5 Leicester Place – Tube: Leicester Square
Fin dal 1816, anno della fondazione del loro ordine, i Padri Maristi portano avanti la missione di “andare per il mondo nascosti e in incognito, con lo spirito di nascondimento di Maria di Nazareth”. A giudicare dalla segretezza del luogo di cui sto per raccontarvi, bisogna ammettere che i religiosi svolgono egregiamente il loro compito.
Questa è infatti la storia di una (quasi) sconosciuta chiesa di Soho: Notre Dame de France.
Se non fosse per il grande bassorilievo della Madonna che campeggia sul muro di mattoni sopra l’ingresso, nessuno si accorgerebbe che in questa piccola strada stretta tra Chinatown e Leicester Square c’è da oltre un secolo e mezzo un edificio che ha un passato degno di essere raccontato.
Nel 1861 quest’area era popolata da un gran numero di emigrati francesi e i Padri Maristi furono incaricati dal cardinale Wiseman, arcivescovo di Westminster, di costituire una missione per i bisogni spirituali della popolazione cattolica e per predicare il Vangelo in giro per Soho. Qualche anno dopo Padre Charles Faure acquistò uno strano edificio circolare nei pressi di Leicester Square e incaricò l’architetto Louis-Auguste Boileau di costruire la nuova chiesa, da dedicare ovviamente a Maria, Nostra Signora di Francia.
Il fabbricato comprato da Faure risaliva agli inizi del secolo e fino a qualche anno prima era conosciuto con il nome di “Burford’s Panorama”. E qui incontriamo la prima meraviglia di questa vicenda.
Il termine “panorama”, dal greco pan (tutto) e horama (vista), fu usato per la prima volta nel 1792 da Robert Barker, pittore di origini irlandesi, per dare il nome a una sua invenzione. Si trattava di un grande dipinto circolare che regalava allo spettatore l’illusione di essere fisicamente presente davanti alla scena: un paesaggio, una città, una battaglia o un evento storico. La bravura e la perizia dell’artista facevano sì che il pubblico si sentisse trasportato in un altro luogo, in un altro tempo, senza i costi e i rischi come comportava un viaggio a quell’epoca.
Ecco come il Blackwood’s Edinburgh Magazine decantava i pregi della nuova invenzione:
“Al giorno d’oggi i panorami sono i più felici espedienti per risparmiare tempo e denaro. Ciò che mezzo secolo fa durava sei mesi e costava duecento sterline, ora necessita di appena un quarto d’ora al prezzo di uno scellino. Sbarazzandosi delle innumerevoli miserie del viaggio, dell’insolenza dei funzionari pubblici, della disonestà dei locandieri, del pericolo di incontrare banditi che indossano lo scapolare e sono armati di sciabola e pistola, della scorrettezza dei doganieri che saccheggiano con il passaporto in mano, degli indescrivibili disagi della cucina italiana e degli insopportabili fastidi di quel massimo abominio che è un letto italiano.”
Il brevetto di Barker includeva un dipinto cilindrico, contenuto in un edificio circolare al cui centro sorgeva una piattaforma sopraelevata dove si sistemavano gli spettatori. L’altezza della piattaforma, l’angolo e la distanza della visuale, l’occultamento di ciò che stava sopra e sotto il dipinto: tutto era studiato per massimizzare l’illusione tridimensionale.
I panorami, tra la fine del Settecento e la prima metà del secolo successivo, ebbero un successo incredibile in tutta Europa: gli spettatori accorrevano in massa per questo spettacolo a metà tra la galleria d’arte e il teatro. E Robert Barker divenne ricchissimo, tanto ricco da potersi permettere di costruire nel 1793 una grande rotonda a due passi da Leicester Square, il cui ingresso era in Cranbourn Street.
Questo grandioso edificio aveva addirittura due piattaforme e altrettanti panorami. Per risparmiare sul personale, ai visitatori (che versavano uno scellino) veniva consegnato un foglio con la descrizione della scena: il ribollire del Vesuvio e Pompei, i placidi laghi della Svizzera, la misteriosa Costantinopoli, la battaglia di Vitoria contro Napoleone, …
Alla morte di Barker, l’attività fu portata avanti dal figlio Henry e da Robert Burford, entrambi pittori molto prolifici che erano soliti visitare di persona i luoghi remoti che poi avrebbero riprodotto in decine di panorami.
