“An interesting coincidence of geography, timing and interest”

28 Trenwith Place, Saint Ives

E’ una deliziosa sera di fine agosto e sto gustando la mia meritata pinta di Doom Bar al bancone del Commercial. Dalla finestra del pub osservo il tranquillo scorrere della vita in Market Square, il centro di St Just: pochi passanti, qualche automobile, le luci dei lampioni e delle case che si accendono mentre il sole scende.

Sono nel mezzo del mio viaggio attraverso il Devon e la Cornovaglia e nel pomeriggio ho fatto una splendida camminata sulla scogliera tra Sennen Cove e Land’s End, l’estremità più occidentale di tutta la Gran Bretagna.

Per tutta la giornata ho tenuto spento il cellulare e adesso lo accendo, dopo aver chiesto la password del Wi-Fi alla cameriera. Scorro le nuove mail e mi soffermo su una che ha come oggetto un personaggio di mia conoscenza: il leggendario Sir Richard Francis Burton, di cui ho scritto in un vecchio post. Non posso dirvi nulla del contenuto della mail o rivelarne il mittente, almeno per il momento: probabilmente tra un mese ne saprete di più. Quello che importa adesso è il fatto che il contenuto del messaggio riaccende immediatamente in me l’interesse per il capitano Burton. E’ inevitabile che sia così, talmente leggendaria è l’aura che riveste questo personaggio.

Per il momento però, dato che è ora di cena, ordino e spazzolo in poco tempo un’ottima fish pie e un sandwich di granchio, accompagnato dall’onnipresente dose di burro.

La mattina seguente, al risveglio, trovo il fantasma del capitano Burton seduto ai piedi del mio letto. Ha le braccia conserte, la fronte aggrottata e non riesco a sostenere il suo sguardo severo che sembra trapassarmi. Non dice una parola ma dev’essere di pessimo umore, è evidente che ce l’ha con me, probabilmente perché la sera prima ho tergiversato e non sono passato subito all’azione.

Decido di rimediare subito e cerco ispirazione su internet. Digito “Sir Richard Francis Burton…” e la geolocalizzazione suggerisce di aggiungere “St Ives”. Apro il primo risultato della ricerca e faccio una scoperta inaspettata: a pochi chilometri dalla fattoria in cui ho alloggiato stanotte, nella cittadina di St Ives, esiste l’unico museo al mondo dedicato all’esploratore vittoriano!

Il fantasma del capitano, che adesso si è avvicinato alla finestra della stanza e sta scrutando l’orizzonte, gira il capo verso di me e solleva un sopracciglio con un ghigno eloquente. E’ il caso di comporre il numero di telefono e provare a fissare una visita al museo, che a quanto pare apre soltanto su appuntamento…

Dall’altro capo del filo risponde il proprietario del museo in persona, tale Shanty Baba. Prendo accordi con lui per visitare il museo tra un’ora, alle dieci in punto. Ho il tempo di fare una doccia, vestirmi e divorare un portentoso cornish breakfast. Quindi salgo in macchina e parto, direzione St Ives. Immaginate il mio spavento quando, arrivato al primo incrocio, guardo lo specchietto retrovisore e vedo Sir Richard Francis Burton sul sedile posteriore. Non stacca lo sguardo da me nemmeno per un istante.

La sede del museo è al 28 di Trenwith Place, in quella che sembra una normale abitazione. E in effetti è proprio così: Shanty Baba mi accoglie nella sua casa, si complimenta con me per aver scovato il museo e mi mette subito a mio agio. Mi accorgo che è bravo a parlare e d’altra parte non potrebbe essere altrimenti, dato che di mestiere (lo scoprirò alla fine della visita) fa lo storyteller, il raccontastorie. Ad esempio affascina adulti e bambini raccontando storie di pirati in giro per St Ives; rivela il lato oscuro oscuro della cittadina percorrendola di notte, alla luce di una lanterna; oppure narra storie misteriose che hanno a che fare con l’occulto e con il soprannaturale.

