1a Church Close – Tube: Edgware
Questa è la storia di una piccola, grande ossessione durata decenni e felicemente terminata l’anno scorso, proprio di questi tempi.
Era il 18 Novembre, una domenica mattina fredda ma piena di sole. Il clima ideale per portare a compimento una caccia al tesoro iniziata quando ero un ragazzino e sfogliavo per le prime volte “Qui Londra”, il libro del 1969 di cui avete già sentito parlare più volte se seguite questo blog. Vera e propria reliquia e fonte ancora oggi di avventure e di storie inaspettate.
All’inizio del volume ci sono le straordinarie fotografie aeree della città, scattate da Charles Rotkin. Si parte dai grandi classici: il Big Ben e il Parlamento, Westminster Abbey, Buckingham Palace, Trafalgar Square. Poi ci si allontana dal centro e dai luoghi più noti, per addentrarsi in periferia.
E lì troviamo “Lei”, la fotografia che per anni mi ha tenuto sotto scacco.
La didascalia dice così: “Le tipiche casette unifamiliari, identiche tra loro, di uno dei tanti quartieri suburbani, allineate secondo uno schema urbanistico assai elementare ma rispettoso del verde individuale”.
In questa descrizione c’è una piccola imprecisione, se devo essere pignolo. Ad uno sguardo attento non sfugge il fatto che le casette non sono unifamiliari bensì semi-detached houses, ovvero abitazioni bifamiliari. Lo si capisce dalla siepe che divide in due i giardini che si allungano sul retro di ogni singola costruzione.
A parte questo, nulla da ridire sullo “schema urbanistico rispettoso del verde individuale”. Quello che colpiva la mia fantasia di ragazzino, e che mi affascina ancora oggi, era proprio questa distesa di casette tutte uguali, tutte dotate di un proprio giardino. Un’idea di pace, di civiltà, di benessere sociale.
E poi ammiravo la somiglianza con una ragnatela, i tetti delle case uno accanto all’altro come fili intrecciati pazientemente. Gli abitanti del quartiere erano le ignare prede che ogni mattina lasciavano la propria prigione e prendevano l’automobile o la metropolitana per raggiungere il posto di lavoro nel centro di Londra. Ogni sera, dopo le cinque, facevano il percorso inverso e tornavano a rinchiudersi in casa: cena in famiglia e poi in poltrona a leggere il giornale o a seguire i programmi della BBC. Di nuovo invischiati nella tela del ragno fino al mattino successivo, insomma.
Guardando quella fotografia mi sarò sicuramente chiesto più volte quale fosse il quartiere suburbano della didascalia. Ma senza potermi dare una risposta, perché anche volendo non avevo strumenti a disposizione. Ho compiuto da poco 42 anni e quindi, quando ero ragazzino, internet emetteva i primi vagiti e Google Maps era pura fantascienza.
Poi, qualche tempo fa, sfogliando Qui Londra come faccio ogni tanto, scattò l’ossessione: dovevo assolutamente capire di che sobborgo si trattasse, dovevo dare un nome alla Tela del Ragno!
Detta in questo modo, con la tecnologia di oggi a disposizione, con le mappe satellitari così definite, potrebbe sembrare un gioco da ragazzi. E invece, fidatevi, è stata una faticata non da poco!
Ore passate davanti allo schermo del computer, ingrandendo e rimpicciolendo le immagini per vedere il dettaglio e il quadro d’insieme. Sembrava proprio che la periferia di Londra fosse fatta al 90% di strade e di casette bifamiliari tali e quali a quelle della fotografia di Rotkin!
Quindi capii che dovevo provare un’altra strada, individuare un particolare che mi mettesse sulla strada giusta. Lo trovai subito: la chiesa che compare in alto a destra nell’immagine.