Passata nelle mani del solo Burford, la rotonda chiuse i battenti nel 1863. Due anni dopo fu acquistata dai Padri Maristi e trasformata in un luogo di culto… con la pianta circolare, la stessa del Panorama di Burford! Ce ne accorgiamo oggi guardando le immagini di Google Earth.
Durante l’ultima guerra mondiale la chiesa fu pesantemente danneggiata dai bombardamenti tedeschi e all’inizio degli anni ’50 fu quasi interamente ricostruita.
Tra il 1953 e il 1960 molti artisti francesi furono contattati per contribuire alla decorazione degli interni. Tra di essi ci fu anche l’eclettico Jean Cocteau.
Pittore, poeta, saggista, attore, drammaturgo, regista… è molto difficile inscrivere Cocteau all’interno di una definizione. Il termine “artista” risulta riduttivo, fu sicuramente un uomo che dispensò generosamente i propri talenti e fu interessato alla vita di chi gli stava intorno più di quanto fosse interessato alla sua. Attraversò da protagonista il ‘900: da giovane fu amico della novantenne Imperatrice Eugenia, vedova di Napoleone III (“sembrava che una giovane donna avesse affondato il proprio viso nelle mani troppo spesso e che alla fine la forma delle sue dita avesse lasciato su di esso l’impronta”); nel 1953, anziano presidente della giuria al Festival di Cannes, vide materializzarsi davanti ai suoi occhi il dirompente, modernissimo bikini di Brigitte Bardot.
Al settantenne Jean Cocteau fu chiesto di affrescare la Lady Chapel di Notre Dame de France con tre scene della vita della Vergine: l’Annunciazione, la Crocifissione di Cristo e l’Assunzione. L’artista accettò l’incarico e, stando a quanto riporta il Daily Express del 18 Marzo 1959, sottopose al cardinale Godfrey un bozzetto che fu inizialmente rifiutato.
Le correzioni furono apportate e il 3 Novembre dello stesso anno Cocteau era pronto per decorare le pareti della cappella.
Il suo lavoro durò poco più di una settimana. Come un impiegato, ogni mattina arrivava alle 10 in giacca e cravatta, eludendo i fotografi e i giornalisti che lo attendevano all’ingresso della chiesa. Accendeva una candela davanti alla statua della Madonna di Lourdes e iniziava a dipingere.
La parte centrale del murale ospita la scena della Crocifissione.
Di Gesù Cristo sono visibili soltanto i piedi, da cui sgorgano gocce di sangue, le stesse che escono dagli occhi di Maria. Maria Maddalena si volta e sembra non riuscire a sostenere una scena così cruenta, mentre una terza donna volge lo sguardo al cielo in cerca di pietà. Le tre donne sono unite nel dolore, anche graficamente. Il sole è nero, in riferimento all’eclissi che avvenne al momento della morte di Gesù. Proprio il sole, qualche anno fa, fu imbrattato da un vandalo che gli dipinse intorno un cerchio bianco e si firmò “T_A*”.
Questo sfregio rese necessario un restauro dell’affresco e la protezione in vetro che oggi impedisce di avvicinarsi.
Cocteau inserì un enigmatico autoritratto in primo piano, accanto ai dadi tirati dai soldati romani per spartirsi le vesti di Cristo.
Chi era presente durante la settimana in cui Cocteau lavorò all’affresco affermò che l’artista francese tenne un dialogo costante con le figure che andava creando.
Visitare la chiesa di Notre Dame de France due anni fa è stata per me un’esperienza forte. Forse la suggestione di questi discorsi tra Cocteau e i personaggi usciti dal suo pennello che aleggiano ancora nell’edificio, forse il silenzio assordante di questo ambiente se lo si confronta con il chiasso e la vivacità di Soho, oppure lo stupore dei visitatori dei panorami di Barker e Burford…
Quando siete dalle parti di Leicester Square fate un salto in questa chiesa insolita. E fatemi sapere che sensazioni provoca in voi.
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Quando ti leggo poi mi spremo le meningi per ricordare se ho visto i luoghi da te trattati…. Ho capito qual’è e ne son felice. Appena sono a Londra la andrò a vedere bene… Grazie grazie
Ale… Aspetto il tuo articolo sempre con ansia!
Passare dal chiasso di Soho al silenzio della chiesa è davvero un’esperienza da provare. Ciao Ale!