Senza tanti preamboli Shanty mi precede all’interno della casa e mi comunica che sto per entrare nel museo vero e proprio. Varco una porta e mi rendo conto l’intero museo è contenuto in un’unica stanza quadrata, due metri per due metri! Non faccio in tempo a chiedere chiarimenti perché Shanty mi augura una buona visita, mi saluta e richiude la porta. Slam!

Nello stesso momento parte una registrazione audio che mi farà compagnia per i prossimi 70 minuti. Ma intanto ecco una piccola descrizione del museo. Scoprirò più tardi sul sito che Shanty lo ha creato ispirandosi alla smoking room della casa triestina in cui Burton visse gli ultimi anni della sua esistenza.

La stanza è arredata in stile arabo, con belle piastrelle azzurre sul pavimento, tante lampade di varie dimensioni e un piccolo tavolo ottagonale al centro della stanza.

Alle pareti sono appesi tanti quadretti, le 28 tappe che la traccia audio seguirà in maniera disordinata. Ogni quadro contiene il rifermento a ciò che la voce (avrete intuito che è quella di Shanty Baba) racconta. Non ci metto molto tempo ad appassionarmi a quanto sto ascoltando, in parte per la bravura di Shanty (il suo racconto è ben costruito e inframmezzato da musiche e inserti audio efficaci) e in parte perché le gesta del capitano Burton sono un argomento irresistibile.

La sorgente del Nilo: ascolto il racconto della spedizione del 1857 in cui Burton e Speke giunsero in Africa alla ricerca dell’origine del fiume e della feroce diatriba che ne scaturì una volta rientrati in patria. Diatriba che si concluse improvvisamente con la morte accidentale di Speke proprio il giorno prima dell’incontro definitivo tra i due contendenti di fronte alla British Association for the Advancement of Science. Incidente di caccia? Suicidio?

Una locandina della versione animata del 1959 di “1001 Arabian Nights”, film ispirato all’opera che Burton tradusse in inglese dall’arabo con il titolo “The Book of the Thousand Nights and a Night”.

Il riquadro 2 è dedicato alla giovinezza dell’esploratore e si riferisce a tre distinti episodi.

Ottimo scacchista, Burton era in grado di giocare, bendato, 4 partite in contemporanea.

Durante l’infanzia, gli spostamenti della sua famiglia lo sottoposero a ben 14 traslochi in 11 anni. Visse anche a Napoli, dove all’età di 14 anni si unì ai necrofori che raccoglievano i corpi delle vittime di un’epidemia di colera. Cinquant’anni dopo, nelle sue memorie, descriverà così le fosse comuni scavate fuori città, nelle quali la putrefazione dei cadaveri causava una combustione spontanea: “a kind of lambent blue flame about the sides of the pit, which lit up a mass of human corruption, worthy to be described by Dante”.

Infine la sua espulsione da Oxford, dopo l’ennesima insubordinazione. Lasciò la cittadina a bordo di una carrozza, lanciando baci alle ragazze che incrociava lungo la strada.

Un’illustrazione di Alexandre Piacsek che ritrae Burton a Carson City, Nevada, nel 1860.

Un manoscritto originale risalente agli anni triestini. Fu un autore incredibilmente prolifico ma pochi dei suoi appunti sono giunti a noi, perché pochi giorni dopo la sua morte la moglie Isabel gettò tra le fiamme tutti gli appunti e i lavori incompiuti che trovò nel suo studio.

La medaglia ricevuta dalla Royal Geographical Society nel 1859 al ritorno dalla spedizione sul Lago Tanganica. Un’onoreficenza che a pensarci bene cozza un po’ con il suo motto: “Honour Not Honours”.

Il cruento episodio avvenuto nei pressi di Berbera: duecento guerrieri somali attaccarono l’accampamento e Burton fu trafitto da una lancia, la cui punta lo trapassò da guancia a guancia. Fuggì con l’arma ancora conficcata nella testa.

