219 Belsize Road – Overground: Kilburn High Road
In queste surreali giornate di quarantena, in cui posso dire di aver conosciuto palmo a palmo ogni centimetro quadrato del mio appartamento a Vicenza, mi capita ogni tanto di domandarmi cosa farò quando finalmente riuscirò a rimettere piede a Londra.
Vi sembrerà idiota ma la prima risposta è che mi manca tantissimo il pain au chocolat di un piccolo caffè di Kilburn. Dovete sapere che da un anno e mezzo circa ho eletto a mia residenza londinese, ogni volta che torno, una stanza singola in Priory Road, prenotata con Airbnb: è molto cosy, in posizione centrale ma non troppo, a due passi dalla Overground e dalla Bakerloo e la proprietaria è un’estroversa americana trapiantata qui da tempo.
Ogni volta che esco di casa, prima di iniziare i miei vagabondaggi, c’è ormai un appuntamento fisso: la colazione da Hart & Lova in Belsize Road. Un caffè espresso fatto come Dio comanda, le brioches, il pain au chocolat che ho già citato, la carrot cake… se siete nei paraggi vi consiglio caldamente di fare un salto.
L’ultima volta che sono stato qui, poi, ho trovato lo spunto per un nuovo post.
Esco da Hart & Lova e prendo la sinistra, diretto verso la stazione di Kilburn High Road. Alla fine del marciapiede noto un locale abbandonato, al numero civico 219.
Grandi vetrate vuote, la porta verniciata di nero e infossata rispetto alla strada, sul pavimento una caterva di posta e di pubblicità sparsa sul pavimento polveroso. Negozi e uffici sfitti se ne vedono molti, in giro per Londra, ma questo, senza un vero motivo, mi colpisce e quindi decido di scattare un paio di fotografie, ripromettendomi di fare qualche ricerca più avanti.
Ecco, proprio ieri sera ho consultato vecchi quotidiani e mappe della città. Vi racconto quindi che cosa ho scoperto sul derelitto numero 219 di Belsize Road.
Fino a qualche tempo fa a questo indirizzo c’era l’Eden Internet Café, uno di quei locali che 15-20 anni fa andavano per la maggiore e oggi si fa quasi fatica a concepire: un bar con qualche pc grazie al quale ci si poteva collegare con il mondo, spendendo un tot all’ora!
Ho deciso dunque di fare un salto indietro nel tempo più consistente, atterrando nella Londra vittoriana.
Ottobre 1887. A questo indirizzo c’è una ditta che si occupa di mille cose, “The Kilburn Sanitary Works”.
Il trafiletto ci fa sapere molte cose ed è uno spaccato interessante di quel periodo…
Il responsabile dell’attività è tale Irwin C. Wallas, “ingegnere sanitario specializzato nella ventilazione, nonché idraulico”. Una definizione un po’ buffa ma non troppo, se si pensa che nella Londra del 1887 non tutte le abitazioni sono già dotate di acqua corrente e che per espletare i propri bisogni corporali ci si reca all’aperto, nel cortile, e ci si chiude per il tempo necessario in un pail closet. In sostanza un capanno di legno, al cui interno c’è una seduta fatta di un buco e di un secchio.
C’è dunque moltissimo lavoro per idraulici e affini. I brevetti in questo campo non si contano (ne ho scritto in passato, raccontando le vicende del geniale Thomas Crapper di Chelsea).
Al numero 219 di Belsize Road, inoltre, Wallas e i suoi sono esperti in molti altri campi: riparazione di impianti del gas, installazione di campanelli (a manovella o elettrici) e di speaking tubes.
Si tratta di tubi che collegano ambienti diversi, anche distanti tra loro, e permettono a due persone di comunicare, alternando bocca e orecchio. Non è una meraviglia? Quanto dareste per avere oggi in casa un marchingegno del genere?
L’anno successivo l’offerta si è già ampliata, con un assortimento di costruzioni da giardino: serre e summerhouses, panchine in ferro e soprattutto “Nikita”, il dondolo da esterno con una tenda per ripararsi dal sole.
