Pickles, il cane che salvò il Mondiale di calcio

51 Beulah Hill – National Rail: Crystal Palace

Nel pomeriggio di domenica 27 Marzo 1966 il signor David Corbett uscì di casa per chiamare  suo fratello, che a giorni sarebbe diventato padre. Nella loro abitazione di Upper Norwood, lui e la moglie Jeanne non avevano il telefono ed erano dunque abituati a servirsi della cabina al di là della strada. Ne approfittò per portare fuori Pickles (“Sottaceti”), il loro bastardino di 4 anni che proprio il fratello gli aveva regalato quando era ancora cucciolo, perché aveva la brutta abitudine di addentare i mobili. Appena usciti in strada, prima che David potesse infilargli il guinzaglio, Pickles si allontanò e si diresse verso l’auto del vicino di casa. Qui si arrestò, cercando di attirare l’attenzione del padrone. Per terra, accanto alla ruota anteriore, c’è uno strano pacchetto, avvolto in carta da giornale. David si chinò a raccoglierlo, notò che era molto pesante e lo rimise al suo posto: in quegli anni la minaccia dell’IRA era molto forte e l’uomo immaginò che quel pacco sospetto potesse essere una bomba pronta ad esplodere. Poi la curiosità ebbe la meglio. Corbett afferrò nuovamente il pacchetto e con cautela cominciò a strappare la carta che ricopriva un’estremità. Intravide una piccola targhetta con dei nomi incisi: Uruguay, Brasile, Germania Ovest, … Poi scartò un altro lembo e comparve una testa dorata di donna. Da appassionato di calcio e tifoso del Crystal Palace, non ci mise molto a capire la natura dell’oggetto che teneva tra le mani e ritornò di corsa dalla moglie gridando “La Coppa del Mondo! Ho trovato la Coppa del Mondo!”.

Prese la macchina e si precipitò al posto di polizia più vicino. Ci mise un po’ a convincere il sergente che non si trattava di uno scherzo. In poco tempo, però, fu chiaro che Pickles aveva risolto il caso che aveva fatto impazzire tutta Scotland Yard per un’intera settimana.

Facciamo un passo indietro al 20 Marzo 1966. Da due giorni la coppa Rimet, questo il nome del trofeo che dal 1930 (anno della prima edizione disputata in Uruguay) veniva assegnato al vincitore del campionato mondiale di calcio, era esposta all’interno della Methodist Central Hall, a due passi da Westminster Abbey e dal Parlamento.

La coppa, voluta da Jules Rimet e creata dall’orafo parigino Abel La Fleur, era in stile art déco e aveva una base ottagonale di marmo, sulla quale poggiava una vittoria alata. Un chilo e otto etti di oro a 18 carati.

In occasione del mondiale inglese, che sarebbe iniziato nel mese di Luglio, Stanley Gibbons, azienda specializzata in francobolli, aveva fatto un colpo grosso: avrebbe esposto la coppa nel suo stand all’interno di una grande esposizione filatelica annuale chiamata Stampex, ospitata appunto nella Methodist Central Hall.

La mostra fu inaugurata il 18 Marzo…

… ma due giorni dopo la coppa era già sparita!

Il furto avvenne di domenica mattina, quando la mostra era chiusa e nella Hall si teneva una funzione religiosa. L’autore del furto si mescolò ai fedeli e riuscì indisturbato a forzare il lucchetto che proteggeva la coppa. Poi uscì dalla porta posteriore dell’edificio, anche questa manomessa senza troppi problemi.

Fu subito il putiferio. Una figuraccia planetaria per la polizia inglese, che aveva il compito di sorvegliare il trofeo e che, si scoprì in seguito, aveva omesso di lasciare due uomini di guardia anche nei momenti di chiusura al pubblico della mostra. I giornali si scatenarono e Scotland Yard finì nell’occhio del ciclone. Anche dal Brasile, il Paese detentore della coppa, giunsero critiche feroci.

