Il calcio a Londra: ieri


Nel 1991, prima di iscrivermi all’Università, avevo deciso di trascorrere l’intera estate a Londra, trovando lavoro a Oxford Street in uno dei numerosi McDonald’s presenti ovunque e oggi in buona parte sostituiti da altre catene di fast food.

Il lavoro a turni mi consentiva di avere abbastanza tempo libero per dedicarmi all’esplorazione della città e coltivare un’altra passione, quella per il calcio inglese.

10 agosto 1991, Wembley, Arsenal–Tottenham Hotspur 0-0 (Charity Shield)

L’Arsenal aveva appena vinto il decimo titolo della sua storia. La squadra dei Gunners, nata nel 1886 a sud del Tamigi ad opera di un gruppo di operai del Royal Arsenal di Woolwich e trasferitasi a nord della città nel 1913, ha giocato fino al 2006 nel glorioso stadio di Highbury, che sorgeva tra le abitazioni dell’omonimo quartiere.

Nessuna squadra di First Division, come all’epoca era chiamato il massimo campionato inglese, poteva contare su uno stadio così caratteristico come quello dell’Arsenal. L’ingresso degli spettatori avveniva letteralmente tra le case e questo rendeva l’atmosfera decisamente unica, quella che si respira ancora negli stadi delle categorie inferiori inglesi.

Dopo un mese trascorso in un appartamento di Queen’s Gate, elegante strada a due passi dai musei di South Kensington, mi ero trasferito nella zona di Finsbury Park. Servita dalla Piccadilly Line, mi trovavo ad una sola stazione dalla fermata Arsenal, l’unica in città avente il nome della squadra di calcio locale.

Il 4 agosto si era svolta ad Highbury la finale di un torneo amichevole estivo chiamato Makita Cup, un evento che si è tenuto in Inghilterra dal 1988 al 1994. Si affrontavano la squadra campione d’Inghilterra e quella campione d’Italia, la Sampdoria di Mancini e Vialli. Probabilmente non ero molto attratto da un’amichevole estiva, così rimasi a casa a guardare la diretta televisiva e ammirai dal piccolo schermo la splendida rovesciata di Vialli che fissava il punteggio sull’1-1.

Ancora oggi mi rammarico di non essere andato allo stadio quel giorno, all’epoca non potevo immaginare che non avrei mai messo piede ad Highbury.

Ben altro richiamo mediatico aveva la Supercoppa inglese, chiamata fino al 2002 Charity Shield, che vedeva opporsi a Wembley la squadra vincitrice del campionato e quella vincitrice della Football Association Cup.

Già nel 1988 avevo assistito alla gara, che quell’anno aveva visto il Liverpool prevalere 2-1 sul Wimbledon, squadra che a sorpresa aveva vinto la Coppa d’Inghilterra. Quindi da tempo mi ero informato sulla data dell’evento ed ero riuscito a procurarmi un biglietto, operazione decisamente più complessa rispetto all’attuale click di un mouse nel sito di riferimento.

Il mitico Wembley, con le due inconfondibili torri bianche, era stato il teatro di epiche battaglie sportive e incuteva timore agli avversari anche per la notevole capienza, superiore a 100.000 spettatori negli anni in cui in molti settori si seguiva la partita in piedi. Ricordo che le file erano strettissime, le ginocchia toccavano il sedile davanti e i due spettatori ai lati ti comprimevano, ma c’era la consapevolezza di trovarsi nel più importante palcoscenico calcistico inglese.

Quel giorno di agosto a Wembley andava in scena un’edizione particolare del North London Derby tra Arsenal e Tottenham, due squadre divise da una forte rivalità. Metà stadio era rosso e metà bianco, i colori di Gunners e Spurs. Manco a farlo apposta io ero seduto proprio in uno dei punti in cui le due tifoserie giungevano a contatto e per evitare problemi mantenni un atteggiamento distaccato e neutrale per tutta la gara, che comunque terminò 0-0 e non fu ricca di emozioni. Non erano previsti i tempi supplementari e i calci di rigore, quindi per l’anno a venire il trofeo venne condiviso dalle due squadre, sei mesi a testa.

