61-66 Russell Square – Tube: Russell Square
In un gelido pomeriggio invernale stavo camminando lungo Guilford Street, dopo un’ottima pinta e qualche fotografia scattata in un pub di Bloomsbury, un tempo frequentato da Charles Dickens. Raramente guardo in terra mentre sono a zonzo per Londra. Di solito osservo in alto, in cerca di particolari inconsueti. Quel giorno, però, il freddo pungente mi obbligava a tenere il collo ben coperto e di conseguenza lo sguardo abbassato. Fu così che mi accorsi della scritta sul marciapiede alla fine della strada, all’angolo con Russell Square.
“TURKISH BATHS. ARCADE”. E una lunga freccia ricurva che invitava a proseguire a sinistra. Potevo forse ignorare questo suggerimento?
Prima però, mi chinai per osservare meglio la scritta, consumata dal tempo e dalle scarpe di migliaia, forse milioni di passanti da chissà quanti decenni. Sulla C e sulla A, e su parte della freccia, era ancora visibile il colore rosso originale. Proseguii dunque lungo il marciapiede, sul lato est di Russell Square, ma senza fortuna: un paio di alberghi, due ristoranti, una caffetteria, altri due alberghi… insomma percorsi Southampton Row fino alla metro di Holborn ma di bagni turchi nessuna traccia.
C’era però qualcosa che mi sfuggiva, un particolare che non tornava. Decisi quindi di fare la strada a ritroso, questa volta sul marciapiede opposto, fino a tornare in Russell Square. L’angolo sud-est di questa bellissima piazza è occupato per intero da un edificio enorme, l’Imperial Hotel.
E’ un pugno nell’occhio per i puristi, per chi lo considera un corpo estraneo in una piazza su cui si affacciano abitazioni che risalgono al ‘700. Io invece, in parte perché sono un appassionato di modernismo/brutalismo e in parte perché coltivo un certo gusto dell’orrido, lo giustifico, in quanto efficace testimone di una controversa scuola architettonica.
Il particolare che non mi tornava, in effetti, era proprio l’Imperial Hotel. O meglio il suo nome. A occhio e croce l’edificio risaliva alla fine degli anni ’60, periodo in cui il glorioso Impero Britannico era ormai tramontato. Tecnicamente terminò di esistere nel 1997, quando Hong Kong tornò alla Cina, ma tra la fine degli anni ’50 e l’inizio del decennio successivo, quasi tutte le colonie di Sua Maestà avevano conquistato l’indipendenza. Perché mai dunque chiamare “Imperial” un moderno albergo? Forse perché prima di esso esisteva al suo posto un hotel con lo stesso nome?
Trovai la risposta qualche giorno dopo, rientrato in Italia, tra le pagine di un vecchio volume: “Lost London” di Hermione Hobhouse. Una sorta di Bibbia, per quelli come me. In questo libro l’autrice, scomparsa pochi anni fa, denuncia la “violenza architettonica” nei confronti della città avvenuta nella seconda metà del ‘900.
Uno di questi “delitti”, racconta la Hobhouse, avvenne in Russell Square nel 1966. I proprietari del vecchio ed enorme Imperial Hotel, costruto tra il 1905 e il 1911, decisero infatti di demolirlo per “problemi strutturali” e per la “mancanza di stanze da bagno”. L’albergo fu vittima della mancanza di sensibilità dell’epoca, della poca consapevolezza del valore storico e architettonico di edifici come questo.
Soltanto pochi anni dopo questa prassi era già meno frequente. L’adiacente Russell Hotel, disegnato anch’esso da Charles Fitzroy Doll e sofferente degli stessi problemi, fu ad esempio risparmiato: si procedette ad un costoso ma lungimirante restauro e oggi l’albergo (che ha recentemente cambiato il nome in Principal dopo una nuova ristrutturazione) è ancora in funzione.
Dell’Imperial Hotel invece rimase soltanto il nome. Ma è davvero così? In effetti, leggendo e scavando, ho scoperto delle cose molto interessanti.
Innanzitutto i bagni turchi pubblicizzati sul marciapiede all’angolo con Guilford Street appartenevano proprio all’Imperial. Aprirono nel 1913, quando l’hotel fu ingrandito con una nuova ala.
In queste fotografie d’epoca rivivono in tutto il loro splendore.
Da quanto si legge in questa pubblicità erano aperti anche a chi non alloggiava nell’hotel ed erano divisi per maschi e femmine. Ci si poteva regalare “bagni con vapore russo”, docce “Aix e Vichy”, bagni con luce elettrica (!?) … insomma squisiti sollazzi che fanno viaggiare la nostra immaginazione di miseri uomini del ventunesimo secolo.
Quando nel 1966 fu deciso di radere al suolo l’hotel, la benemerita Victorian Society (tra le altre cose fautrice del salvataggio del magnifico Midland Grand Hotel, oggi St. Pancras Renaissance Hotel) intervenne per tutelare i bagni turchi ma fu tutto inutile. Vennero però risparmiate le statue che stavano nelle nicchie sopra le colonne del frigidarium.
Oggi le troviamo nel cortile del nuovo Imperial Hotel, allineate lungo la rampa d’ingresso del parcheggio sotterraneo.
Sei di esse raffigurano giovani donne allegoriche, a grandezza naturale.
Sopra di esse ci sono 21 personaggi di epoca Tudor, di dimensioni inferiori, incastonati tra i merli di un anonimo muro in mattoni. Il risultato di questo allestimento è a dir poco imbarazzante.
C’è un ultimo aneddoto che riguarda il vecchio Imperial Hotel.
Nel 1943 giunse a Londra Learie Costantine, un giocatore di cricket proveniente da Trinidad.
Era in città per una partita di beneficenza che qualche giorno dopo avrebbe visto contrapposte l’Inghilterra e una squadra composta da giocatori provenienti dalle colonie. Lui e la sua famiglia avevano una prenotazione all’Imperial ma all’arrivo furono informati che avrebbero potuto fermarsi per una notte soltanto. Secondo il direttore dell’hotel alcuni clienti avrebbero potuto lamentarsi del colore della loro pelle!
Trattato da reietto, offeso per il comportamento del personale, decise di fare causa, sostenendo il principio di common law che impone agli albergatori di non rifiutare l’accoglienza ad un ospite senza una giusta causa. La sentenza gli diede ragione e pochi anni dopo portò ad un cambio nella legislazione britannica in tema di discriminazione razziale.
Ogni giorno centinaia, forse migliaia di persone calpestano ignari la scritta che indica i bagni turchi dell’Imperial Hotel. Se un giorno passerete di qui entrate nel cortile dell’albergo e omaggiate le statue superstiti, pensando alla triste sorte che è toccata loro. Una volta abbellivano un luogo di delizie e di benessere, oggi respirano impotenti i fumi delle automobili che entrano ed escono da un parcheggio sotterraneo.
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