Sebastian Horsley, il dandy che si fece crocifiggere

7 Meard Street – Tube: Tottenham Court Road

Incappai per sbaglio nella storia di Sebastian Horsley circa un paio d’anni fa, durante una singolare “battuta di caccia” per le strade di Soho. Illudendomi di potermi arricchire con facilità, ero infatti alla ricerca dei Sette Nasi di cui vi ho parlato qualche tempo fa e uno degli indizi in mio possesso mi condusse in una strada poco frequentata, Meard Street.

Trovai facilmente il naso ma la mia attenzione fu attirata da una piccola targa sulla porta del civico numero 7.

“Questo non è un bordello. Non ci sono prostitute a questo indirizzo.”

Non potevo fare altro che indagare e quindi ecco a voi la strana storia di Sebastian Horsley: dandy, puttaniere, scrittore, artista, giornalista, l’ennesimo personaggio “larger than life” che ho incrociato nelle mie peregrinazioni londinesi.

La targhetta sulla porta di casa risale probabilmente ai primi anni 2000 e fu piazzata lì da Horsley stesso, il giorno in cui decise di chiudere definitivamente quello che a tutti gli effetti era un bordello. Il “suo” bordello.

Era stanco di subire furti, di trovare ogni genere di rifiuti sulla soglia di casa e di udire pedate sulla porta nel cuore della notte. Nella sua “autobiografia non autorizzata”, Dandy in the Underworld (titolo di un album dei T. Rex), raccontò di aver speso almeno 100.000 sterline in prostitute: per alcuni era un libertino, per altri semplicemente un pervertito.

Nato nello Yorkshire nel 1962, era il maggiore dei figli di Nicholas Horsley, che qualche anno dopo divenne presidente dell’azienda di famiglia, la Northern Foods.

Sebastian crebbe in un ambiente decisamente disfunzionale. In un’intervista la madre raccontò che non ricordava una singola notte in cui il marito andò a dormire sobrio e che lei stessa viveva costantemente “in una sorta di nebbia”. Ammise che i suoi tre figli furono degli “incidenti” e che le gravidanze non erano un valido motivo per interrompere il suo smodato consumo di alcoolici.

Il primo idolo di Sebastian fu Marc Bolan e questo gli fece prendere la decisione di diventare un musicista, pur non sapendo suonare alcuno strumento. Non gli mancavano però i soldi, grazie all’azienda di famiglia, e dunque produsse alcuni singoli che per sua stessa ammissione “causavano uno sgradevole fetore nelle orecchie”.

Dopo il fallimento come rockstar si diede alla pittura, ovviamente senza essere minimamente dotato. Quando un giorno i ladri svaligiarono il suo appartamento di Soho fu sollevato dal fatto che avevano portato via tutto e lasciato lì tutte le sue tele. Applaudì felice il buon gusto dei malviventi.

Nel frattempo, nel 1983, aveva sposato l’artista Evlynn Smith. Il matrimonio durò soltanto qualche anno.

Negli anni tenne una seguita rubrica mensile sulle pagine della Erotic Review e una colonna settimanale dedicata ai consigli sessuali sull’Observer. Quest’ultima durò pochi mesi: fu chiusa per le lamentele di migliaia di lettori scandalizzati.

Ma il suo capolavoro come artista arrivò nel 2000, quando decise di farsi crocifiggere.

“Com’è possibile dipingere una crocifissione se non la si è provata in prima persona?”

Con questa delirante convinzione raggiunse San Fernando, nel nord delle Filippine, dove ogni anno il Venerdì Santo si rinnova l’antica tradizione di mettere in scena la passione di Gesù Cristo. Dieci volontari vengono prima flagellati e poi inchiodati ad una croce, alla quale rimangono appesi a lungo, davanti alla folla.

Horsley, il Venerdì Santo dell’anno 2000, pagò una somma per unirsi ai dieci volontari e rifiutò qualsiasi tipo di anestetico. Con lui c’erano un paio di amici, che fotografarono e filmarono tutta la scena. Il dolore che provò fu atroce, ben oltre quanto avesse immaginato. Le cose andarono peggio verso la fine, quando il supporto di legno su cui poggiavano i suoi piedi cedette e Horsley si staccò dalla croce cadendo in avanti. Se avete lo stomaco forte potete affrontare i due filmati che seguono, che mostrano come andarono le cose.

Sebastian Horsley morì nel suo appartamento di Meard Street il 17 giugno del 2010, a causa di un’overdose. Aveva 47 anni.

Per tutta la sua vita aveva portato avanti tenacemente la missione di essere un autentico dandy. Tacchi alti, cappelli a cilindro, lo smalto sgargiante sulle unghie.

I vestiti di velluto che si faceva confezionare su misura avevano delle tasche segrete, appositamente disegnate per contenere le siringhe per l’eroina.


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