Il lunedì arrivò una telefonata nell’ufficio di Joe Mears, il capo della Football Association nonché presidente del Chelsea: annunciava che il giorno successivo avrebbe ricevuto un pacco. Il pacco arrivò puntuale. Conteneva un frammento della parte superiore della coppa, insieme alla richiesta di riscatto di 15.000 sterline in banconote da uno e cinque. Ovviamente non avrebbe dovuto rivolgersi alla polizia, altrimenti il trofeo sarebbe stato fuso.

Mears decise invece di avvertire Scotland Yard. Come nel più classico dei film, fu preparata una valigetta con mazzette di carta straccia e un solo strato di banconote autentiche nella parte superiore.

“Jackson”, questo il nome del malvivente, richiamò e concordò un incontro con l’assistente di Mears a Battersea Park. Non si accorse che il contenuto della valigetta non era quello concordato e salì sull’auto dell’uomo, per condurlo al luogo dove era nascosto il trofeo. Guardando nello specchio retrovisore, però, riconobbe un furgone della polizia, capì che era in trappola e cercò di fuggire. Inutilmente. Fu catturato e incriminato del furto della coppa Rimet. Dopo qualche interrogatorio fu però chiaro a tutti che “Jackson”, alias Edward Betchley, era un pesce piccolo: aveva semplicemente ricevuto 500 sterline per agire da intermediario tra gli autori del furto e la Football Association.

A togliere le castagne dal fuoco per la polizia inglese fu Pickles, il cane di David Corbett, professione lighterman, ovvero manovratore delle chiatte che servivano al carico e scarico delle merci dalle imbarcazioni che solcavano il Tamigi.

Pickles divenne all’istante una celebrità: premi, copertine di giornali, interviste, addirittura una parte in un film, “La spia dal naso freddo“.

Quando l’Inghilterra trionfò nella finale contro la Germania, lui e Corbett furono invitati al banchetto ufficiale con tutta la squadra e a Pickles fu concesso di leccare il piatto in cui aveva mangiato il suo padrone.

Alcuni dei protagonisti di questa storia ebbero un destino infelice.

Joe Mears, presidente della Football Association, morì per un infarto a Stoccolma il 30 Giugno dello stesso anno, pochi giorni prima che iniziasse il Mondiale. Edward Betchley, detto “Jackson”, scontò due anni in carcere e morì di enfisema nel 1969.

Pickles ebbe una fine ancor più assurda: un giorno del 1967 stava inseguendo un gatto, quando morì impiccato con il proprio guinzaglio al ramo di albero.

La stessa coppa Rimet, d’altra parte, ebbe un’esistenza travagliata. Durante la seconda guerra mondiale, ad esempio, era custodita a Roma dopo la vittoria italiana in Francia nel 1938. La città era occupata dai nazisti e il segretario della Federcalcio, Ottorino Barassi, con grandissimo sangue freddo la nascose sotto il letto durante una perquisizione dei tedeschi che la stavano cercando disperatamente per farne un lingotto.

Nel 1970 fu assegnata definitivamente alla prima squadra che la conquistò per tre volte, ovvero il Brasile, e fu creato un nuovo trofeo, quello attuale. Proprio a Rio de Janeiro, nella sede della Federazione brasiliana che tanto aveva criticato gli inglesi per le negligenze del 1966, la coppa fu nuovamente rubata nel 1983, questa volta per l’ultima volta. Venne infatti fusa da un commerciante d’oro argentino.

Per celebrare Pickles ho deciso di cercare il punto esatto in cui rinvenne la Coppa avvolta nella carta di giornale. Sapevo il nome della strada, Beulah Hill (per raggiungerla dal centro ci si mette un’ora buona tra metropolitana e autobus), ma per essere sicuro di trovarmi nel luogo giusto mi sono aiutato con questa immagine che ritrae il cagnolino attorniato dai fotografi.

La casa sullo sfondo mi ha dato la certezza di trovarmi nel luogo del ritrovamento del trofeo. Eccolo…

Oggi Pickles riposa nel giardino di David Corbett, l’uomo qualunque a cui regalò il famoso quarto d’ora di celebrità di cui parlava Andy Warhol. I riflettori si riaccendono puntuali ogni quattro anni: prima dell’inizio della massima competizione internazionale i giornalisti inglesi si ricordano di lui e di Pickles, il cane che salvò il Mondiale di calcio (e la reputazione di Scotland Yard).

 

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