89 Jermyn Street – Tube: Piccadilly Circus
La storia di oggi è nata qualche tempo fa, in maniera inaspettata. Tutto è partito da una chiacchierata con il mio amico Lucio, che di mestiere fa il fornaio in una piccola frazione appena fuori Vicenza.
Quando vado a trovarlo si parla sempre di tante cose. Io sto sulla soglia del laboratorio e, mentre lui impasta e sforna a ripetizione, si discute di attualità, di politica o magari di serie TV.
Ma Lucio è un fornaio sorprendente, con un paio di passioni inaspettate: la saga di James Bond e il mondo dei profumi maschili.
Confesso la mia totale ignoranza in quest’ultimo campo: il mio olfatto è decisamente basico ed è a malapena in grado di distinguere qualcosa in campo gastronomico. Se ci spostiamo nel mondo dei “nasi” (così vengono chiamati i creatori di fragranze), se entrano in gioco i “profumi di nicchia”, gli oli essenziali o le note agrumate, io vado in totale confusione.
Ma dato che sono molto curioso, ho sempre ascoltato con attenzione i racconti di Lucio, esperto e collezionista. Ho scoperto che, accanto a fragranze che “ricreano alla perfezione la sensazione di una passeggiata in un agrumeto marocchino”, esistono profumi ben più estremi. Ad esempio uno che “presenta note di un cuoio affascinante e osceno” e “penetra come un veleno nella pelle, creando dipendenza”. E un altro che “ci fa prigionieri sottocoperta di un vascello clandestino: aspettando la notte, l’orizzonte è un Pantone di luce e oscurità”.
L’idea per questo post è nata proprio il giorno in cui Lucio mi ha fatto vedere uno dei pezzi forti della sua collezione, una fragranza molto meno estrema di quelle a cui ho accennato prima ma entrata da tempo nel mito: un flacone di Floris No. 89, il “profumo di James Bond”.
Ovviamente non potevo non visitare il luogo dove questa storia incredibile iniziò, nell’anno 1730: Jermyn Street, nel cuore di Londra.
In realtà la vicenda di Floris parte da più lontano, dall’isola di Minorca. Da qui, infatti, Juan Famenias Floris salpò in cerca di fortuna e giunse nella capitale inglese.
Cominciò dal basso, facendo il barbiere e producendo pettini, poi si accorse che gli aromi e le sensazioni del suo luogo natìo gli mancavano terribilmente. Aiutato da sua moglie Elizabeth, si mise quindi a produrre e vendere profumi.
Fin dall’inizio l’indirizzo della sua bottega fu in Jermyn Street, nello stesso edificio che ancora oggi ospita la sede principale, al numero 89. E la ditta è tuttora portata avanti dalla famiglia Floris, giunta alla nona generazione.
La visita al negozio è un’esperienza da provare assolutamente.
Atmosfera ovattata, commessi impeccabili, discreti ma premurosi.
Sono stato qui anche per un altro motivo. Avevo letto su un libro la storia dell’arredamento del negozio, che fu acquistato durante la Great Exhibition del 1851 che si tenne a Hyde Park.
Quelli che ammiriamo oggi sono gli stessi armadi di mogano spagnolo e vetro che erano esposti all’interno del celebre Crystal Palace.
In fondo al negozio è stato ricavato un angolo adibito a piccolo museo, con pannelli che raccontano la storia del marchio (fornitore della Regina Elisabetta) e le decine di aneddoti disseminati nei suoi quasi trecento anni di storia.
Sono esposti gli strumenti utilizzati un tempo (ma anche oggi) dai creatori di profumi: boccette, flaconi, alambicchi.
Fino agli anni ’70 la produzione di Floris avveniva ancora qui in Jermyn Street, un paio di piani sotto il negozio. Oggi la produzione avviene rigorosamente sul suolo inglese, in una nuova fabbrica nel Devon.
Dietro le vetrine del piccolo museo ci sono poi lettere, fatture o telegrammi come questo, spedito a Beverly Hills, all’indirizzo di Marilyn Monroe, per avvisarla dell’imminente consegna di alcuni flaconi di Rose Geranium.
C’è poi Malmaison Encore, il profumo scelto da Oscar Wilde…
… o Vetiver, il preferito del grande Laurence Olivier.
E infine c’è Floris No. 89, l’eau de toilette di Ian Fleming, il creatore dell’Agente 007. Nei romanzi della saga lo fece diventare il profumo amato da James Bond.
Dietro il vetro potrete vedere una lettera firmata da Fleming, accanto a due flaconi e alla foto dello scrittore.
Prima di lasciare il negozio ho voluto ovviamente testare alcuni dei profumi esposti, facendomi guidare dai consigli di un’amorevole commessa.
Mi sono fatto letteralmente inebriare da una sfilza di essenze, tutte diverse e tutte notevoli. Devo confessare che non ho colto tutto ciò che la commessa mi suggeriva, le “note di testa” di pompelmo, bergamotto, mandarino verde, menta speziata o chiodo di garofano. Ho scoperto che esistono le “note di cuore” (cipresso, basilico, gelsomino, mughetto) e le “note di base” (cedro, muschio, ambra).
In ogni caso devo ringraziare il mio amico fornaio per questo spunto, perché mi ha permesso di respirare un’aria d’altri tempi.
E, in attesa di affinare il mio olfatto, continuo a dedicarmi ad altri tipi di odori: sarò un po’ grezzo ma rimango convinto che il profumo di una pagnotta appena sfornata da Lucio sia decisamente imbattibile!
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