Places To Be – Nick Drake a Londra – 1

Battersea Church Road – National Rail: Clapham Junction

“… Saddle up, kick your feet
Ride the range of a London street
Travel to a local plane
Turn around and come back again …”

(“At the Chime of a City Clock” – Bryter Layter, 1970)

Ho conosciuto Nick Drake quando avevo 19 anni.

Arrivò un giorno per posta sotto forma di audiocassetta, quell’aggeggio di plastica che ormai appartiene alla preistoria ma resta un’icona gloriosa per quelli della mia generazione. Riprodotta nello stereo di casa oppure inserita nel walkman e portata ovunque, l’audiocassetta era molto più comoda da ascoltare rispetto ad un vinile e, rispetto ai primi compact disc che cominciavano a diffondersi, aveva un grande vantaggio: potevi farne tutte le copie che desideravi e creare le tue playlist, era in pratica un rudimentale antenato analogico di Spotify. Le cassette che abbondavano nella mia stanza erano quasi tutte ricevute da amici che a loro volta le avevano copiate da chissà chi. E così, un giorno, giunse a casa mia il giovane Nicholas Rodney Drake, detto Nick, proveniente da Firenze, dallo stereo della mia amica Martina. Conosciuta guarda caso a Londra, qualche mese prima.

Da quel giorno Nick Drake da casa mia non è più andato via, è stato una presenza costante e la colonna sonora di tanti momenti successivi della mia vita. Diciamo che quando sento la necessità di autentica Bellezza, quella in grado di salvare il mondo come scriveva Dostoevskij, molto spesso la scelta ricade su uno dei tre album che pubblicò in vita: Five Leaves Left, Bryter Layter e Pink Moon.

Non faccio il critico musicale e, comunque, mai come in questo caso le parole suonerebbero superflue. Una bella lettura per ripercorrere la vita e la carriera di Nick Drake è un articolo uscito sul New Musical Express dell’8 febbraio 1975, poco più di due mesi dopo la sua morte all’età di 26 anni.

Voglio invece cominciare a raccontare la mia ricerca dei luoghi di Londra in cui Nick Drake fu fotografato e riprenderò questo argomento in un prossimo post. Inserisco un dettaglio curioso che dimostra quanto la vita di questo artista trascorse lontano dalla notorietà: nonostante le ricerche di alcuni appassionati negli archivi di case discografiche e reti televisive, sembra ormai certo che non esistano filmati che mostrano Nick da adulto (circola da anni un video di pochi secondi su Youtube che lo mostrerebbe di spalle, confuso tra la folla di un festival, ma la sua attendibilità è praticamente nulla). Rimangono invece molte fotografie e le più preziose sono quelle che Keith Morris scattò in tre sessioni (aprile ’69, giugno ’70 e novembre/dicembre ’71), in tre momenti diversi della vita personale e artistica di Nick Drake.

Il primo album, Five Leaves Left, uscito nel 1969, mostra due immagini scattate da Morris nella stessa giornata. La notte precedente il suo appartamento era stato visitato dai ladri e al posto della solita Nikon quel giorno si fece prestare una Pentax con cui non aveva molta dimestichezza.

La fotografia che venne scelta per la copertina dell’album mostra Nick in piedi accanto ad una finestra, all’interno di una casa diroccata vicino a Wimbledon Common. Nelle interviste che concesse prima della sua scomparsa nel 2005, il fotografo non fu in grado di ricordare l’esatta posizione della casa, che con ogni probabilità fu demolita pochi anni dopo.

In ogni caso la fotografia che preferisco è quella che compare sul retro. Vediamo Nick pacificamente appoggiato ad un muro di mattoni, lo sguardo rivolto verso destra mentre un uomo attraversa di corsa la scena, sfuocato. E’ un’immagine che coglie nel segno, perché spiega meglio di quanto facciano le parole l’essenza di Nick Drake: un acuto osservatore, distaccato da un mondo che va troppo veloce per lui. Una fotografia simile verrà scattata l’anno successivo per il retro di Bryter Layter: Nick di spalle ai bordi di un’autostrada, con un’automobile che sfreccia nella notte, anch’essa sfuocata come l’uomo di Five Leaves Left.