Poi, nel 1890, cambia tutto. Il ferramenta si trasferisce (o chiude) e al suo posto apre i battenti una bottega che produce e vende scarpe.
Il titolare si chiama Luther Jupp, a quanto pare specializzato in scarpe ortopediche “costruite secondo le istruzioni del medico”.
Le pubblicità di Jupp sono gustose. Imperativi categorici…
… commoventi quadretti di padri analfabeti e figli modello…
… scenette surreali, tipo l’uomo che scende dalla luna per annunciare i saldi annuali del negozio…
… fino alla scenetta matrimoniale intitolata “Mio marito è un Tartaro”.
Nessun riferimento al deserto del romanzo di Buzzati ma una fantasiosa forma di réclame. Le signore si lamentano del fatto che il marito sia un “Tartaro” (immagino nell’accezione di appartenente alla popolazione nomade dell’Asia Centrale, pertanto un uomo incattivito e minaccioso), unicamente perché non fanno lo sforzo di mettersi nei suoi panni, o meglio nelle sue scarpe. Se lo facessero si renderebbero conto che per dodici ore al giorno, per colpa di calzature scadenti, il povero disgraziato “ha i calli nel piede sinistro e le giunture dolenti nel destro”. E’ normale che quando rincasa dal lavoro voglia lanciare le maledette scarpe in direzione del gatto!
Di Luther Jupp e della sua bottega spariscono le tracce dopo il 1920 ma questa foto del 1966 mostra il negozio ancora attivo, specializzato in “scarpe per piedi larghi”.
Nel 1978, invece, ha già chiuso i battenti ed è diventato il luogo ideale per l’affissione di poster e locandine di concerti.
Si riconoscono i Cheap Trick, gli Stukas e una gloria locale, gli Hot Chocolate, originari di West Hampstead. Chi non conosce la loro trascinante “You Sexy Thing”?
Hot Chocolate… bravi, sì. Ma io continuo a bramare quel meraviglioso pain au chocolat di Belsize Road…
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questo tuo sito va sempre migliorando. è veramente bellissimo.
Grazie Roberto!
Ciao ti faccio i complimenti per quello che mi fai conoscere su Londra ti seguo fin dal servizio su Nick Drake essendo n’è uno sfegatato fans a quando un servizio sui Traffic fantastica Band? Complimenti vivissimi
Grazie Giorgio! Su Nick Drake non ho finito, leggerai ancora…
Per quanto riguarda i Traffic, che ascolto spesso ultimamente, mi hai dato uno spunto…
Del loro repertorio quale pezzo preferisci?
Grazie e complimenti!!! Mi piacciono da morire i tuoi post, li aspetto e li leggo sempre con il desiderio ardente di arrivare alla fine . I tuoi racconti mi fanno scoprire ogni volta un aspetto inedito di quella che ho eletto “la
mia città “ anche se purtroppo nn ci vivo.
Ciao Loredana, grazie per il tuo apprezzamento. Ho ancora tanti luoghi in testa di cui scrivere, anche se per un po’ non sarà possibile metterci piede fisicamente. A presto!
Caro Luigi, come sai per me e´ sempre un gran piacere leggerti. Oggi, ancor piu´ di altre volta, mi ha incuriosita un aspetto che non so se sei disposto a svelare. A che database accedi per fare le ricerche bibliografiche sui quotidiani dell’epoca? Un caro saluto (e perdona gli stani accenti a cui devo ricorrere per scrivere in Italiano con un computer Ceco)
Ciao Laura, che bello sentirti!
Non ho segreti, non preoccuparti: la mia fonte principale è il British Newspaper Archive, a mio parere il più completo database in circolazione, curato in collaborazione con la British Library. E’ a pagamento ma ne vale la pena, almeno per me!
Non perdere il prossimo post, parlerà di un posto dove ci siamo intrufolati insieme: Bevin Court.
Come ti trovi a Praga? Fammi sapere!
A presto, un abbraccio.