37 Albany Street – Tube: Great Portland Street
L’edificio non esiste più. Fu demolito alla fine della seconda guerra mondiale e al suo posto, oggi, c’è la sede in stile modernista del Royal College of Physicians, progettata da Denys Lasdun e inaugurata nel 1964.
Poco più di un secolo prima, nel 1865, in una casa al numero 37 di Albany Street venne ad abitare con la moglie un uomo di 39 anni che non passava inosservato. “Larger-than-life”, dicono gli inglesi, per descrivere personaggi così straordinari.
Francis Trevelyan Buckland, per tutti Frank, non arrivava al metro e quaranta di altezza ed era probabilmente largo altrettanto. Così, almeno, lo descriveva un suo compagno di studi, Charles Lloyd.
Ma l’aspetto fisico passa in secondo piano, una volta che si comincia a leggere le imprese di questo eccentrico naturalista, medico, divulgatore… e gourmet!
Nato nel 1826 a Oxford, dove il padre William era canonico del Christ Church College, nonchè eminente geologo e paleontologo, il giovane Frank fu dapprima educato in casa dalla madre e successivamente spedito in varie scuole in tutto il Paese: East Northamptonshire, Surrey, poi al prestigioso Winchester College, nell’Hampshire.
Studente brillante, cominciò presto a sviluppare un interesse per gli animali. I primi che riuscì ad analizzare furono quelli che aveva a portata di mano, i topi. Li intrappolava, li sezionava con abilità e poi, ogni tanto,… li mangiava!
Un giorno i suoi compagni corsero a lamentarsi dal preside della scuola: dal pavimento sotto il letto del giovane Frank giungeva una puzza insopportabile: erano i resti in decomposizione di un gatto che il ragazzo aveva da poco finito di studiare.
Si dice che, verso la fine della sua permanenza a Winchester, avesse addirittura ricevuto di nascosto e sezionato dei reperti umani. E una leggenda racconta che un giorno uno studente con il cranio dolicocefalo lo udì borbottare “Cosa non darei per il teschio di quel ragazzo!”.
Crescendo, la sua curiosità per il mondo animale aumentò esponenzialmente.
Quando seppe che allo zoo del Surrey era morta una pantera, accorse sul posto, la fece riesumare per poi sentenziare che la carne “non era molto buona”.
Per provare l’efficacia degli escrementi degli uccelli come fertilizzante, un giorno ne sparse una grande quantità sul prato del college, a formare la scritta “GUANO”. Quando arrivò l’estate, in effetti, la scritta era ben visibile!
Al termine dei suoi studi, conclusi a Londra al St. George’s Hospital, Frank Buckland divenne un chirurgo. Ma il suo destino non era quello di salvare vite umane.
“La sua passione principale era la chirurgia.” raccontava il suo collega Charles Lloyd “Le anziane signore richiamavano i gatti in casa quando lui era in giro e le giovani madri del quartiere davano alle bambinaie delle forti raccomandazioni, temendo per i propri figli. Per un amante di storia naturale era un piacere vederlo a cena con un pollo nel piatto e osservare come, incurante di stupidi pregiudizi, ne divorava il cervello.”
Già, la storia naturale… Gradatamente, Frank Buckland abbandonò la medicina e la chirurgia e si dedicò esclusivamente allo studio del mondo animale. Guadagnava, piuttosto bene tra l’altro, grazie ai suoi libri e agli articoli per varie riviste specializzate e all’attività di conferenziere.
Il resto del tempo lo dedicava allo studio e alla sua passione più grande: la zoofagia, con l’obiettivo di assaggiare ogni tipo di carne animale.
Fin da piccolo aveva già imparato questa disciplina dal padre, che ai tempi di Oxford spesso e volentieri deliziava il proprio palato con portate come i topi in pastella, la pie di scoiattolo e la lingua di cavallo.
Con il supporto di un controverso ma geniale naturalista, il professor Richard Owen, Frank Buckland fondò nel 1860 la Acclimatisation Society, con lo scopo di introdurre in patria alcune specie esotiche fino ad allora sconosciute, per farle poi diventare parte della gastronomia britannica.
I ritrovi dell’associazione avvenivano all’interno della London Tavern di Bishopsgate ed erano l’occasione per provare piatti inauditi: proboscide di elefante bollita (“un po’ gommosa”), antilope, giraffa (“come la carne di vitello”), pie di rinoceronte e testa di focena. Fu poi il turno del canguro, di vari volatili del Sudamerica e del tacchino dell’Honduras.
Il numero 37 di Albany Street, la sua residenza vicino a Regent’s Park, non era da meno. La moglie Hannah, “eccellente infermiera”, era la custode di un vero e proprio serraglio.
L’appartamento era pieno di gabbie, al cui interno vivevano reclusi animali di ogni tipo: serpenti, pappagalli, scimmie a cui era consentito bere e fumare, addirittura un giaguaro e un orso. L’unico ospite al quale era permesso girare per casa era un ratto da compagnia, che amava stare sul tavolo della sala da pranzo.
Quando Buckland organizzava le sue celebri cene, gli invitati potevano gustare prelibatezze introvabili altrove: ricci arrostiti, coccodrilli alla griglia, zuppa di lumache. La talpa stufata era invece, secondo Buckland, “assolutamente disgustosa”, ma non tanto quanto i dermatteri e i mosconi.
Memorabile fu l’episodio dello storione. Una sera Buckland venne a sapere che una bottega di Bond Street aveva un esemplare enorme, lungo ben tre metri. Si precipitò sul posto e ottenne il permesso di poterne fare un calco, con l’accordo di riportarlo in negozio entro le 10 del mattino seguente. Lo storione arrivò in Albany Street e Buckland decise di trasferirlo nella cucina, che era al piano inferiore. Legò una corda robusta intorno alla coda del pesce e cominciò piano piano a farlo scendere lungo i gradini di pietra ma il peso gli fece sfuggire la presa. Lo storione scese gli scalini come una valanga e sfondò la porta della cucina, causando un pandemonio. Il cuoco urlò, la cameriera svenne, il gatto balzò sulla credenza, le scimmie rimasero terrorizzate. Il pappagallo, invece, da quel giorno non parlò più.
Aveva papille gustative decisamente fuori dall’ordinario. Un giorno, mentre visitava una cattedrale dove si diceva che il sangue di un Santo gocciolasse sul pavimento, si chinò per leccarlo: fu sufficiente a fargli dire che il sangue era in realtà urina di pipistrello.
Scrisse poi un libro piuttosto bizzarro, per spiegare la teoria secondo la quale gli oggetti inanimati provano sentimenti. Se una lampada non brucia – dice il libro – è perché tiene il broncio. Un giorno Buckland si arrabbiò con la propria valigia e cominciò a percuoterla.
Nel 1867 diventò ispettore della pesca al salmone. Qualche anno prima aveva fondato a Londra il Museum of Economic Fish Culture, la cui collezione si trova oggi in Scozia, nello Scottish Fisheries Museum di Anstruther.
La vita straordinaria di Frank Buckland terminò nel 1880, all’età di 54 anni, per una polmonite. Il suo corpo, già debilitato da anni di fumo accanito (e forse provato da una dieta non troppo equilibrata!), non resse l’ultima pazzia: una nuotata nelle acque del Tamigi a Dicembre, per sperimentare le sensazioni che prova un pesce.
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One thought on “Frank Buckland, zoofago e gourmet”