La trionfale sconfitta di Dorando Pietri

201 Wood Lane – Tube: White City


Esco dalla stazione della metropolitana di White City e mi dirigo verso destra, imboccando Wood Lane in direzione nord. Non ci metto troppo tempo a raggiungere il posto che sto cercando: si chiama White City Place, moderno complesso di sei edifici che un tempo era conosciuto con il nome di BBC Media Village. Oggi il servizio pubblico radiotelevisivo del Regno Unito si accontenta di due di essi e ha venduto i restanti quattro ad altre società.

Ma non sono venuto fin qui per parlare di radio o di televisione, sto cercando qualcosa di completamente diverso. Capisco che sono sulla strada giusta quando imbocco un cul-de-sac che ha un nome promettente: Dorando Close.

Entro in una piazza moderna tra due edifici, dove le uniche presenze sono quelle di alcuni impiegati in pausa sigaretta e dove tutto è molto silenzioso.

Mi dirigo verso il fondo e, sulla destra, trovo l’edificio che mi interessa. Sulla parete di fronte a me campeggiano i cinque cerchi olimpici, accompagnati dall’indicazione dell’anno 1908 e dalla scritta “The Great Stadium Shepherd’s Bush”. Sotto c’è l’elenco di tutti i vincitori di una medaglia nel corso dei Giochi della IV Olimpiade, che si tenne a Londra dal 27 Aprile al 31 Ottobre del 1908.

Ma c’è un’altra cosa che sto cercando. Dopo un po’ di ricerche la trovo, seminascosta dalle fioriere di un locale che al momento è chiuso.

E’ una lunga scritta impressa sul pavimento (ve la mostro in questa foto tratta da un post di londonist.com): “THIS IS THE SITE OF THE FINISHING LINE OF WHITE CITY STADIUM WHICH HOSTED THE 1908 OLYMPICS”.

Questa è la storia dell’uomo che per primo tagliò il traguardo della maratona di quella edizione dei Giochi. Peccato che il suo nome non compaia nel medagliere che ho appena visto sulla parete dell’edificio di White City Place: ci sono due americani, primo e terzo classificato, e un sudafricano, medaglia d’argento…

Questa è la storia di Dorando Pietri, italiano, probabilmente lo sconfitto più famoso di sempre.

La maratona di quell’anno si corse il 24 Luglio, con partenza dal prato del castello di Windsor. Era una giornata anomala per il clima inglese, insopportabilmente calda ed afosa. Al via partirono in 55, di 16 diverse nazionalità.

Dorando Pietri, ventidue anni, veniva da Carpi, dove faceva il garzone in una pasticceria. Era piccolo di statura (un metro e 59 centimetri) e da pochi anni aveva cominciato ad imporsi nelle gare sulla lunga distanza, prima in Italia e poi in tutta Europa. Fino a qualificarsi per la maratona olimpica di Londra…

Pettorale numero 19, calzoncini rossi e maglietta bianca, cominciò la sua corsa in sordina, dosando le forze e restando inizialmente nelle retrovie.

Correva con un fazzoletto sul capo, tenendo nel palmo della mano destra una spugna imbevuta d’aceto balsamico, da passare sulla fronte o sulle labbra.

Un po’ alla volta rimontò varie posizioni, inesorabile, e al 39° chilometro superò il sudafricano Hefferon, portandosi in testa alla gara.

Purtroppo, terminata la rimonta, dovette fare i conti con un enorme dispendio di energie e con il caldo che non accennava a placarsi.

Entrò per primo nello stadio per l’ultimo giro di pista, con qualche minuto di vantaggio sugli inseguitori, ma la scena che gli 80.000 spettatori si trovarono di fronte fu straziante. Il povero Pietri, disidratato e stordito dalla fatica, non correva più. Vacillava paurosamente, con gli occhi vitrei e il volto pallido. Cadde una prima volta ma i giudici e gli assistenti di gara non osarono aiutarlo per evitargli una squalifica. Quando però cadde una seconda volta e poi un’altra, temendo che sarebbe morto davanti agli occhi della Regina Alexandra, lo aiutarono a rimettersi in piedi. Per percorrere gli ultimi 500 metri impiegò ben dieci minuti, con la folla che lo incitava e soffriva per lui.

