Catherine Street – Tube: Covent Garden
Il fattaccio avvenne pochi minuti dopo lo scoccare della mezzanotte del 16 Febbraio 1848. Il pubblico stava uscendo a frotte dall’atrio del Theatre Royal Drury Lane, dove si era appena concluso l’Allcroft’s Grand Annual Concert, e cercava rapidamente riparo dal freddo all’interno delle carrozze.
Robert Coates, un anziano signore di 76 anni, individuò rapidamente la sua, salì a bordo e ordinò al cocchiere di partire in direzione di casa, al numero 28 di Montagu Square. All’improvviso il gentiluomo si accorse di non avere più con sé gli occhiali e fece fermare la carrozza: doveva assolutamente rientrare nel teatro per cercarli, magari erano caduti inavvertitamente sotto la poltrona.
Nel momento in cui il suo piede toccò terra fu travolto da un hansom cab che proveniva veloce dalla direzione opposta e rimase schiacciato tra questo e la sua stessa carrozza. Cadde sul selciato e fu ulteriormente travolto da un altro veicolo.
Morì sei giorni dopo per un’infezione batterica, quando ai medici pareva che sarebbe sopravvissuto ed era stato trasferito nella sua abitazione di Montagu Square.
Quella di Robert Coates fu una dipartita perfettamente coerente con il personaggio: drammatica, teatrale, imprevedibile e di fronte ad un vasto pubblico. Robert “Romeo” Coates poteva infatti vantarsi del titolo di “peggior attore mai apparso sui palcoscenici inglesi”.
La sua vicenda cominciò nel 1772 molto lontano da Londra, nell’isola di Antigua, Indie Occidentali. Robert Coates nacque qui, figlio del ricchissimo proprietario di una piantagione di canna da zucchero. Fu educato in Inghilterra e, al ritorno, cominciò ad appassionarsi al teatro, recitando in qualche spettacolo amatoriale.
Quando il padre morì il giovane Robert ereditò un’enorme quantità di denaro, sufficiente per vivere (alla grande) di rendita, e un piccolo tesoro in diamanti.
Nel 1807 lasciò Antigua definitivamente e si trasferì nella splendida Bath, nella contea del Somerset. Qui si dedicò alla nullafacenza più assoluta, come d’altra parte gli permettevano ampiamente le sue ingenti sostanze. Ma la vita del dandy non era abbastanza, dentro di lui covava il sacro fuoco del teatro e dunque ottenne la possibilità di recitare in qualche spettacolo, grazie alla conoscenza del proprietario del Theatre Royal.
Debuttò come protagonista nel 1810, nel “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare.
Lo spettacolo fece sensazione, prima di tutto per l’abbigliamento di Coates: un mantello ricoperto di paillettes, pantaloni rossi, una veste di mussola bianca, cravatta extra-large e un cilindro con una piuma enorme. Addosso aveva un gran numero di diamanti. Questa mise rese impacciati i suoi movimenti sul palco e inoltre, ad un certo punto della rappresentazione, saltò la cucitura dei pantaloni. Il pubblico esplose in un’irrefrenabile risata.
Il destino di Robert Coates, da quella sera, rimase segnato. Incurante del giudizio di tutti, cominciò a corrompere gestori e proprietari di teatri in tutto il Paese per ottenere un parte, spesso quella del protagonista, grazie al denaro che elargiva.
Coates prediligeva le opere di Shakespeare ed in particolare la tragedia che racconta l’amore tra i due giovani veronesi, tanto che gli fu presto affibbiato il soprannome di “Romeo”.
Dimenticava spesso e volentieri le battute, ne inventava di nuove, terrorizzando gli attori che andavano in scena accanto a lui.
Una sera, al termine di una rappresentazione del solito “Romeo e Giulietta”, tornò sul palcoscenico con un piede di porco, intenzionato ad aprire la tomba dei Capuleti con la motivazione di “migliorare il testo di Shakespeare”.
Romeo pronunciò la fatidica frase “E così con un bacio io muoio”, ingoiò il veleno e, anziché stramazzare al suolo, estrasse un fazzoletto di seta e lo posò con cura sulle assi del palcoscenico. Poi appoggiò il cappello sopra il fazzoletto a fare da cuscino e si sdraiò finalmente a terra, simulando una lenta agonia.
