Paint, Pack and Follow – Il Caso Albert Letchford

Orleans House Gallery, Twickenham – National Rail: St Margarets

Gli ingredienti per un romanzo di Agatha Christie ci sarebbero tutti.

Una villa in cima alla collina, affacciata sul golfo di Trieste…

… l’anziano e carismatico padrone di casa…

… la sua devota consorte…

… il medico di famiglia, dall’aspetto un po’ insignificante…

… il giovane e talentuoso pittore di corte…

… e la sorella di quest’ultimo, creatura deliziosa.

A questo punto, dopo aver introdotto i personaggi, sarebbe il momento adatto per mettere in scena il delitto. E in effetti una morte avviene, nelle prime ore del mattino del 20 ottobre del 1890.

Ma non si tratta di un omicidio: l’anziano e carismatico padrone di casa, Sir Richard Francis Burton, muore nel suo letto a seguito di un attacco di cuore, in presenza della moglie Isabel, di Lisa la cameriera e del proprio medico personale, il dottor Grenfell Baker.

Quest’ultimo, una volta constatato il decesso del paziente, fa recapitare un breve messaggio al numero 40 di via Chiozza. Qui abita Albert Letchford, che di mestiere fa il pittore, insieme alla giovane sorella Daisy. Per entrambi apprendere della morte di Sir Richard è un gran brutto colpo.

Oggi via Chiozza è diventata via Francesco Crispi. Ma il numero 40 è ancora lì.

Ho cominciato da questa casa la mia ricerca delle tracce lasciate da Albert Letchford, una caccia che da Trieste mi ha portato qualche tempo dopo in un sobborgo di Londra.

Ma andiamo avanti un passo per volta.

Riavvolgiamo il nastro all’indietro di sei anni, al 1884, e spostiamoci a Firenze.

Richard e Isabel Burton sono ospiti di un’amica e fanno conoscenza con il diciottenne Albert Letchford, che a Firenze sta completando i propri studi d’arte iniziati a Venezia.

E’ nato a Trieste nel 1866, figlio di Thomas Letchford, macchinista del Lloyd Austriaco. Cresce nel rione di Chiarbola e fin da bambino si fa notare per l’aspetto pensieroso e per il forte senso della bellezza.

C’è un episodio curioso, raccontato da Thomas Wright nella sua biografia di Burton. Un giorno il piccolo Albert è in chiesa e ad un certo punto comincia ad implorare la madre per poter tornare a casa e prendere la sua piccola spada: seduta a qualche metro da loro c’è infatti un donna orribile e lui vuole decapitarla!

Da giovane legge e disegna dalla mattina alla sera e vive in un mondo tutto suo, fatto di libri e di immagini.

Come detto si trasferisce a Venezia e poi a Firenze, per spostarsi in seguito a Parigi, a Londra e infine in Egitto, dove prende dimestichezza con l’Oriente.

Infine ritorna a Trieste nel 1885 e prende casa alla fine di quello che oggi è Viale XX Settembre, ma che allora è ancora Viale Acquedotto, al numero civico 53.

Quattro anni dopo viene contattato da Lady Burton, che si ricorda del loro incontro a Firenze e gli commissiona una serie di dipinti dei diversi ambienti di Villa Gossleth. Il pensionamento del console è infatti imminente e il progetto della coppia è lasciare Trieste dopo 18 anni e stabilirsi a Londra. Lady Isabel desidera portare con sé un ricordo di un soggiorno così lungo e Albert Letchford è il candidato ideale per accontentarla.

Il giovane comincia dunque a frequentare sempre più spesso la villa in cima alla salita del Promontorio e, stanza dopo stanza, dipinge con assoluta fedeltà il mondo di Sir Richard.

Il suo studio…

By permission of the Richmond Borough Art Collection at Orleans House Gallery

… il soggiorno…

By permission of the Richmond Borough Art Collection at Orleans House Gallery

… la camera da letto…

By permission of the Richmond Borough Art Collection at Orleans House Gallery

… la splendida vista sul golfo che offrono le finestre della casa.

By permission of the Richmond Borough Art Collection at Orleans House Gallery

Tutti questi quadri si trovano oggi a Richmond, un sobborgo a sud-ovest di Londra, all’interno della Orleans House Gallery.

E’ qui che è conservata infatti la cosiddetta Burton Collection, che contiene oggetti, fotografie e opere d’arte legate all’esploratore vittoriano.

Prima di partire per Londra mando una email all’indirizzo del museo e quando ricevo la risposta mi sembra di tornare indietro di due anni, ai tempi delle coincidenze che mi sono capitate quando ho cominciato ad appassionarmi alla vita del capitano Burton. La risposta alla mia email è firmata infatti da un certo Chris Burton, “Exhibition and Collections Assistant”.

