La saga infinita dei Fairport Convention

9B Arthur Road – Tube: Wimbledon Park


Ricordo che lo comprai perché fui ammaliato dalla copertina.

Era il mio ultimo anno di liceo e in quel periodo c’erano essenzialmente due modi in cui spendevo i miei quattrini a Vicenza: le tartine di Renzo e i negozi di dischi.

Oggi, a distanza di 25 anni, le tartine con l’uovo sodo e l’acciuga rimangono una grande passione ma l’avvento di Spotify ha purtroppo cancellato quasi completamente le scorribande che facevo tra gli scaffali di Saxophone, in viale Roma.

Ignoravo sistematicamente le ultime uscite e mi dedicavo alle ristampe in cd di album usciti più di vent’anni prima, le pietre miliari del progressive rock, la mia passione del periodo. Piano piano, uno dopo l’altro, cominciai a ricostruire in ordine cronologico le discografie dei King Crimson, dei Genesis, dei Jethro Tull, degli Yes, dei Caravan… ho confessato tutti questi peccati in un vecchio post.

Le ristampe in cd solitamente costavano la metà e li riconoscevi per il bollino giallo con il punto esclamativo o per la dicitura “Special Price”. Li ricordo come fosse oggi.

Un giorno, in mezzo a tanti altri, ne spuntò uno che aveva una copertina che “bucava”.

Prima di tutto non c’era nessuna scritta, né il nome del musicista né quello dell’album. Era una semplice fotografia che ritraeva due persone di una certa età, in piedi e con lo sguardo rivolto verso l’obiettivo. Lei indossava un completo marrone e un dolcevita e aveva le mani giunte; lui, pantaloni, pullover e Clarks ai piedi, teneva le mani sui fianchi. Entrambi sembravano un po’ imbarazzati. Erano in posa davanti ad una recinzione di mattoni e legno, dietro la quale si intravedeva un bel prato su cui stavano alcuni capelloni. Chi seduto su una sdraio, chi sull’erba, chi in piedi. C’erano alberi dal tronco imponente e sullo sfondo la guglia di una chiesa.

Il fascino della copertina stava anche nel fatto che, come ho detto, non compariva il nome dell’artista o il titolo dell’album. Erano scritti sul dorso della custodia (dove compariva il logo della Island Records, garanzia di altissima qualità): “Fairport Convention – Unhalfbricking”.

Poche ore dopo, il disco entrava per la prima volta nelle fauci del mio lettore cd e io facevo il primo incontro con la musica dei Fairport Convention.

Ancora oggi, ogni volta che riascolto questo gruppo, ho la sensazione di un ritorno a casa, l’impressione di ritrovare i vecchi parenti inglesi che conosco da una vita.

Quella dei Fairport è una saga incredibilmente longeva, iniziata nel 1967 e tutt’ora in corso, fatta di successi, di cadute, di momenti felici e di grandi disgrazie. Originari del sobborgo di Muswell Hill, la stessa patria dei Kinks, cominciano a suonare giovanissimi nella Londra psichedelica, tanto che a volte dividono il palco con i Pink Floyd, anche loro agli esordi.

Il loro repertorio si ispira al folk americano che andava forte all’epoca, la musica dei Byrds, per capirsi. La svolta è l’incontro con il produttore Joe Boyd, che prima li presenta a Sandy Denny, che porta in dote un ricco bagaglio di canzoni tradizionali e una voce non comune, e poco più tardi inserisce nel gruppo il violino di Dave Swarbrick. E’ la nascita del folk elettrico inglese, del quale i Fairport Convention saranno il gruppo più emblematico.

Il loro disco-manifesto è senz’altro “Liege and Lief”, uscito alla fine del 1969, l’album in cui riscoprono vecchie antologie di ballate inglesi e scozzesi e le arrangiano in chiave elettrica, oltre a scrivere pezzi originali. “Matty Groves”, “Crazy Man Michael” e “Come All Ye” sono vette altissime, da vertigini.

