Cricklewood Lane – Tube: Willesden Green
Tutto ebbe inizio con una brutta caduta, in un giorno del 1834.
Anna Sewell, una ragazzina di quattordici anni che viveva con la famiglia a Stoke Newington, stava rientrando a casa da scuola. Scivolò fortuitamente, fratturandosi entrambe le caviglie.
La gravità della caduta e le cure approssimative che ricevette dai medici lasciarono zoppa la povera Anna, incapace di reggersi in piedi senza l’aiuto di una stampella e di camminare autonomamente.
Fu questo episodio a minare per sempre la sua salute. La costrinse a dipendere dai suoi genitori e ad utilizzare spesso, per spostarsi, carrozze trainate da cavalli. La giovane potè così rendersi conto, giorno dopo giorno, della crudeltà con cui spesso i quadrupedi erano trattati dai padroni.
Anna Sewell si affezionò a tal punto a questi animali che quando aveva già più di cinquant’anni, costretta a letto dai problemi di salute, cominciò a scrivere un romanzo molto particolare: l’autobiografia di un cavallo.
Terminò la stesura con molta fatica sei anni dopo, dettando gli ultimi capitoli o scrivendoli su bigliettini che poi venivano trascritti dalla madre. Lo vendette ad un piccolo editore per 40 sterline ma non potè assistere al successo del libro, perché morì cinque mesi più tardi.
“Black Beauty”, questo il titolo che diede al suo primo e ultimo romanzo, è ormai un classico della letteratura inglese, con oltre 50 milioni di copie vendute. Racconta in prima persona l’intera esistenza di un cavallo dal pelo nero, con una zampa bianca e una stella sulla fronte, dai primi tempi felici in una fattoria fino al trasferimento a Londra. Qui Black Beauty è inizialmente incaricato del trasporto di ricchi aristocratici. Poi una brutta caduta (che ricorda quella dell’autrice del libro) lo rende inadatto a questo compito e viene adibito a lavori ben più faticosi. Si susseguono decine di proprietari, uno per capitolo, alcuni di buon cuore e altri decisamente crudeli. Black Beauty servirà tutti con il medesimo spirito di sacrificio, fino al momento della pensione, che lo vedrà di nuovo felice di pascolare in campagna.
Il capitolo conclusivo del romanzo non lasciò indifferente una lettrice londinese, la signorina Ann Lindo, che all’inizio del 1886 partecipò ad un incontro della “Society for the Prevention of Cruelty to Animals” e presentò un progetto inedito: la costruzione di un ospizio per cavalli.
In un’intervista dello stesso anno alla Pall Mall Gazette, che le chiedeva conto di questo “Ospedale per cavalli tisici”, Miss Lindo rispondeva così: “Temo che abbiate un’idea leggermente errata del mio progetto, perché a giudicare dal nome che gli avete dato, pensate probabilmente ad un ricovero per cavalli malati. Non sarà né un ospedale né un luogo per la convalescenza ma semplicemente un luogo di riposo per cavalli stanchi e troppo sfruttati. Nelle nostre città, ogni anno, migliaia di povere creature sono mandate al macello. Se soltanto potessero riposare qualche settimana, vivrebbero e lavorerebbero ancora per anni. Le imprese che utilizzano un gran numero di cavalli potrebbero facilmente dar loro una piccola vacanza quando sono stanchi. Tutti i piccoli commercianti e i vetturini che possiedono un solo animale, e non possono permettersene un altro che faccia da scorta, preferiscono sfruttarlo fino alla fine per poi mandarlo al macello in cambio di pochi soldi. Sostengono che se l’animale si riposasse, anche il commercio si fermerebbe e loro andrebbero in rovina. L’altro giorno ho visto una povera creatura crollare per strada, in questo stesso quartiere. Era il cavallo di un fioraio, che stava tirando un carro pieno di piante e fiori. Ha compiuto sforzi enormi e commoventi per rialzarsi, invano, ed è stato abbattuto sul posto.”
Il progetto di Miss Lindo era molto chiaro, fin dall’inizio.
“Voglio costruire una casa per questi animali così sfruttati, in un luogo salubre ma vicino a Londra, dove abbiano pascoli a sufficienza e possano essere accuditi per ogni necessità. Il cavallo al pascolo non dovrebbe infatti vivere di sola erba. Per esperienza ho scoperto che ha bisogno anche di foraggio, che il produttore ci fornisce ad un prezzo contenuto, per tenere bassi i costi. Abbiamo affittato una fattoria a Sudbury e cominceremo con piccoli numeri. L’idea è quella di ingrandire il business un po’ alla volta e all’inizio avremo bisogno di contributi esterni. Contiamo però di diventare presto autosufficienti e di poter comprare noi stessi dei cavalli, per noleggiarli a chi ci affida il proprio. Non è un progetto basato sul sentimentalismo ma è una vera e propria impresa imprenditoriale.”
“Un’altra parte del mio piano è quella di assicurare un alloggio a chi va in pensione, una casa con cui i loro abbienti padroni possano ricompensare animali che hanno prestato un servizio eccellente e a cui sono affezionati. I cavalli sono spesso accusati di essere pericolosi quando invece sono semplicemente sensibili: trattateli in modo crudele e non vi obbediranno mai. Se ragionate con loro, se mostrate dolcezza, saranno gli animali più docili.”
