Giovane, coraggiosa e bella

Stockwell Memorial Gardens – Tube: Stockwell

All’uscita della stazione della metropolitana di Stockwell, appena ci si incammina in direzione nord, si incontra una piccola isola pedonale dominata da una tozza torre in pietra di Portland: lo Stockwell War Memorial.

“To the Stockwell men who served in the Great War”

Inaugurato nel 1922, il monumento commemora i 574 uomini di Stockwell caduti nel corso della Prima Guerra Mondiale e si trova sull’ultimo brandello di quello che un tempo era il vastissimo South Lambeth Common.

Inizialmente la torre sorgeva infatti sull’erba ma, nel corso dei decenni successivi, l’allargamento delle strade circostanti cancellò il verde. Inoltre, nel 1942, proprio accanto al memoriale, sorse un edificio decisamente brutto: il pozzo di aerazione del rifugio antiaereo di Stockwell.

Ne furono costruiti molti di rifugi a Londra, in quell’anno, soprattutto lungo il tracciato della Northern Line: Clapham North, Clapham Common, Camden Town, Belsize Park, Goodge Street, Clapham South e appunto Stockwell.

Il rifugio sorgeva sotto la stazione della metropolitana e consisteva di due lunghi tunnel larghi cinque metri appena, all’interno dei quali si potevano disporre centinaia di brandine per ospitare durante la notte gli abitanti del quartiere in caso di attacco aereo. C’erano bagni, un ambulatorio medico e il ricambio dell’aria avveniva grazie al condotto di aerazione che sbucava proprio accanto allo Stockwell War Memorial.

Quando la guerra finì, per decenni, il fortino circolare rimase abbandonato, un pugno nell’occhio per chi percorreva South Lambeth Road. Fu per questo motivo che nel 1999 l’artista Brian Barnes propose di decorare l’edificio con un murale. Brian, scomparso nel 2021, mi aiutò a scrivere uno dei miei primi post ed è l’autore di un altro famoso murale a Battersea.

Barnes coinvolse gli studenti della Stockwell Park School e grazie ai loro contributi concepì delle immagini ispirate alla storia locale.

C’è Sir Roger Moore, nato in questo quartiere…

…c’è Vincent Van Gogh, che tra il 1873 e il 1874 abitò in Hackford Road.

Compare poi la Empire Windrush, la nave passeggeri che il 22 Giugno del 1948 approdò a Tilbury con a bordo 492 passeggeri provenienti dalla Giamaica.

Si trattò del primo grande sbarco di migranti provenienti dalle Indie Occidentali. La “Windrush generation”, il massiccio flusso che sarebbe seguito nei decenni successivi e che cambiò radicalmente la società britannica, deve il proprio nome a questa imbarcazione che affondò pochi anni dopo, nel 1954, in seguito ad un incendio a cinquanta chilometri dalle coste algerine.

Nel 2001 il murale di Brian Barnes venne completato con l’aggiunta di un personaggio poco noto, la cui storia merita di essere raccontata.

Violette Szabo era nata a Parigi da padre inglese (il suo cognome da ragazza era Bushell) e madre francese e, fino all’età di 11 anni, era vissuta in Francia, a casa di una zia. I genitori, per sfuggire alla crisi, si erano trasferiti a Londra. Violette si ricongiunse a loro nel 1932, in una casa a schiera al numero 18 di Burnley Road, a pochi minuti a piedi dalla stazione di Stockwell.

Crescendo in compagnia di ben quattro fratelli maschi, la ragazza si appassionò agli sport, in particolare alla ginnastica e al pattinaggio, e amava pedalare in bicicletta. Violette frequentò la scuola fino ai 14 anni e poi cominciò a lavorare come commessa, prima a South Kensigton e poi in Oxford Street.

Quando scoppiò la guerra, nel Settembre del 1939, era stata appena assunta al Bon Marché di Brixton.

Fu proprio il conflitto a cambiare per sempre la vita di Violette. Alla parata londinese del 14 Luglio, organizzata per festeggiare la ricorrenza della Presa della Bastiglia, conobbe un ufficiale della Legione Straniera, Etienne Szabo, di origine ungherese. Dopo appena 42 giorni la coppia si sposò. Lui aveva 31 anni, lei 19.

Etienne morì l’anno seguente, nella battaglia di El Alamein, senza aver conosciuto la figlia che era nata pochi mesi prima, mentre lui si trovava in Africa.

Violette, che aveva già prestato servizio come ausiliaria prima di scoprire di essere incinta, decise di entrare nel SOE, Special Operations Executive, organizzazione di agenti segreti costituita per sabotare le forze tedesche.

Vedova a poco più di vent’anni, Violette voleva vendicare così la morte del marito.

Dopo un intenso addestramento in cui mostrò spiccate qualità, arrivò il momento della prima missione in Francia, da cui rientrò con successo.

La seconda incursione, immediatamente dopo il D-Day, non fu altrettanto felice. Violette, paracadutata nei pressi di Limoges nella notte tra il 7 e l’8 Giugno 1944, fu catturata dai tedeschi ad un posto di blocco. Trasportata a Parigi e imprigionata nel carcere di Fresnes, subì interrogatori e torture ma non parlò. Quando gli Alleati si avvicinarono alla capitale, lei e altri prigionieri politici furono caricati su un treno e trasferiti in Germania. Violette finì nel campo di concentramento femminile di Ravensbrück, a nord di Berlino, dove visse mesi di lavori forzati e di privazioni che apparentemente non scalfirono il suo ottimismo e la speranza di riuscire prima o poi a fuggire.

Il 5 Febbraio del 1945, insieme ad altre detenute, fu giustiziata con un colpo di pistola alla nuca. Il suo corpo fu cremato subito dopo. Violette Szabo aveva 23 anni appena.

Due anni dopo, il 28 gennaio 1947, la figlia Tania varcò con i nonni materni il cancello di Buckingham Palace. Aveva quattro anni e ricevette al posto della madre defunta la George Cross, la più alta decorazione civile del Regno Unito.

Nel 2007, a distanza di 60 anni da quel giorno, Tania Szabo ha pubblicato una biografia della madre, intitolata “Young, Brave and Beautiful”. Ha impiegato tutta la vita per trovare la forza di scriverla.

Se passate per Stockwell, ammirate il murale di Brian Barnes e dedicate un pensiero a Violette.

Giovane, coraggiosa e bella.


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