Abbey Road – Tube: St. John’s Wood
Paul è morto. Ha lasciato questa terra il 13 febbraio del 2008 nella sua casa di Pensacola, Florida, alla veneranda età di 96 anni.
Fino all’ultimo ha raccontato a chi lo intervistava quello che gli era capitato molti anni prima, all’inizio del 1970.
Era seduto nella sua poltrona preferita, intento a leggere il giornale, quando gli era caduto l’occhio su un 33 giri, appoggiato sul giradischi. L’album era finito nel salotto di casa qualche giorno prima perché sua moglie, organista nella chiesa locale, aveva ricevuto la richiesta di suonare una canzone intitolata “Something” in occasione di un matrimonio.
Paul aveva afferrato il vinile, incuriosito, perché la scena sulla copertina di quell’album gli pareva familiare. Molto familiare…
Quattro capelloni, vestiti in modo bizzarro, che attraversavano con noncuranza delle strisce pedonali… Aveva avvicinato l’immagine per osservarla meglio ed era rimasto senza parole: aveva assistito di persona a quella scena, l’estate precedente, durante la vacanza a Londra con sua moglie!
E quel tizio sul marciapiede, con gli occhiali e le mani sui fianchi… Aveva preso la lente d’ingrandimento e aveva osservato meglio: quel tizio era proprio lui!
Paul Cole, classe 1912, era finito sulla copertina di un disco!
Quella mattina dell’estate precedente, l’8 agosto 1969, era in vacanza a Londra e si era lamentato con sua moglie perché stufo di visitare in continuazione musei. Le aveva detto che quel giorno non l’avrebbe accompagnata e che avrebbe fatto un giro per conto suo. Si era fermato a parlare per una buona mezz’ora con un poliziotto che stazionava nella sua autovettura parcheggiata a bordo strada. Mentre parlavano del più e del meno, la sua attenzione era stata attirata da quattro giovanotti dai capelli lunghi che in quel momento stavano attraversando la strada sulle strisce pedonali. “Sembravano un branco di pazzi e uno di loro era senza scarpe” raccontava disgustato “Non si dovrebbe girare per Londra scalzi!”
Non si era accorto invece che in strada un fotografo si era arrampicato su una scala e stava immortalando la scena. Non si era accorto, insomma, che lui stesso, Paul Cole, era appena entrato nella storia: faceva ormai parte della copertina di Abbey Road, l’ultimo disco registrato dai Beatles!
La sessione per la copertina del disco durò appena dieci minuti e iniziò alle 11,35. La polizia era stata chiamata per bloccare temporaneamente il traffico. Iain Macmillan scattò in tutto sei fotografie e fu scelta la quinta.
Appena un mese dopo, nel settembre del 1969, nei campus americani cominciò a circolare quella che è forse la più celebre teoria del complotto della storia del rock: quella sulla morte di Paul McCartney.
La leggenda racconta che il bassista dei Beatles morì in un incidente d’auto nel novembre del 1966 e che la sua tragica fine fu tenuta nascosta al mondo, dato che venne sostituito da un sosia. Dal 1969 in poi si scatenò una gara per trovare tutti gli indizi sulla morte di Paul volutamente disseminati dai Beatles sotto varie forme. La stessa copertina di Abbey Road ne contiene alcuni: il fatto che Paul cammina scalzo all’interno di quella che appare una processione funebre, aperta da John vestito di bianco (un angelo o un sacerdote), con Ringo (in abito nero) nella parte del portatore della bara e con George (in jeans) addetto a scavare la fossa; Paul tiene la sigaretta con la mano destra pur essendo mancino; la targa del maggiolone a sinistra richiama l’età che avrebbe se fosse ancora vivo…
Una teoria divertente, di cui ha parlato recentemente Massimo Polidoro nella sua serie “Strane Storie”.
Sta di fatto che Paul McCartney è vivo e vegeto e in ottima forma. Chi è morto davvero, quindi, è il vecchio Paul Cole, il rappresentante di commercio della Florida che quel giorno si trovava per caso in Abbey Road.
La settimana scorsa sono tornato per l’ennesima volta davanti agli studi della EMI. Questa volta non per fotografare le strisce dalla solita angolazione ma dal punto di vista del nostro protagonista.
Poi non ho resistito e ho scattato un’altra immagine, quella classica.
Erano le 8 del mattino del sabato e le automobili erano poche. Chi vive nei paraggi mi racconta che nelle altre ore del giorno la scena è completamente diversa: il traffico aumenta ma soprattutto aumenta il numero dei turisti/amanti dei Beatles che pretendono la fotografia mentre attraversano le strisce. A volte rischia di finire investito il soggetto dell’istantanea, a volte chi la scatta in mezzo alla carreggiata.
Il motivo per cui non leggiamo sui giornali di una carneficina quotidiana in Abbey Road è il fatto che per la copertina dell’album i Beatles scelsero la strada dove aveva sede il loro studio di registrazione, una strada residenziale e tutto sommato tranquilla.
Immaginate per un attimo quanti morti conteremmo ogni anno se avessero intitolato l’album “Oxford Street” oppure “M25”!
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