È sempre una sorpresa rivedere a distanza di anni le formazioni scese in campo. In questo caso non ricordavo che all’epoca nelle file del Tottenham militava Gary Lineker, diventato a fine carriera volto notissimo della BBC con il suo programma “Match of the Day”.

28 agosto 1991, Upton Park, West Ham-Aston Villa 3-1 (First Division)

I tempi erano maturi per l’esordio da spettatore in campionato. Mi informai sul calendario del massimo torneo, che ogni settimana vedeva giocare in casa almeno una squadra londinese (nel campionato 1991-92 ce n’erano sette). E scelsi di andare a vedere il West Ham, nell’East End.

Appena uscito dalla fermata Upton Park della District Line osservai una realtà ben diversa dal ricco West End. Il quartiere, situato nel distretto di Newham, era uno dei più poveri della città. Abitato da molti proletari che si riconoscevano nello stemma con i due martelli incrociati, a ricordare l’originario team Thames Ironworks, dal nome dei cantieri navali fra i quali è nata la squadra nel 1895.

Gli Hammers, o meglio gli Irons per i tifosi, giocavano al Boleyn Ground, identificato però da tutti come Upton Park. Era uno stadio che vibrava di passione. Ricordo il frastuono della curva, amplificato dalla copertura metallica e l’incitamento costante del pubblico, anche quando i padroni di casa si trovarono sotto di una rete. Nel secondo tempo il West Ham segnò tre reti a pochi metri da me, facendo esplodere di gioia i tifosi.

L’esperienza mi piacque a tal punto che per il successivo turno casalingo degli Hammers, il derby londinese contro il Chelsea del 7 settembre, provai nuovamente a comprare un biglietto. Ma il richiamo della sfida contro gli odiati Blues aveva già fatto registrare il tutto esaurito. Decisi di ritornare lo stesso nell’East End con la mia nuova macchina fotografica. Giunto nei pressi dello stadio, a partita appena iniziata, notai un alto grattacielo a fianco del campo di gioco. Seguendo un residente mi intrufolai all’interno dell’edificio assieme ad un gruppetto di tifosi senza biglietto e salimmo tutti sul lastrico solare. Prima di essere bruscamente allontanato da due poliziotti giunti sul tetto dopo averci individuati dalla strada, scattai una spettacolare panoramica dello stadio gremito e della zona circostante.

Poi, una volta terminata la gara con il risultato di 1-1, ritornai nel rassicurante ovest cittadino.

Dopo il 1991 ci sono state molte altre visite alla capitale inglese, in genere di breve durata. Ho macinato chilometri a piedi e con ogni mezzo pubblico, ammirando luoghi noti e scoprendo zone meno conosciute dai turisti. Ma, arrivati al 2023, non ero più entrato in uno stadio londinese da quel lontano 1991.

Anzi, a dire il vero non è proprio così… nel 2011 ero di passaggio a Londra dopo aver visto l’Udinese giocare a Glasgow contro il Celtic, in Europa League. Mi accompagnava Claudio, l’amico che per ben cinque volte è stato con me nella capitale.

Per rendere divertente il soggiorno di una notte avevo deciso di prenotare una stanza nello stadio del West Ham, che ben conoscevo. C’era infatti la possibilità di dormire in alcune camere che si affacciavano sul campo da gioco, ed è stato impagabile osservare lo stupore di Claudio alla vista dell’originale albergo. Abbiamo dormito dentro uno stadio buio e silenzioso, dove gli unici deboli rumori provenivano dal sistema di irrigazione del terreno, funzionante anche di notte.

Avevo rimesso piede nel Boleyn Ground venti anni dopo, non ancora consapevole che sarebbe stata l’ultima volta.

(continua…)

Daniele Marcuzzi nasce a Udine nel 1969, il giorno dello sbarco sulla luna. Si è laureato in Scienze Politiche all’Università di Trieste e attualmente lavora nella Pubblica Amministrazione. È un viaggiatore curioso, appassionato di calcio, fotografia e buona cucina. Ha trascorso la sua prima vacanza a Londra nel 1984 ed è stato amore a prima vista.


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