Campo Santa Maria Formosa – Venezia, Italia
Devo confessarvi che da un po’ di tempo a questa parte, quando scendo le scale di casa, sto più attento di quanto facessi soltanto pochi mesi fa. Mi assicuro che a terra non ci sia dell’acqua, evito di fare gli scalini a due a due, insomma sono diventato più prudente. Non è una questione di età che avanza, credetemi. E’ che ho comprato un quadro.
Questa storia comincia alla fine di Febbraio. In un’asta online (Catawiki è uno dei piccoli piaceri che mi concedo ogni tanto) mi aggiudico un dipinto proveniente dall’Inghilterra, che raffigura uno scorcio veneziano. L’artista è un tale Bernard Harrison.
Il quadro, a causa di una sosta prolungata in dogana (tutto merito della Brexit), arriva a Vicenza soltanto qualche settimana dopo, in condizioni non proprio ottimali.
Un imballaggio approssimativo, infatti, ha fatto sì che il vetro sia andato in frantumi durante il viaggio.
Poco male, perché la cornice è a dir poco lurida e la carta sul retro è ridotta a brandelli. Decido quindi di imbarcarmi in un restauro casalingo. E qui cominciano le prime scoperte.
Per prima cosa mi soffermo sull’etichetta che sta dietro il dipinto, che riporta il nome della galleria che l’ha esposto e quello dell’acquirente.
C’è soprattutto il titolo dell’opera: “Campo Santa Maria Formosa”. Conosco bene quest’angolo di Venezia, ci si passa quasi obbligatoriamente arrivando da piazza San Marco per raggiungere la famosa libreria Acqua Alta e, a Carnevale, per assaggiare le sublimi frittelle allo zabaione di Rosa Salva.
A dare il nome al Campo è l’imponente chiesa di Santa Maria Formosa, risalente al 1492.
Ma non è la chiesa la protagonista del quadro, perché l’artista scelse di dipingere un angolo più nascosto del campo, con una parte della facciata di Palazzo Malipiero Trevisan e il ponte di Ruga Giuffa.
Due suore, vestite di bianco, sembrano dirigersi verso la chiesa dopo aver attraversato il rio mentre una coppia di guardie, con copricapo e mantello scuri, si avvia verso il ponte dandoci le spalle.
Una figura siede sui gradini del pozzo e sembra ripararsi da un sole cocente.
La chiesa di Santa Maria Formosa non si vede ma la sua presenza è suggerita dalla lunga ombra nella parte inferiore del quadro. Qui compare la firma dell’autore, Bernard Harrison.
Sono molto felice del mio acquisto e, tutto sommato, anche della mia opera di pulizia e restauro. Togliendolo dalla cornice ho scoperto che non si tratta di un dipinto su tela ma che l’artista stese i colori ad olio su una sottile tavola di legno, sul cui retro è impresso il timbro della dogana francese.
L’opera fu poi incorniciata a Londra, da una rinomata ditta di Nassau Street, James Bourlet & Sons.
Dopo aver fotografato questi dettagli, sono pronto per appendere il quadro alla parete del soggiorno. Ma prima di farlo torno ad osservare l’etichetta.
Cooling Galleries di New Bond Street, Lady Worsley-Taylor, un pittore inglese in trasferta a Venezia, la dogana francese… ce n’è abbastanza per mettermi in azione e cercare di saperne di più.
Parto dall’indizio apparentemente più semplice, il nome del pittore.
Bernard Oliver Harrison nacque nel 1871 da una famiglia in vista. Era il primo dei cinque figli di Frederic Harrison, giurista e storico, illustre esponente del Positivismo vissuto tra il 1831 e il 1923.
Il giovane Bernard studiò al Balliol College di Oxford tra il 1889 e il 1892, prima di trasferirsi a Parigi dove fece i suoi studi d’arte e si stabilì definitivamente. Non ci sono molte altre notizie, a parte alcuni trafiletti sui quotidiani inglesi che parlano della sua conversione al cattolicesimo nel 1895 e di qualche esposizione dei suoi quadri in varie gallerie parigine e londinesi a partire dal 1910. Molti di questi quadri raffigurano paesaggi italiani: il mare della Liguria, Venezia, San Gimignano, Pisa.