Un parallelepipedo di color marrone, con una torre centrale: una chiesa in stile modernista… non sarebbe stato difficile trovarla, magari scorrendo una lista degli edifici di culto del ventesimo secolo costruiti a Londra. Ebbene, anche qui, le cose non si rivelarono così semplici: a quanto pare la capitale è piena zeppa di chiese moderne, disseminate ovunque.
Tutte queste ricerche durarono per qualche settimana. Quando avevo un po’ di tempo libero, invece di rilassarmi con un buon romanzo, partiva il chiodo fisso della “chiesa modernista” e quindi mi rimettevo alla ricerca della soluzione al mistero.
E finalmente, un giorno, la soluzione comparve sullo schermo del mio computer, quando ormai avevo perso ogni speranza.
“John Keble Church”, questo era il nome dell’edificio. Da lì a scoprire l’indirizzo e a trovare un’immagine dall’alto di Google Earth che replicasse fedelmente la fotografia di Rotkin fu un passo brevissimo. Con mia grande sorpresa, a quanto pare tutto sembrava quasi identico al 1969!
E quindi, alla prima occasione in cui tornai a Londra, la chiesa e le strade circostanti nel quartiere di Mill Hill furono una delle tappe del mio itinerario.
La mattina del 18 Novembre dell’anno scorso, come dicevo, c’era una temperatura piuttosto frizzante ma il sole splendeva in un cielo sgombro dalle nuvole. Provai una certa emozione quando, scendendo lungo Deans Lane, ad un tratto comparve la sagoma imponente della John Keble Church. Mi sembrava di conoscerla da sempre.
Consacrata nel 1936, è opera di D. F. Martin-Smith ed è dedicata a John Keble, uno dei leaders del Movimento di Oxford.
Facendo un po’ di ricerche ho trovato questa immagine, che risale al 1940, quando durante i bombardamenti tedeschi la chiesa fece da rifugio per gli abitanti della zona.
Lasciata la chiesa, dove era in corso una funzione, mi incamminai lungo le strade limitrofe, le stesse della fotografia sul libro: Grange Hill, Deans Way, Farm Road, Stanway Gardens…
Viste ad altezza d’uomo, da vicino, le casette bifamiliari mi fecero tutt’altro effetto rispetto alla visone dall’alto che trent’anni prima mi aveva fatto fantasticare e immaginare un’enorme ragnatela. La magia, in un certo senso, si era dissolta.
Un po’ perché la prospettiva del mio sguardo era quella ordinaria, un po’ perché magari l’età più matura porta inevitabilmente ad essere cinici e disillusi…
Ma il motivo principale, secondo me, è il fatto che il mistero era ormai risolto. Sono sicuro che prima o poi scoverò in un libro qualche altro fatto strampalato e perderò altre ore in ricerche tanto inutili quanto appassionanti.
Londra è così, almeno per me: dovunque ti giri, trovi una storia da riportare in vita.
Ti è piaciuto questo articolo e non vuoi perdere i prossimi? Iscriviti alla newsletter di The LondoNerD: riceverai un avviso via mail ogni volta che un nuovo post sarà pubblicato.
Fantastico….grazie, come sempre
Grazie a te, anch’io seguo ogni tuo post, pur senza commentare. A proposito… la brioche ti è stata restituita?!
E nulla: i tuoi articoli su Londra sono i migliori del mondo! Scritti bene e pieni di emozione, originalità ….x pieni di vita vera, della Londra più vera e ignota.
Mi chiedo come mai non ti supplichino di pubblicare un libro.
Grazie!
Mi conforta sapere che qualcuno capisce queste ossessioni che ogni tanto si impadroniscono di me! Un libro? Chissà, magari un giorno ci penserò seriamente.
Grazie del commento, Cinzia!
No, ancora grazie a te che riesci regalare a me e mio marito (e a tutti noi che ti seguiamo) – innamorati della vecchia Albione – sguardi nuovi su cose note e nuove cose da scoprire.
Il fatto che padroneggi la lingua italiana e la punteggiatura è un di più (e tu sai a cosa mi riferisco….)