Nella Study Gallery è esposto uno dei quadri, quello che rappresenta il salotto di casa Burton.

Torniamo a Trieste, nel 1889. Isabel è molto soddisfatta del risultato, tanto da commissionargli altri due quadri: il marito al lavoro nel suo studio e nei panni di maestro di scherma.

By permission of the Richmond Borough Art Collection at Orleans House Gallery
By permission of the Richmond Borough Art Collection at Orleans House Gallery

Succede poi un fatto singolare. Sir Richard, solitamente scontroso ed arrogante con chiunque, si affeziona al giovane Letchford. Trova in lui, che pur proviene da una famiglia piccolo borghese, uno spirito affine, qualcuno in grado finalmente di capirlo e che non gli dà ai nervi.

Da parte sua, Albert Letchford sembra avere una sorta di venerazione nei confronti di Burton e lo stesso discorso vale per la sorella Daisy.

C’è un aspetto da non sottovalutare: per Letchford, proveniente da una famiglia umile, la frequentazione assidua di casa Burton è un’opportunità eccezionale, una vetrina irripetibile per farsi notare da altri committenti.

Così, a quanto pare, il pittore dilata i tempi di esecuzione dei suoi lavori, per prolungare il più possibile la permanenza nella dimora.

Tutto fila liscio, dunque.

Fino al fatidico 20 ottobre del 1890, la notte in cui Sir Richard Francis Burton muore improvvisamente.

Isabel è comprensibilmente devastata, avendo perso l’uomo al quale è stata accanto per quasi trent’anni e che ha seguito fedelmente in tutti gli spostamenti della sua carriera diplomatica. “Pay, Pack and Follow”, questo il testo del telegramma ricevuto anni prima dal marito, con cui le veniva comunicata la fine dell’incarico a Damasco.

Nei giorni del lutto il dottor Baker e i fratelli Letchford sono accanto alla vedova costantemente, si occupano di tutte le formalità burocratiche.

Tra le decine di persone che salgono a Villa Gossleth per rendere l’ultimo saluto a Sir Richard c’è chi ha l’impressione che tutta la casa risuoni del dolore del dottor Baker e dell’ingombrante presenza dei fratelli Letchford. Lady Burton, invece, è impietrita dal dolore e sembra non essere lì.

Incarica Letchford di eseguire un calco della testa, della mano e del piede (li potete vedere nella Orleans House Gallery) e di ricavare da una fotografia scattata dal dottor Baker il ritratto di Sir Richard ormai privo di vita.

By permission of the Richmond Borough Art Collection at Orleans House Gallery
By permission of the Richmond Borough Art Collection at Orleans House Gallery

Offre inoltre a lui e alla sorella di trasferirsi a vivere lì, in ricordo del grande affetto che il marito provava nei loro confronti.

Il 25 ottobre, temendo di perdere la lucidità a causa dell’immenso dolore, prende carta e penna e nomina Baker e Letchford esecutori delle sue volontà.

Alla diciottenne Daisy chiede invece aiuto per sistemare gli abiti di Sir Richard e per estrarre dalle tasche i piccoli amuleti che il suo confessore, Padre Pietro Martelani, aveva suggerito di infilare di nascosto, con l’obiettivo di convertirlo al cattolicesimo.

“Aiutai Lady Burton a mettere ordine tra i libri, i documenti e i manoscritti. Lei mi riteneva troppo giovane e innocente per capirne qualcosa. Ignorava il fatto che mentre lei era assente io avevo letto molti di quei manoscritti”.

E’ il racconto di quei giorni che faranno Daisy e il dottor Baker ad alimentare il mito dell’olocausto dei libri da parte di Lady Burton, un mito che durerà fino a oggi.

Quel che è certo è che il manoscritto della traduzione dall’arabo del “Giardino Profumato” viene mangiato dalle fiamme nel caminetto di Villa Gossleth, insieme a documenti ritenuti di poca importanza.

E’ da questo momento, dal rogo del “Giardino Profumato”, che gli eventi precipitano.

La morte di Burton lascia quasi sul lastrico la vedova (la pensione del console cessa immediatamente di essere erogata e i pochi risparmi si esauriscono quasi subito con le spese per il solenne funerale e per il trasporto della bara a Londra) ma nonostante questo lei sceglie di distruggere il manoscritto per difendere la reputazione del marito.