Nel 1929 Harrison viveva ancora a Parigi, con il suo studio al numero 89 di Rue de Vaugirard, e suppongo che nella capitale francese morì nel 1956, all’età di 85 anni.
Il Centre Pompidou conserva un olio su tavola dell’artista, comprato dallo Stato Francese nel 1933, e intitolato “Santa Maria Formosa à Venise”. A differenza del mio, in questo dipinto compare l’imponente edificio sacro.
Secondo indizio: le Cooling Galleries, dove il quadro fu esposto e acquistato. La galleria d’arte, fondata nel 1884 da John Albert Cooling, ebbe più sedi e dal 1911 si spostò all’indirizzo riportato nell’etichetta, il 92 di New Bond Street, dove rimase fino a metà degli anni ’70.
Altri dettagli sull’etichetta per datare l’opera non ce ne sono ma decido infine di concentrarmi sul nome dell’acquirente, Lady Worsley-Taylor, la prima a sinistra in questa fotografia del 1934.
E’ indicato l’indirizzo londinese della nobildonna, il numero 7 di Chesham Street. Venerdì 18 Ottobre del 1935 un quotidiano riporta il seguente annuncio:
“Lady Worsley-Taylor cerca una cameriera con esperienza per la sua residenza nel Lancashire (nei pressi di Clitheroe) e per quella di Londra in estate. Servitù composta da sei addetti, famiglia di tre persone. Stipendio 45 sterline. Scrivere a Lady Worsley-Taylor, 7 Chesham Street, Londra S.W.1”
Le tre persone della famiglia sono Lady Worsley-Taylor, vedova da un paio d’anni, e i due figli John Godfrey (ventenne e già baronetto dopo la morte del padre) a Dorothea Margaret, di 14 anni.
La dimora di Lady Worsley-Taylor si chiamava Town Head e si trovava nel villaggio di Pendleton, Lancashire, tra Clitheroe e Whalley. La donna era molto attiva nel sociale e presidente durante la seconda guerra mondiale del Land Army del Lancashire. Qui è l’ultima a destra, fotografata insieme ad un gruppo di Land Girls.
In estate, così come conferma l’annuncio sul quotidiano, era solita lasciare la campagna per trasferirsi nella sua abitazione londinese. Ed è quindi molto probabile che varcò la soglia delle Cooling Galleries tra il 14 e il 26 Giugno del 1937, per assistere alla mostra di Bernard Harrison.
Comprò il dipinto numero 36, lo stesso che adesso sto per appendere ad un gancio nel mio soggiorno.
Pochi mesi prima il figlio della donna, Sir John, aveva festeggiato la maggiore età (all’epoca era ancora fissata a 21 anni) nella sala dei banchetti dello Swan and Royal Hotel di Clitheroe.
Lo vedete in una fotografia dello stesso periodo. E’ il giovanotto a sinistra, che ride spensierato con un calice di vino in mano.
L’11 Aprile del 1942 Sir John Godfrey Worsley-Taylor, nel frattempo arruolatosi nelle Scots Guards, sposò a Londra Anne Paget, nella cappella delle Wellington Barracks, a pochi passi da Buckingham Palace.
Due anni dopo nacque l’unica figlia, Annette.
La coppia divorziò nel 1950 e Sir John prese in affitto un appartamento a Queen’s Gate Gardens, South Kensington.
In un giorno di Luglio del 1952 a Sir John fu rubata l’automobile. Il baronetto informò la polizia, che qualche giorno dopo la ritrovò, parcheggiata in Gloucester Road. Un agente telefonò a Sir John e gli diede la buona notizia ma il giorno successivo l’uomo non si presentò alla stazione di polizia per recuperare le chiavi della vettura. Seguirono altre telefonate a vuoto e al terzo giorno l’ispettore Meninick si recò di persona a casa di Worsley-Taylor.
L’appartamento, all’ultimo piano dell’edificio, aveva la porta chiusa e nessuno venne ad aprire quando il campanello suonò più volte.
Il detective diede un’occhiata all’interno attraverso la buca delle lettere ma non notò nulla di strano. Poi esaminò la fessura tra la porta e il pavimento e gli parve di intravedere del tessuto, simile a quello di un cappotto sportivo.
