Hoxton Street – Overground: Hoxton
Sono arrivato tardi, accidenti! Oppure ho fatto appena in tempo, se devo guardare il bicchiere mezzo pieno.
La storia di oggi, infatti, parla di un museo che non esiste più e di una collezione che in questo momento è sospesa in un limbo, o meglio è conservata in un deposito self storage dalle parti di King’s Cross.
Il 31 Ottobre del 2022, tre mesi prima che chiudesse, feci infatti in tempo a visitare il Pollock’s Toy Museum.
La storia di questa collezione è piuttosto complessa e travagliata ma cercherò di riassumerla in poche righe.
Tutto cominciò nella zona di Hoxton nel 1851, l’anno della Great Exhibition. Al numero 73 di Hoxton Street aprì i battenti la bottega di John Redington, “stampatore, rilegatore, cartolaio, tabaccaio e commerciante di articoli vari”.
Tra le altre cose Redington vendeva i teatri giocattolo di John Kilby Green. Si trattava di articoli che in quel periodo andavano forte: permettevano ai ragazzi di mettere in scena spettacoli teatrali utilizzando personaggi e scenografie di carta del tutto simili a quelli a grandezza naturale.
Quando Green morì, Redington acquistò dai suoi eredi le lastre di rame incise e continuò a produrre e a vendere i teatri in miniatura, aiutato dalla moglie e dai figli William e Eliza. Quest’ultima sposò Benjamin Pollock nel 1877 e con lui continuò a gestire l’attività di famiglia.
Pollock pubblicava vecchie opere teatrali utilizzando le tavole originali di Green e Redington, opportunamente aggiornate.
Una spinta notevole arrivò dalla visita del celebre scrittore Robert Louis Stevenson, nel 1884. L’autore de “L’isola del tesoro” e de “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” dedicò al negozio le seguenti parole:
“Se amate l’arte, la follia o gli occhi lucidi dei bambini, correte da Pollock”.
Benjamin Pollock morì nel 1937 e qualche anno dopo, nel 1944, l’attività fu acquistata dal libraio Alan Keen, che si trasferì nei pressi dello Strand proprio poco prima che una bomba tedesca riducesse in macerie l’edificio di Hoxton Street. Fu così che si salvarono le lastre di rame vecchie di almeno un secolo e tutto il magazino. Keen ebbe la felice intuizione di modernizzare i modellini dei teatri e degli attori, ricreando ad esempio la versione cinematografica di Amleto diretta e interpretata da Laurence Olivier nel 1948.
Assunse inoltre come commesso il giovane George Speaight, che sarebbe diventato negli anni seguenti il più grande storico ed esperto di teatri di carta vittoriani. Purtroppo, dopo un avvio incoraggiante e un trasloco al numero 16 di Little Russell Street, il negozio imboccò una strada che lo portò in pochi anni alla bancarotta.
La donna che rilevò l’attività nel 1955, la giornalista della BBC Marguerite Fawdry, ebbe un’intuizione geniale: in aggiunta al negozio, riaperto al civico 44 di Montmouth Street, inaugurò un museo dedicato al giocattolo.
Prima minuscolo e poi sempre più grande, era il frutto di acquisti effettuati da lei e dal marito in tutta Europa e di generose donazioni.
Nel 1967 l’ultimo spostamento, in un edificio georgiano di Fitzrovia, al numero 1 di Scala Street, all’angolo con Whitfield Street.
E proprio qui, poco prima che chiudesse i battenti, feci in tempo a visitarlo in compagnia di mia moglie Silvia e a scattare un po’ di fotografie. Ecco il resoconto della mia visita.
Il nostro ingresso nel negozio fu annunciato da un sonaglio appeso alla porta. Quando la richiusi alle mie spalle i suoni della strada sparirono improvvisamente: fu come lasciare dietro di noi la Londra del ventunesimo secolo per tornare indietro di un secolo e mezzo.
Dietro un bancone di legno non c’era anima viva. Notammo un meraviglioso registratore di cassa antico e, sugli scaffali, decine di teatri di carta colorati e sapientemente illuminati.
A destra, una porticina rossa era socchiusa. Sotto il pomo d’ottone c’era una scritta invitante: “THIS WAY FOR FUN”.
E così io e Silvia entrammo in un mondo meraviglioso, popolato da centinaia di giocattoli di ogni epoca sparsi in tante stanze collegate tra loro da anguste e scricchiolanti scale di legno.
Nella prima sala ci accolse un cavallo di legno con la criniera grigia e spelacchiata, che sembrava lamentarsi per la fatica. Un secolo fa aveva spiccato un lunghissimo balzo ed era ancora sospeso in aria.
All’interno di vetrine ben illuminate c’erano soldatini di stagno, carri armati e robot di latta colorata…
… un ospedale ispirato al primo medical drama inglese, “Emergency Ward 10”…
… un meraviglioso modellino in latta del Tower Bridge…
… giocattoli di legno di tanti tipi, in mezzo ai quali compariva una piccola Alice, con un pezzo di Paese delle Meraviglie.
C’erano alcune lanterne magiche e le relative lastre su cui erano dipinte le storie più disparate.
Lungo le scale e i pianerottoli foderati di velluto rosso e blu c’erano decine di vetrine zeppe di oggetti.
I bellissimi teatri di carta avevano ovviamente una stanza dedicata.
E poi i peluche di ogni epoca…
… e le bambole, con le loro case vittoriane.
Alcuni pupazzi erano deliziosamente inquietanti, sembravano presi dal set di Profondo Rosso….
Altri erano apparentemente più innocui e intepretavano il ruolo di Pearly King & Queen.
Alla fine della visita, tornati al piano terra, ci attendeva il negozio vero e proprio.
Quando lasciammo Scala Street non avrei mai immaginato che soltanto tre mesi più tardi il museo avrebbe chiuso.
Lontano da qui, in Hoxton Street, una targa ricorda il luogo dove tutto cominciò, nella bottega di John Redington successivamente ereditata dal genero Benjamin Pollock.
Un negozio con questo nome esiste ancora, a Covent Garden, ma è un altra cosa.
Arrivo tardi, con questo post, ma spero che il Pollock’s Toy Museum risorgerà presto, come è già successo in passato.
Tornerebbe attuale l’accorato invito di Robert Louis Stevenson:
“Se amate l’arte, la follia o gli occhi lucidi dei bambini, correte da Pollock”.
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