Volevo saperne di più, della fotografia con il muro di mattoni e con l’uomo che corre, soprattutto desideravo sapere dove era stata scattata per avere poi la possibilità di visitare quel luogo di persona. Ammetto che può apparire una forma di feticismo, questa voglia di calcare la scena dove è passato un musicista che ammiri, in particolare nel caso di Nick Drake sul quale dagli anni ’90 in poi è nato un mito che ha finito per dare un’immagine distorta dell’artista (poeta maledetto, cantore della malinconia, vittima della depressione). Nick Drake, specialmente il Nick Drake dell’aprile del 1969, era un musicista di 21 anni all’inizio della carriera, sicuramente schivo ma ricco di entusiasmo e di speranze.

“My abiding memory of Nick is him coming to visit me once a week in Notting Hill. We’d drink tea, and he’d play his songs. A beautiful boy.”

Questo il ricordo di Nick Drake che mi regalato Linda Thompson, la cantante folk che fu sua amica negli anni londinesi.

Tornando al tema del mio supposto feticismo, mi voglio giustificare dicendo che i luoghi che preferisco visitare non sono quelli più scontati (ad esempio le ormai consumate strisce pedonali dei Beatles ad Abbey Road) ma piuttosto quelli che presuppongono un po’ di ricerche e di preparazione. Così è stato quando ho deciso di ricostruire la genesi di questa fotografia. Cercando in internet e spulciando le due biografie di Nick Drake nella mia libreria ho scoperto tre cose: in quella sessione furono scattate molte altre fotografie; il muro di mattoni era quello che recintava la Morgan Crucible Works in Battersea Church Road; la fabbrica era stata chiusa e poi demolita negli anni ’70. Una brutta notizia, quest’ultima. Non avrei potuto vedere di persona il famoso muro di mattoni…

Ma questa ricerca ha portato comunque alcuni buoni frutti. Per prima cosa le altre immagini di quel pomeriggio di aprile del 1969, che sono significative quanto quella che venne scelta per il retro dell’album.

Sottolineano il concetto che ho espresso prima: Nick osserva le vite della gente scorrere davanti ai suoi occhi ma in qualche modo resta distaccato, perché i ritmi frenetici di Londra non sono i suoi. C’è una ricostruzione molto arguta della datazione di queste fotografie che sicuramente divertirà chi vorrà leggerla.

Incidentalmente, poi, ho trovato un film del 1951 con Alec Guinness, The Man in the White Suit, in cui compare l’ingresso della Morgan Crucible Works (al minuto 0:50 del trailer):

Dopo aver accettato a malincuore il fatto che la vecchia fabbrica non esistesse più, cercando in internet qualche informazione in più, ho raccolto l’ultimo frutto della mia ricerca: mi sono imbattuto in una storia suggestiva il cui protagonista è l’artista Brian Barnes. Negli anni compresi tra la chiusura della fabbrica e la sua demolizione, Barnes coinvolse alcune persone del posto e creò una magnifica opera, “The Good the Bad and The Ugly”, sul muro di cinta della Morgan Crucible Works (non lo stesso di Five Leaves Left).

L’opera fu purtroppo distrutta nottetempo quando ambiziosi palazzinari decisero di spianare l’area e costruire una zona residenziale di pregio. Potete approfondire la storia del murale di Battersea in questi due filmati:

Brian Barnes è tutt’oggi un attivista impegnato a salvaguardare il patrimonio culturale e la memoria del quartiere in cui vive e lavora. Nel 1983 ha fondato il Battersea Power Station Community Group, per tenere al riparo dalla speculazione edilizia la celebre centrale termoelettrica disegnata da Sir Giles Gilbert Scott. E’ stato lui attraverso Facebook a darmi alcune preziose immagini della Morgan Crucible Works prima e dopo la demolizione e proprio su Facebook è attivo un gruppo (Battersea Memories) che ha lo scopo di mantenere viva la memoria collettiva di chi vive o ha vissuto in questa zona della città.

E’ sorprendente pensare che da una semplice fotografia in bianco e nero sul retro di un album siano scaturite tante diverse storie. In fin dei conti questa è la filosofia che anima The LondoNerD: visitare luoghi che sulle guide non trovano spazio ma che sanno raccontare storie inattese, se si ha la pazienza di scovarle.

E’ infine strano il fatto che in questo post, a differenza degli altri, non compaiano foto scattate dal sottoscritto: in Battersea Church Road ci sono stato ma, di fronte alle anonime abitazioni che hanno rimpiazzato la Morgan Crucible Works, ho preferito chiudere gli occhi, usare l’immaginazione e affrettare il passo verso la tappa successiva.

“… but at the chime of a city clock
Put up your road block
Hang on to your crown
For a stone in a tin can
Is wealth to the city man
Who leaves his armour
Down”

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