Si procurò uno specchietto, lo legò ad un pezzo di legno e lo inserì nella buca delle lettere, come fosse un periscopio. Fu così che vide il corpo di Sir John.
Era steso a pancia in giù, con un piede appoggiato all’ultimo gradino della scala interna che portava al piano superiore. L’uomo era apparentemente morto da qualche giorno. Meninick esaminò la scala e si accorse che il tappeto che la ricopriva era leggermente smosso e che la balaustra al piano superiore era in parte divelta, come se qualcuno avesse tentato disperatamente di aggrapparsi.
La donna di servizio dell’appartamento al piano inferiore, interrogata dalla polizia, affermò che la sera di sabato 15 Luglio, alle sette e un quarto, aveva in effetti sentito un tonfo pesante proveniente dall’abitazione di sopra, come se qualcuno fosse caduto. Ma non si era preoccupata più di tanto.
L’inchiesta si tenne nei giorni successivi e concluse che il 36enne Sir John Godfrey Worsley-Taylor era morto accidentalmente, perdendo l’equilibrio e precipitando dalle scale, rompendosi l’osso del collo. Nessun indizio che potesse trattarsi di omicidio, per l’assenza di tracce di estranei nell’appartamento e per la posizione del corpo, che avrebbe impedito a chiunque di uscire dalla porta dopo il delitto.
I funerali si tennero a Whalley, poco distante dall’abitazione della madre. Il baronetto riposa nel piccolo cimitero della parrocchia.
Perché vi ho raccontato tutto questo, vi chiederete… Ecco, l’ho fatto perché subito dopo aver letto della sorte del povero Sir John ho fatto un brutto pensiero. Ho immaginato Lady Worsley-Taylor che acquista il dipinto di Bernard Harrison dopo averlo ammirato in una galleria. Lo regala al figlio, da poco maggiorenne, con l’augurio di una vita felice e ricca di viaggi, magari a Venezia. Il figlio si sposa, va a vivere con la moglie in una nuova casa e ovviamente porta il quadro con sé. Passano gli anni, nasce una bambina e il dipinto è sempre lì, appeso nella sala da pranzo. Poi Sir John divorzia, lascia la casa alla moglie e si trova un appartamento da scapolo all’ultimo piano in un’elegante strada di Kensington. La veduta di Santa Maria Formosa, manco a dirlo, lo segue e trova posto sul pianerottolo in cima alla scala che porta alle camere. E’ l’ultima cosa che l’uomo vede, quel sabato sera di Luglio del 1952, prima di perdere l’equilibrio e cadere rovinosamente lungo la scala di legno, molto più ripida e insidiosa dei larghi gradini del ponte di Ruga Giuffa, magistralmente raffigurato da Bernard Harrison.
Ecco spiegata l’attenzione che metto da qualche tempo a questa parte quando esco di casa e scendo le quattro rampe che mi portano in giardino. E se avessi acquistato un quadro maledetto?
Allo stesso tempo faccio mie le parole di un critico d’arte che nel 1929 scriveva così: “un paesaggio italiano di Bernard Harrison in un soggiorno è un piacevole compagno in questi tempi di continuo e veloce movimento, in cui la quiete è sconosciuta al di fuori di una casa di riposo.”
Post Scriptum. Questa storia ha una gustosa aggiunta, che non posso evitare di raccontare. All’inizio di Marzo, nei giorni in cui il quadro di Bernard Harrison è ancora bloccato in dogana, io e Silvia decidiamo di passare un paio di giorni a Venezia. Delego a lei la scelta della sistemazione per la notte e rimango all’oscuro di cosa ha deciso fino all’ultimo, fino al momento in cui scendiamo dal treno e ci incamminiamo per le calli. Silvia mi dice di aver scelto un hotel a quattro stelle, il Ruzzini Palace Hotel. Indovinate dove sorge…
L’albergo si trova in Campo Santa Maria Formosa e questo è il panorama di cui si gode dal salone al primo piano.
In fondo, proprio di fronte a noi, c’è lo scorcio senza tempo dipinto da Bernard Harrison in un giorno di sole di tanti anni fa.
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Grazie per la storia!