Il dottor Baker e i fratelli Letchford, ignari del fatto che è andato bruciato, vorrebbero probabilmente impadronirsene, ricordando che, anni prima, la traduzione de “Le Mille e Una Notte” ha avuto un enorme successo e ha fruttato a Burton molto denaro.

In poche settimane i rapporti tra i protagonisti della nostra storia degenerano irreversibilmente.

Il giorno di Natale Daisy Letchford scompare dalla sera alla mattina senza lasciare spiegazioni. Isabel collega questa partenza precipitosa con la sparizione di parte dei diari del marito qualche giorno prima.

A gennaio il dottor Grenfell Baker scopre con sconcerto che il manoscritto del “Giardino Profumato”, che sta per proporre a un paio di editori, non esiste più. Da quel momento il suo atteggiamento cambia radicalmente: da gentile protettore diventa un prepotente aguzzino.

Convinti che esista una seconda copia del manoscritto, gli ospiti di casa Burton la cercano ovunque e continuano a tormentare psicologicamente la povera donna.

E’ la visita di un cugino che le fa finalmente aprire gli occhi. Si riappropria della procura sui suoi beni e annulla l’accordo con Letchford che di lì a poco dovrebbe scortare la bara di Sir Richard in Inghilterra.

La reazione del pittore è furibonda. Esige una lettera di scuse nei confronti della sorella accusata di furto e il pagamento di 500 fiorini per il ritratto di Burton defunto e dei calchi in gesso, ancora in suo possesso.

Isabel Burton lascia Trieste il 27 gennaio 1891 e non vi farà mai più ritorno.

Per evitare che Letchford intenti una causa (lei non potrebbe essere presente alle udienze per difendersi) dopo mesi di corrispondenza con l’avvocato triestino Ettore Richetti acconsente al pagamento della somma, pur di non privarsi di ricordi così preziosi.

Una volta conclusa questa spiacevole questione, Lady Isabel scrive numerose lettere agli amici a cui ha presentato in passato Albert Letchford, per raccontare quanto le è accaduto e per metterli in guardia.

Lui, nel frattempo, lascia Trieste e si stabilisce in Boemia e successivamente a Vienna.

Infine raggiunge Napoli. Qui si dedica ad illustrare “Le Mille e Una Notte”, 70 tavole che nel 1897 arricchiranno l’edizione pubblicata da H. S. Nichols.

Il suo stile regala alle storie un’atmosfera di sogno, forse il frutto dei suoi studi parigini e dell’influenza di pittori simbolisti come Odilon Redon e Léon Bonnat, che è stato suo insegnante.

Ma la cosa più interessante è il fatto che Letchford, che in quel periodo sta lavorando a Napoli, inserisce realistici scorci della costa campana a fare da scenario alle storie del libro!

Pochi anni dopo la sua salute, da sempre cagionevole, declina improvvisamente. Daisy è accanto a lui.

Sentendo la fine vicina recita due versi di un poema di Swinburne:

Though one were fair as roses,

His beauty clouds and closes.”

Poi esala l’ultimo respiro, dopo aver ripetuto le stesse parole pronunciate da Burton: “I am dying. I am dead.”

E’ il 24 luglio 1905, Albert Letchford muore all’età di 39 anni.

Daisy ricomparirà 25 anni dopo, quando è ormai prossima alla sessantina.

Rimasta vedova del Generale Giovanni Nicastro e in ristrettezze economiche, nel 1931 chiede alla Camera dei Deputati che le venga eccezionalmente riconosciuta una pensione.

La fortuna di Albert Letchford fu quella di incrociare nel suo cammino i coniugi Burton, i quali lo ritennero un giovane onesto, tenace e di talento. Chiusero un occhio sulle umili origini grazie ai suoi modi educati, da autentico gentiluomo. La recente scoperta delle lettere di Lady Isabel ha però fatto luce su quella che, a suo dire, era la vera natura di Letchford. Un arrivista, capace di ricattare la donna che era stata la sua benefattrice nel momento in cui, rimasta vedova, era molto vulnerabile, perseguitandola per anni con richieste di denaro e di favori.

E’ un ritratto che cozza con quello di Thomas Wright quando racconta la sua morte:

His beautiful soul had left this world for ever, for it was indeed a beautiful soul”

Albert Letchford… un’anima bella scomparsa troppo giovane o un malvagio approfittatore?

Preferisco sospendere il mio giudizio e immergermi nella lettura del primo volume delle “Supplemental Nights” pubblicato da H. S. Nichols nel 1897, acquistato qualche mese fa.

Il libro è in condizioni precarie, la rilegatura è ormai andata ma le tavole di Letchford sono ancora perfette e, credetemi, hanno qualcosa di magico.


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