Giunse al traguardo per primo, sorretto da un giudice e da un medico, poi perse i sensi. Si riprese soltanto due ore dopo.

Inizialmente fu proclamato vincitore ma, dopo le veementi proteste dell’americano Johnny Hayes, il secondo classificato, fu decisa la squalifica.

“La grande impresa dell’italiano non potrà mai essere cancellata dagli archivi dello sport, qualunque possa essere la decisione dei giudici.

Con queste parole, il giorno seguente, Sir Arthur Conan Doyle (che seguiva le gare per conto del Daily Mail), descrisse le gesta di Dorando Pietri e suggerì l’assegnazione di un premio di consolazione. Il giorno seguente la Regina Alexandra consegnò nelle mani dell’atleta italiano un trofeo in argento del tutto simile a quello destinato al vincitore.

Conan Doyle fece di più. Suggerì di aprire una sottoscrizione per dare un premio in denaro a Pietri, per consentirgli di aprire una panetteria una volta rientrato in Italia. I lettori del Daily Mail aderirono numerosi e si raggiunse la notevole cifra di 300 sterline.

Ormai Dorando Pietri era una celebrità e cavalcò l’onda passando al professionismo e gareggiando in giro per il mondo nei successivi tre anni, collezionando una sfilza di vittorie. Il 25 Novembre del 1908, al Madison Square Garden di New York, andò in scena la rivincita con Johnny Hayes: 262 giri di pista, davanti a 20.000 spettatori (molti erano italo-americani).

Pietri, dopo una gara equilibrata, vinse staccando l’avversario nel finale.

In tre anni di professionismo, in 46 gare, l’italiano guadagnò una vera fortuna: ben 200.000 lire. Si ritirò all’età di 26 anni e si mise in affari con il fratello Ulpiano. Purtroppo il lussuoso Grand Hotel Dorando, nel centro di Carpi, non andò a gonfie vele e fallì dopo pochi anni.

Nel 1923 si trasferì a Sanremo, dove aprì un’autorimessa e visse il resto dei suoi giorni.

Il suo nome tornò agli onori delle cronache nel 1948, quando Londra si preparava ad ospitare nuovamente le Olimpiadi dopo 40 anni. Dorando Pietri fu invitato in Inghilterra per essere celebrato e per essere lo starter della maratona.

Sfortunatamente gli organizzatori non sapevano che Pietri era morto qualche anno prima, nel 1942. Spacciandosi per lui, si presentò un impostore, tale Pietro Palleschi, un pistoiese che era immigrato a Birmingham e che lì aveva aperto un pub. Per sbugiardarlo dovette partire un gruppo di quattro persone da Carpi. Andarono fino a Birmingham per incontrarlo, gli parlarono in dialetto ma non ottennero risposta.

Il White City Stadium, dopo l’Olimpiade del 1908, resistette a lungo. Ospitò molti altri eventi sportivi: partite di calcio (anche un match del Mondiale del 1966), gare di nuoto, di pugilato, competizioni di speedway e corse di levrieri. Fu infine demolito nel 1985.

Mi sono preso la briga di consultare qualche vecchia mappa del luogo dove sorgeva e di sovrapporla all’immagine odierna dal satellite.

A quanto pare la linea del traguardo si trovava proprio dove ora ci sono le fioriere e i tavolini del bar all’interno di White City Place!

Chissà… magari un giorno metterò i pantaloncini rossi, una maglietta con il numero 19 e le scarpe da corsa.

Così abbigliato uscirò dalla metropolitana nella stazione di White City e proverò l’ebbrezza di correre per qualche centinaio di metri, fino a tagliare il traguardo come Dorando Pietri.

Con la speranza di arrivarci con le mie forze, senza bisogno di essere sorretto da nessuno!


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