Il pubblico, a quel punto, era in visibilio. “Muori ancora, Romeo!” gridavano tutti. Coates non se lo fece ripetere, si rialzò e rifece la scena tale e quale per altre due volte, se possibile con maggior enfasi.
Fu necessario l’intervento di Giulietta per interrompere quella che da tragedia si era trasformata in una farsa. Lo trascinò via dal palco e l’impresario fece calare il sipario, temendo una rivolta del pubblico. Intanto Romeo Coates, dietro le quinte, correva eccitato offrendo tabacco da fiuto a tutti e chiedendo “Non sono stato sublime?”. La leggenda di Romeo Coates nacque quella sera.
Il pubblico cominciò ad accorrere numerosissimo per vedere dal vivo l’attore peggiore di tutta l’Inghilterra.
Ovviamente lo ricopriva di fischi e insulti ma lui non si scomponeva, anzi rispondeva a tono. Si registrarono episodi di spettatori portati via in preda alle convulsioni per le troppe risate.
Lontano dal palcoscenico, nella vita di tutti i giorni, Romeo Coates non era meno eccentrico: indossava pesanti pellicce in qualsiasi stagione dell’anno e girava per Londra, dove nel frattempo si era trasferito, a bordo di una carrozza a forma di conchiglia trainata da due cavalli bianchi sulla quale era impresso il motto “While I live, I’ll crow”.
Viveva nel lusso più assoluto, tanto che mi ha ricordato un personaggio come Liberace.
C’è da dire che tutti i proventi della sua carriera di attore non professionista andarono in beneficienza e che si guadagnò il titolo di “Celebrated Philanthropic Amateur”.
La gloria durò per un paio d’anni di sold out ininterrotti, poi la gente cominciò a stancarsi delle sue mattane.
Nel 1816, schiacciato dai debiti, riparò in Francia, a Boulogne-sur-Mer. Qui conobbe Emma Anne Robinson, con la quale si sposò sette anni dopo, quando rimise a posto le finanze e fece ritorno a Londra. Ebbero due figli, che però morirono prima di lui.
Non tornò mai più su un palcoscenico ma continuò a frequentare i teatri fino all’ultimo, come avete letto.
La storia di Romeo Coates mi ha ricordato un film inglese del 1973, “Theatre of Blood” (orribilmente tradotto “Oscar Insanguinato” nella versione italiana) con l’immenso Vincent Price e una giovane Diana Rigg.
Il protagonista, Edward Lionheart, è un vecchio attore di teatro fanatico di Shakespeare, che si finge morto e uccide uno a uno i critici teatrali londinesi che gli hanno negato un premio alla carriera. La vendetta è feroce: per ognuna delle vittime Lionheart sceglie una fine ispirata alle tragedie shakespeariane.
C’è chi muore accoltellato ferocemente come nel Giulio Cesare, chi trascinato da un cavallo come Ettore in Troilo e Cressida, chi finisce ingozzato con un pasticcio di carne cucinato a sua insaputa con i cani che amava come figli, una rivisitazione del Tito Andronico…
E così via, in un crescendo di orrore.
Il film, interamente girato a Londra, è attualmente su Amazon Prime Video quindi godetevelo tutto, se amate il genere.
A differenza di Edward Lionheart, Romeo Coates non fu un attore vendicativo. Incurante dei fischi del pubblico e della derisione da parte dei critici, andò dritto per la sua strada e recitò Shakespeare a modo suo. Uscì di scena come piaceva a lui, in modo drammatico e davanti al pubblico di un grande teatro londinese.
Recitò la sua morte due volte, come d’abitudine. Tutti lo pensarono morto sotto le ruote di una carrozza. Lui invece si riprese e si spense nel suo letto qualche giorno dopo.
Sipario!
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Travolto dai debiti? Oh mio Dio, e come aveva fatto?
Ti confesserò che mi piace immaginare che l’abbia fatto apposta, per lasciare questo mondo con un’ultima, grande interpretazione. Ma, ahimè, neanche quella gli riuscì…