“Unhalfbricking”, l’album precedente, resta però il mio preferito.

La band non ha ancora un’identità ben definita, ha appena abbandonato le sonorità che guardavano oltre oceano e comincia ad emergere il grande talento di chitarrista e compositore di Richard Thompson, così come matura definitivamente la voce irripetibile di Sandy Denny. Ashley Hutchings, il bassista, ha un’idea di musica ben chiara in testa e la porterà avanti negli anni seguenti fondando gli Steeleye Span e la Albion Band. Simon Nicol, con la sua chitarra, è la forza tranquilla, mentre alla batteria siede il promettente Martin Lamble, non ancora ventenne. Infine, ospite in un brano con il suo violino elettrificato, c’è Dave Swarbrick, che dal disco successivo entrerà stabilmente nell’organico.

Il mio affetto per questo album, qualche anno fa mi portò a Wimbledon, alla ricerca della location della fotografia di copertina…

La trovai, non senza un po’ di fatica. Il cancello principale su Arthur Road era chiuso ma riuscii comunque a infilare la reflex attraverso le sbarre e a fotografare la stessa recinzione davanti alla quale aveva posato la coppia attempata che sta nella copertina…

… il prato verde…

… e la chiesa di St Mary, la cui guglia compare nella copertina.

La storia completa di come andarono le cose me l’ha raccontata Eric Hayes, il fotografo canadese che quel giorno scattò l’immagine della copertina di “Unhalfbricking”. Ho scambiato con lui qualche mail e ho tradotto il suo racconto di quella giornata, lo stesso che potete leggere nel suo sito http://www.erichayes.ca/

Mi piace pensare che, essendo canadese, la mia indole gentile e i modi folk dei Fairport Convention fossero una bella accoppiata. Ci prendemmo in simpatia reciprocamente e passai molto tempo con loro in studio di registrazione e ai loro concerti.

Photo: Eric Hayes
Photo: Eric Hayes

Un giorno mi proposero di scattare la fotografia per la copertina del loro nuovo album, quello che si sarebbe poi chiamato “Unhalfbricking”. Non avevamo idea di dove cominciare, quindi suggerii di trovarci e di vedere cosa avrebbe potuto accadere. Una mattina la band e il loro furgone passarono a prendere me e mia moglie Sharon, e tutti insieme girammo per Londra in cerca di un’ispirazione. Fu Sandy Denny che alla fine disse “Perché non andiamo a trovare i miei genitori a Wimbledon? Hanno una bella casa e un giardino e forse potremmo scattare qualche fotografia là.” Pensammo tutti che fosse una grande idea.

Non so cosa pensò la madre di Sandy, vedendosi piombare in casa un’intera band più il fotografo e sua moglie, ma con grande gentilezza ci servì un tè sul prato.

Photo: Eric Hayes

Forse l’idea per la fotografia fu mia: pensai che non c’era nulla di così squisitamente inglese come un tè servito sull’erba. Ricordo di averci riflettuto sopra per un po’, mentre osservavo Sandy in primo piano che versava il tè nelle tazze e il resto della band sullo sfondo. Ad un certo punto mi stancai e mi allontanai.

L’idea arrivò all’improvviso: avrei fotografato i genitori di Sandy in primo piano e tutti i membri della band sullo sfondo, seduti sull’erba dietro la recinzione di legno. Spesso la gente mi ha chiesto come ho fatto a far apparire la testa di ognuno dei Fairport in un differente buco della recinzione. La verità è che fu un fortunato incidente!

La foto della copertina fu scattata su pellicola Ektachrome da 35mm e ritagliata per adattarsi al formato quadrato del vinile. Non so chi si occupò della grafica, né chi scelse quel particolare fotogramma. Sono però molto soddisfatto del risultato.

