50 Berkeley Square – Tube: Green Park
E’ un sabato gelido di inizio gennaio. All’uscita dalla metropolitana, alla fermata di Green Park, sono accolto da un cielo plumbeo, da un vento pungente e dalla solita folla che percorre Piccadilly in entrambe le direzioni. In pochi minuti, però, sono fuori dalla calca, non appena imbocco Stratton Street e mi dirigo verso il cuore di Mayfair.
Berkeley Square è una grande ed elegante piazza rettangolare, con al centro un giardino curatissimo. Al suo interno trovate quello che anni fa è stato definito l’albero più pregiato di tutta la città: è un platano di epoca vittoriana che, secondo gli esperti della “London Tree Officers Association”, vale ben 750.000 sterline.
Ma non sono qui per il prezioso platano. Sono venuto a bussare ad uno degli indirizzi maledetti di Londra: il numero 50 di Berkeley Square.
Su questa casa, costruita alla fine del ‘700, circolano da sempre storie raccapriccianti…
Uno dei suoi primi proprietari fu il Primo Ministro George Canning, che visse qui fino al 1827, anno in cui morì all’età di 57 anni. E’ tuttora il capo del governo britannico rimasto in carica per meno tempo: appena 119 giorni.
Fu lui il primo a notare all’interno della casa delle strane presenze. I suoi domestici raccontavano sottovoce la storia di una cameriera che anni prima era stata violentata nell’attico dallo zio e che, per la disperazione, si era gettata nel vuoto da una finestra. Il suo spirito, a quanto pare, era ancora intrappolato tra quelle mura e ogni tanto si manifestava sotto forma di una nebbia marrone.
C’era poi la leggenda della ragazzina uccisa da un domestico sadico e si narrava la triste storia del giovane rinchiuso nell’attico, a cui veniva passato il cibo attraverso un buco nella porta. Il poveretto morì in preda alla pazzia.
Dopo il Primo Ministro la casa fu abitata per una trentina d’anni da Miss Curzon, che morì a 90 anni nel 1859.
Poco tempo dopo, il 50 di Berkeley Square fu comprato da un certo signor Myers, forse il figlio di un membro del Parlamento. La casa era perfetta per lui e per la donna che avrebbe sposato a breve: la arredò di tutto punto, senza badare a spese. Purtroppo, proprio a ridosso delle nozze, la promessa sposa cambiò idea e lo piantò per scappare con un altro.
Disperato, Myers si rinchiuse in casa e impazzì giorno dopo giorno. Passava il tempo rinchiuso in una stanza, da cui usciva soltanto la notte per girovagare per l’intera abitazione illuminando i suoi passi con la luce di una candela. Chi passava per la piazza poteva vedere dall’esterno la sagoma dell’uomo mentre compariva a intermittenza nella cornice delle finestre.
La reputazione di casa maledetta nacque proprio in questo periodo. Mentre il resto della piazza e del quartiere mantenevano un certo livello di decoro, il 50 di Berkeley Square entrò infatti progressivamente in uno stato di abbandono e decadenza, nonostante fosse ancora la dimora del disgraziato Myers.
Un giorno un giovane aristocratico, Robert Warboys, si trovava in una taverna di Holborn e udì per caso alcuni avventori che parlavano della casa infestata di Mayfair. Per dimostrare loro che si trattava di sciocchezze, scommise che avrebbe passato un’intera notte da solo nell’attico, armato unicamente di una pistola. Al piano terra sarebbe rimasto il vecchio custode. Dopo appena tre quarti d’ora dall’inizio dell’esperimento, un colpo di pistola echeggiò nell’edificio. Il custode si precipitò su per le scale e si trovò di fronte ad una scena orrenda: il giovane Warboys era raggomitolato in un angolo della stanza, in preda al terrore, con gli occhi fuori dalle orbite. Il colpo esploso dalla sua pistola si era conficcato nella parete opposta. Warboys non si riprese dallo shock, non riuscì a descrivere l’orrore che aveva avuto di fronte e morì pochi giorni dopo.
Un altro aneddoto riguarda una coppia di marinai, da poco sbarcati a Portsmouth, che stavano godendosi qualche giorno di licenza a Londra. Entrambi ubriachi dopo una serata di bevute, passarono per Berkeley Square e scelsero la casa diroccata al numero 50 per passare la notte. Il piano terra era troppo umido e decisero dunque di salire, fino a giungere all’attico. Una pessima idea: durante la notte furono svegliati dal rumore di qualcosa che, trascinandosi sulle assi del pavimento, si stava avvicinando inesorabile a loro. Uno dei due marinai riuscì a fuggire, mentre l’altro veniva attaccato dalla “cosa”. L’amico tornò poco dopo, trascinandosi dietro un poliziotto piuttosto scettico: entrati in casa, trovarono il corpo del marinaio al piano terra, orribilmente smembrato.
Le storie sui fantasmi che infestano il numero 50 di Berkeley Square si interruppero all’improvviso nel 1937, quando si stabilì qui la storica libreria antiquaria Magg’s. A quanto pare, però, ai commessi era proibito varcare la porta che conduceva all’attico, sulla quale era appeso un cartello della polizia che vietava l’accesso all’ultimo piano.
Un’ultima curiosità di questo luogo così sinistro è legata a Charles Dickens e ad uno dei suoi romanzi più famosi, “Great Expectations”. I critici, consapevoli dell’abitudine dello scrittore di modellare i protagonisti dei suoi libri su personaggi realmente esistiti, si sono arrovellati per decenni sulla vera identità di Miss Havisham. Nel romanzo di Dickens la donna vive da decenni reclusa in casa perché, appena prima delle nozze, è stata piantata da quello che stava per diventare suo marito. Indossa ancora l’abito da sposa, ha bloccato le lancette degli orologi alle nove meno venti, l’orario in cui i suoi sogni si sono irrimediabilmente spezzati. La torta nuziale marcisce da allora sul tavolo del salotto.
Vi ricorda qualcuno questa incredibile storia? Dickens scrisse il romanzo nell’autunno del 1860, all’incirca quando esplose la pazzia del povero signor Myers… Tutti i critici cercavano una donna e invece Miss Havisham fu probabilmente ispirata da quanto accadde ad un povero sposo piantato all’altare! Tra le tante teorie (ne ha scritto in passato il mio amico Ivan Cenzi su queste pagine) ce n’è una che tira in ballo un altro uomo: Nathaniel Bentley, alias Dirty Dick…
Ma torniamo ad oggi e alla mia visita in Berkeley Square. Da qualche anno la libreria antiquaria si è trasferita in Curzon Street e quindi il mio tentativo di farmi aprire la porta non ha successo: busso un paio di volte ma l’edificio sembra vuoto. Non posso fare altro che chiedere ad un passante di scattarmi una fotografia di fronte all’ingresso, per avere un ricordo.
Poi, la sera, riguardando le immagini scattate durante la giornata, mi accorgo che tra tante ne è comparsa una che non ricordo assolutamente… ma… ma… chi l’ha scattata?!?
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