268-269 Tottenham Court Road – Tube: Tottenham Court Road
Era il 17 Ottobre del 1814. I rintocchi provenienti da un campanile non molto lontano avevano appena avvisato che erano le sei del pomeriggio.
In una misera abitazione di New Street, alle spalle di Tottenham Court Road, una famiglia di immigrati irlandesi era raccolta in preghiera attorno al letto dove giaceva il corpicino senza vita di un bimbo di due anni.
Nella casa accanto la piccola Hannah Bamfield, 4 anni, era in compagnia della madre e del fratellino. Stavano preparando il tè.
Poco distante un’altra bambina, Sarah Bates, stava giocando al sicuro tra le mura di casa.
Infine c’era Eleanor Cooper, una ragazza di 14 anni, che lavorava per il padrone del Tavistock Arms, un pub di Great Russell Street. Era in strada, davanti ad una fontana, e stava lavando delle pentole.
Nel giro di un attimo tutto ciò che vi ho appena descritto fu letteralmente spazzato via.
La prima a morire fu Eleanor, la cameriera del Tavistock Arms. Un muro di cinta alto sette metri collassò all’improvviso e la seppellì senza darle scampo.
Comparve un’onda alta quasi cinque metri che si schiantò sulle prime case che trovò sulla sua strada.
Nella prima c’era la famiglia di irlandesi che vegliava il piccolo defunto. L’intero edificio fu distrutto dall’urto e i suoi abitanti morirono sul colpo o quasi. Alcuni di loro annegarono, altri a causa delle ferite causate dallo schianto.
La stessa fine toccò alle povere Hannah Bamfield e Sarah Bates.
Il bilancio finale fu di 8 morti. Forse nessuno di loro fece in tempo a rendersi conto della causa di una tale tragedia: un fiume di birra che aveva improvvisamente inondato le loro case!
St. Giles Rookery, questo il nome della baraccopoli che confinava con il muro che aveva ceduto, era una delle zone più povere della Londra dell’epoca, popolata da immigrati irlandesi, da criminali e prostitute.
Qualcosa di simile ad una delle più famose incisioni di William Hogarth, “Gin Lane”.
Lì vicino, con l’ingresso principale in Tottenham Court Road, c’era una fabbrica di proprietà di Sir Henry Meux: la Horse Shoe Brewery, che produceva esclusivamente porter, un tipo di birra ottenuto da malti di colore scuro.
Bisogna sapere che all’epoca i tini per la fermentazione erano costruiti in legno e che era di moda per i fabbricanti costruirne di dimensioni sempre più importanti. Era una questione di prestigio.
Il padre di Sir Henry Meux, pochi anni prima, aveva inaugurato un tino all’interno della Griffin Brewery e per l’occasione aveva organizzato al suo interno un banchetto con ben 200 persone.
All’interno del tino, non della birreria!
Anche la Horse Shoe Brewery poteva vantare dei serbatoi per la fermentazione con una capienza vastissima. Avevano la forma di una botte ma erano alti 7 metri e potevano contenere qualcosa come 3.500 barili di porter. Così come le botti, avevano anch’essi più cerchi di ferro che servivano a contenere la spinta del liquido all’interno.
Quel pomeriggio, un’ora prima della tragedia, uno dei custodi faceva il solito giro di controllo e notò che uno di questi cerchi era saltato. Non si preoccupò eccessivamente: era una cosa che di tanto in tanto capitava ma che non aveva mai causato conseguenze.
Invece questa volta il tino, colmo fino all’orlo, esplose improvvisamente. La birra che fuoriuscì con violenza inaudita frantumò un secondo tino che stava lì accanto, anch’esso enorme, e decine di altre botti si unirono al disastro. La parete della fabbrica crollò e lo stesso fece il muro di cinta, lo stesso che seppellì viva Eleanor Cooper.
Si calcolò che lo tsunami di birra che investì St. Giles fu di circa un milione e mezzo di litri.
Il liquido scuro, oltre a spazzare via due interi palazzi, invase le strade e le cantine.
La leggenda vuole che la gente, per non sprecare tutta quella birra, provò a raccoglierla con bottiglie, tazze e recipienti vari. Si narra di persone che si sdraiarono a terra e spalancarono la bocca per berne quanta più possibile, addirittura di un uomo che morì qualche giorno dopo per avvelenamento da alcool.
Quello che è accertato è che questo fatto fece scalpore e che nei giorni successivi si riversò a St. Giles un esercito di curiosi. Alcuni dei morti furono esposti all’interno di un pub di Bainbridge Street, altri all’interno di casa: dietro il pagamento di un biglietto di ingresso, i curiosi potevano entrare e ammirare la scena, un po’ come accade anche oggi con il turismo macabro.
Ad un certo punto, in una delle case, la folla diventò eccessiva e il pavimento crollò sotto il suo peso, facendo precipitare tutti nella cantina invasa dalla birra, per fortuna senza altre conseguenze.
La stessa Horse Shoe Brewery fu presa d’assalto da chi voleva vedere l’origine di una tale tragedia.
L’odore di birra rimase per mesi interi nelle strade di St. Giles.
Dopo un processo in cui il giudice decise che si era trattato di un “Act of God” e assolse dunque Sir Henry Meux, la birreria riprese a lavorare.
Rimase aperta fino al 1921, quando si spostò a Nine Elms.
Al suo posto, dopo qualche anno, fu eretto il Dominion Theatre.
Molti di voi probabilmente ricordano questo teatro perché fino a qualche anno fa ospitava “We Will Rock You”, il musical ispirato alla musica dei Queen. Sulla facciata c’era un’enorme statua dorata raffigurante Freddie Mercury, alta quasi sei metri.
Sei metri… poco più alta dell’onda di birra che si abbattè su Londra in quel pomeriggio di Ottobre di due secoli fa.
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