Photo: Eric Hayes

La fotografia sul retro dell’album nacque quando la madre di Sandy, non contenta di averci offerto il tè, ci invitò a rimanere per cena. Avevamo iniziato a mangiare da poco, quando mi accorsi che il lungo tavolo e la luce nella casa riecheggiavano alcuni elementi di quadri famosi, come l’Ultima Cena. Allora io e Sharon ci allontanammo dalla tavola e chiesi alla band di continuare la conversazione in cui erano profondamente immersi, mentre io immortalavo la scena. I due piatti in più che si vedono in primo piano sono il mio e quello di Sharon. Divorammo la cena in breve tempo, quando ci risedemmo a tavola. Sono grato al grafico che scelse anche questo scatto.

Pochi giorni dopo questa giornata felice accadde la prima tragedia della storia dei Fairport Convention.

La notte del 12 Maggio, di ritorno da un concerto a Birmingham, il pulmino su cui viaggiavano andò fuori strada all’altezza stazione di servizio di Scratchwood, poco prima di Londra. Morirono Jeannie Franklyn, la ragazza di Richard Thompson, e il talentuoso batterista della band, Martin Lamble. Aveva appena 19 anni.

Gli altri membri del gruppo rimasero più o meno seriamente feriti, con l’eccezione di Sandy Denny, che era rientrata a Londra sull’auto del fidanzato.

“Unhalfbricking”, registrato in parte al Sound Techniques di Chelsea, fu pubblicato il 3 Luglio, ricevendo critiche entusiastiche e raggiungendo la dodicesima posizione in classifica. Il titolo, che non significa nulla, nacque per caso durante una partita a Ghost, mentre la band era in viaggio verso un concerto. Fu Sandy Denny a coniare la parola.

Le vicende dei Fairport Convention, così ricche di momenti sublimi ma anche di pagine tristi, sembrano uscite da un feuilleton ottocentesco. Cambi di formazione, partenze e ritorni, la tragica morte di Sandy Denny a soli 31 anni per una caduta dalle scale mentre si trovava in Cornovaglia, ospite dei genitori.

Soltanto negli ultimi anni le acque si sono quietate e il gruppo continua instancabilmente a suonare ovunque ci sia un pubblico, non importa se piccolo o grande. Si esibiscono indifferentemente nei pubs di campagna e riempiono ogni anno con 20.000 spettatori il prato di Cropredy, dove in agosto va in scena dal 1976 la Fairport’s Cropredy Convention.

Li ho visti più volte. In almeno due occasioni a Londra, l’ultima nella splendida Union Chapel. Ma i Fairport sono arrivati fino a Vicenza, la prima volta nel 2000 in versione acustica. Eccomi felice con Simon Nicol e Dave Pegg…

Più di recente, era il 2012, hanno suonato al Panic Jazz Club di Marostica. Concerto intimo e a tratti struggente.

Suonano senza sosta, i Fairport Convention. Sono immortali, i Rolling Stones del folk rock!

Lunga vita a loro e alla loro musica.


https://www.fairportconvention.com/


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2 thoughts on “La saga infinita dei Fairport Convention”

  1. Benché abbia avuto un passato simile al tuo (tartine a parte, essendo cresciuto ben lontano da Vicenza…) mi sono concentrato molto di più sul rock classico, e quindi conosco questo gruppo solo perché Sandy Denny ha cantato in IV degli Zeppelin. Ma il tuo racconto è appassionante e vedrò di rimediare!

    P.S.: certo che per avere successo nel rock ci voleva anzitutto fortuna…

    1. Scriverò anche di quel fortunato incontro musicale e di una foto di Sandy con gli Zeppelin, in un piccolo parco tra lo Strand e il Tamigi.
      Concordo con te sulla buona stella per sfondare nel rock. Ascolto un sacco di musica di quel periodo e c’è un sacco di gente che avrebbe meritato ben altro successo di quello che ha avuto. Un esempio su tutti: Maggie Bell, la cantante degli Stone The Crows. La Janis Joplin scozzese.

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