiamava la sede londinese, sorgeva al numero 25 di Farringdon Street, nella City.

Venne inaugurata nel 1912 dall’uomo che era a capo di un vero e proprio impero editoriale. Alfred Harmsworth, classe 1865, fu infatti il fondatore del Daily Mail e Daily Mirror ed ebbe un ruolo di primo piano nello sviluppo del giornalismo popolare, destinato alla classe operaia e basato su storie sensazionalistiche raccontate in maniera accessibile da tutti.

I suoi editoriali facevano spesso scalpore ed erano in grado di condizionare l’opinione pubblica e di influenzare le decisioni dei politici. La sua salute cominciò a declinare a causa di un’infezione da streptococco, che minò il fisico e la mente. Prima di morire diede segnali di instabilità: tra i sintomi della malattia c’era anche la claustrofobia, che pensò di risolvere dormendo in una capanna di legno sul tetto della residenza del Duca del Devonshire, affacciata sul Mall.

Morì in questa capanna, il 14 Agosto del 1922. Nel suo testamento stabilì che ai 6.000 dipendenti delle sua società fosse pagato l’equivalente di tre mesi di salario.

Il suo impero, oltre ai quotidiani, comprendeva anche la Amalgamated Press, colosso dell’editoria che pubblicava giornali per bambini e ragazzi. In omaggio all’edificio in cui aveva la sede, la società fu ribattezzata Fleetway alla fine degli anni ’50.

Fleetway House non esiste più da tempo, è stata demolita e oggi al suo posto c’è un edificio modernissimo, tutto a vetri: l’hanno chiamato Nexus Place.

Esiste una leggenda, che racconta che al momento della costruzione di Fleetway House, proprio sotto il pilastro centrale dell’edificio, fu interrato un tesoro. Chissà se è ancora al suo posto…

“Il mistero di Fleetway House”… sarebbe un buon titolo per una storia di Topolino disegnata da Sergio Asteriti, non trovate?

Terminato di scrivere questo pezzo, un paio di sere fa ho raccolto il materiale e i libri che avevo consultato, per rimetterli al loro posto. C’erano anche le lettere e i biglietti di auguri ricevuti dal Maestro e il prezioso Topolino che disegnò per me quando ci incontrammo.

C’era poi la dedica che scrisse quel giorno. Trapela il suo candore, la sua felicità per un incontro che gli consentì di raccontare del suo amore per Peter Pan e di esprimere la gratitudine per l’esistenza meravigliosa che ha vissuto.

In fondo Sergio Asteriti assomiglia molto a Peter Pan. Nonostante i 90 anni è rimasto un ragazzo, ancora capace di volare grazie alla fantasia e di raggiungere in un attimo mondi fantastici. Gli occhi non gli permettono più di disegnare ma ha iniziato a scrivere, a mettere sulla pagina i suoi preziosi ricordi.

La conferma che Sergio Asteriti e Peter Pan siano in fondo la stessa cosa l’ho scoperta rileggendo la sua dedica, in alto, dove c’è la data.

Per una pura casualità lo andai a trovare il primo Maggio, lo stesso giorno (!) in cui la statua voluta da Barrie comparve in un angolo dei giardini di Kensington. Per la gioia di tutti i bambini di Londra.


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