L’idea di Ann Lindo, così moderna e coraggiosa, divenne realtà il 10 Maggio del 1886, quando a Sudbury aprì la “Home of Rest for Horses”.
Fu subito un successo, che Miss Lindo potè godere soltanto per poco tempo. Morì infatti nel 1891, ad appena 52 anni.
Il suo lavoro fu portato avanti dai collaboratori e sostenuto finanziariamente dal Principe di Galles, il futuro Re Edoardo VII.
La sede cambiò più volte, prima con il trasloco a Friar’s Place Farm, Acton, e poi nel 1908 con quello a Cricklewood, a Westcroft Farm.
In quegli anni, per muoversi, Londra aveva bisogno di qualcosa come 300.000 cavalli. La maggior parte erano quelli dei vetturini ma c’erano anche quelli che tiravano i carri dei fruttivendoli, dei venditori di stracci, dei rigattieri…
Ogni giorno, fuori da Westcroft Farm, c’era una fila di animali bisognosi di cure. Il rimpiazzo con un cavallo a noleggio costava 25 scellini alla settimana, più o meno l’equivalente dei guadagni di un paio di giorni per chi usufruiva del servizio). Era incluso anche il foraggio per il cavallo in affitto, per essere certi che l’animale fosse nutrito ogni giorno.
La fattoria sorgeva a sole quattro miglia dal centro di Londra ma possedeva ben 20 acri di pascolo, stalle adeguate per ottanta ospiti e tutta l’attrezzatura necessaria.
In questi anni furono ospiti di Westcroft Farm alcune celebrità a quattro zampe.
San Toy, eroe della seconda Guerra Anglo-Boera e poi della Prima Guerra Mondiale, passò gli ultimi anni qui, dal 1918 al 1922.
Roger, che compare nel filmato seguente, ebbe una vita avventurosa. Durante la sanguinosa battaglia della Somme (1916) fu trovato da un ufficiale inglese mentre vagava spaesato e privo di un cavaliere, probabilmente un tedesco ucciso in azione. Per i restanti due anni fu il cavallo dell’ufficiale inglese, che dopo la fine della guerra fu felice di ricompensarlo dei servigi con una tranquilla pensione alla Home of Rest for Horses.
Roger morì il primo giorno del 1934.
Pochi mesi dopo si spense il suo compagno di stalla, che gli era stato accanto per 14 anni. Old Barney, morto a 34 anni (l’equivalente di 95-96 anni per un essere umano), era considerato in quel momento il cavallo più anziano di tutta Londra.
Nel 1934 la richiesta di terra per costruire abitazioni decretò l’ennesimo spostamento e la demolizione di Westcroft Farm.
Il nuovo indirizzo fu quello presso le Westcroft Stables a Borehamwood, Hertfordshire.
Oggi la Home of Rest for Horses esiste ancora, anche se ha cambiato nome (è diventata The Horse Trust) e si è allontanata un po’ da Londra. E’ ospitata infatti a Speen Farm, sulle Chiltern Hills, Buckinghamshire.
I cavalli da tiro sono pressoché scomparsi e nelle stalle riposano i cavalli della polizia in congedo o quelli appartenuti ai vari corpi militari britannici.
Ma non solo: nel 2008, ad esempio, arrivarono qui alcuni superstiti della tragedia di Spindles Farm, uno dei peggiori casi di crudeltà mai compiuti nei confronti degli animali in Gran Bretagna. La polizia scoprì un centinaio di cavalli e asini denutriti e in condizioni disperate, ammassati in una stalla accanto ai cadaveri di altri equini morti di stenti nelle settimane precedenti.
Un quotidiano del Novembre 1886, l’anno in cui aprì la “Home of Rest for Horses”, riportava un intervento di un lettore indignato: “Di fronte alla grande povertà umana che è sempre esistita e che ci sarà sempre, noi crediamo che i teneri di cuore potrebbero trovare un modo migliore di utilizzare il proprio denaro piuttosto che spenderlo per fondare una “Home of Rest for Horses”, come oggi vengono invitati a fare. La misericordia verso tutte le creature, in particolare per i nostri vecchi servitori a quattro zampe, è cosa giusta ma certamente la nostra specie viene prima. Ci sembra che promuovere dimore per il riposo di cavalli stanchi sia un eccesso di sentimentalismo, mentre esistono migliaia di esseri umani malridotti, senza casa né cibo.”
La risposta migliore allo sdegno del lettore viene dalle parole di Anna Sewell, la ragazzina che cadde rovinosamente mentre tornava da scuola e che da quel momento osservò i cavalli con uno sguardo nuovo.
“Li consideriamo animali stupidi e in effetti lo sono, perché non possono dirci ciò che provano, ma non soffrono meno soltanto perché non hanno il dono della parola. La mia dottrina è che se vediamo della crudeltà o degli sbagli che abbiamo il potere di fermare e non facciamo nulla, siamo noi stessi corresponsabili.”
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Un articolo estremamente interessante, come sempre. Direi anche commovente. Ci ricorda che gli Animali non sono oggetti. Sono esseri viventi che provano emozioni esattamente come noi. Ho alcuni amici inglesi e tutti hanno un adorato Pet da amare…
Totalmente d’accordo con te, Mariangela.