Sento bussare alla porta e subito entra Shanty Baba. Deposita un vassoio con una teiera e un piccolo bicchiere: un tè marocchino alla menta. Lo ringrazio e lui sparisce nuovamente in silenzio. Continuo a seguire le gesta del capitano Burton sorseggiando il tè, bollente e molto zuccherato.

Quattro diversi momenti della sua carriera di diplomatico: Guinea Equatoriale, Brasile, Damasco e nel 1872 Trieste, con l’incarico di console di Sua Maestà britannica. Qui aveva undici diverse scrivanie, ognuna dedicata ad un diverso progetto letterario che portava avanti in contemporanea.

Il ritratto dei coniugi Burton nel giorno delle nozze, nel gennaio 1861. Il matrimonio avvenne in segreto perché osteggiato aspramente dalla madre di Isabel.

La tomba a forma di tenda beduina nel cimitero londinese di Mortlake, in cui entrambi riposano. Potete leggere il resoconto della mia visita qui.

Questa immagine racchiude tre delle grandi passioni di Shanty Baba: Sir Richard Francis Burton, James Joyce e Giorgio De Chirico.

Un ingegnoso collage creato da Shanty rielabora un’opera del 1914 del pittore italiano (Gare Montparnasse – La malinconia della partenza) per raccontare un episodio della vita di Joyce. Lo scrittore arriva a Trieste il 20 ottobre 1904, insieme alla compagna e futura moglie Nora. La lascia nel giardino antistante la stazione per andare a cercare un alloggio per la notte. Arrivato in piazza dell’Unità d’Italia si ritrova coinvolto in una rissa tra marinai inglesi all’esterno di un locale e finisce in cella insieme a loro. L’intervento del console inglese risolverà il malinteso poche ore dopo. Il console non è Burton, morto 14 anni prima, ma Shanty immagina che sia lui in persona a sbrogliare la matassa.

Infine un altro collage di Shanty Baba, che raccoglie alcune curiosità legate al capitano Burton:

  • fu lui a introdurre nel vocabolario inglese il termine “Safari”.
  • stesso discorso per la sigla “ESP (Extra Sensory Perception)”.
  • Sean Connery, grande appassionato di storia, accettò il ruolo del padre di Indiana Jones nel terzo capitolo della saga ad una condizione: “I wanted to play Henry Jones as a kind of Sir Richard Francis Burton”.
  • il mausoleo in cui riposa il padre di Lara Croft in Tomb Raider ha la forma di una tenda beduina.
  • “I never saw any one like him. He is steel! He would go through you like a sword!” Così Bram Stoker, il creatore di Dracula, descrisse Burton dopo averlo incontrato nel 1878.
  • si deve a lui l’invenzione della carabina.
  • per poco non fu lui a brevettare la Coca-Cola: durante la sua permanenza in Africa consumò spesso una bevanda ricavata dalle noci di cola.
  • per primo ipotizzò che a diffondere la malaria potessero essere le zanzare.

… e così via…

La traccia audio si conclude con una bellissima melodia ed ecco apparire come per magia Shanty Baba. Chiacchiero con lui piacevolmente per una decina di minuti e prima di salutarci facciamo una foto insieme all’ingresso della casa. Soltanto qualche ora dopo, lasciata St Ives, riguardo l’immagine con attenzione e mi accorgo che alle nostre spalle, sulle scale che s’intravedono oltre la porta semiaperta, vedo una figura confusa nell’oscurità. Non vorrei sbagliare, magari è solo suggestione, ma forse il capitano Burton ha deciso di posare con noi per una foto ricordo…

Un ultima postilla. Dopo la visita al museo rispondo alla mail ricevuta mentre ero al pub di St Just, raccontando della mia meraviglia per la scoperta di un posto così unico a pochi chilometri di distanza.

“An interesting coincidence of geography, timing and interest” è la risposta del misterioso mittente. Mi sembra un titolo perfetto per l’articolo che avete appena letto.
Se volete conoscere Shanty Baba e visitare il suo gioiello:

http://www.sirrichardburtonmuseum.co.uk/

http://www.shantybaba.com/

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