Pagina 46


Dopo due settimane di attesa è finalmente giunto il momento di andare alla fatidica pagina 46, la pagina in cui si trovano le soluzioni, come ben sa ogni lettore della Settimana Enigmistica.

Nel mio post dello scorso 8 Ottobre ho infatti sfidato voi lettori ad un gioco di società che appassiona me e alcuni amici da qualche anno. Lo abbiamo battezzato “Scerloccami questa!”.

Se non lo aveste già letto, fatelo adesso. Spiegavo di cosa si tratta, illustravo le regole del gioco e presentavo l’oggetto misterioso: un album polveroso e malconcio, contenente dodici fotografie ingiallite e prive di didascalie o di altri riferimenti.

Avevo promesso di raccontarvi le mie deduzioni e quindi dirigetevi verso la poltrona più comoda che avete in casa e mettetevi comodi. Sto per raccontarvi quello che ho scoperto e ciò che invece è rimasto avvolto nel mistero… è la MIA soluzione e non è detto che sia corretta al 100%.

Il primo passo che ho compiuto è stato quello di farmi un quadro d’insieme di questi dodici scatti, partendo dall’album che li contiene.

E’ messo piuttosto male e soprattutto contiene meno fotografie di quelle che potrebbe ospitare, circa la metà. Un indizio che non ha portato a nulla è la scritta sul retro: “Our Land and Sea Series”.

Un riferimento di questo tipo mi ha fatto pensare a qualcosa di militare, perché spesso si trova l’espressione “Our land and sea forces”.

La prima fotografia, d’altra parte, sembra puntare in quella direzione…

Fotografia #1

Ritrae un gruppo di militari, schierati uno accanto all’altro. I volti sono più o meno sorridenti o quanto meno distesi. E’ stato difficile capire a quale corpo appartenessero ma, dopo un po’ di ricerche, ci sono arrivato. Si tratta di soldati appartenenti alla Royal Artillery. Lo si può dedurre dal distintivo sul berretto che alcuni indossano: è il simbolo che raffigura un cannone e il motto latino “Ubique. Quo Fas Et Gloria Ducunt” (Ovunque. Dove il giusto e la gloria conducono).

Sono tutti soldati semplici, non vedo nastrini, medaglie o altri distintivi che indichino un rango superiore. Portano tutti un lanyard, il cordino utilizzato dai soldati per avere sempre a portata di mano un coltellino o un fischietto oppure, nel caso degli artiglieri, per azionare un cannone!

L’epoca non è semplicissima da stabilire e qui sono venuti in soccorso gli artiglieri stessi, o meglio i membri di un gruppo Facebook composto da veterani della Royal Artillery! Ecco la risposta più esauriente:

“Risale a prima del 1921. Il cordino è sulla spalla sinistra (fu spostato a destra nel 1924), nessuno indossa un collare esplosivo (fu dato in dotazione ai soldati semplici soltanto dal 1921 in poi) e tutti indossano sulle spalline il distintivo della Territorial Force. Le tende che si intravedono sullo sfondo fanno capire che si tratta di un campo di addestramento.”

Livelli di scerloccamento che soltanto un ex artigliere avrebbe potuto raggiungere!

Il mio pensiero è che molto probabilmente il proprietario del mio album è uno dei soldati in posa. Sì, ma chi?

Fotografia #2

Nella seconda fotografia, purtroppo, c’è ben poco da scerloccare. Ritrae due donne, una più sorridente in primo piano e una alle sue spalle, un po’ sorpresa dallo scatto. Il loro abbigliamento e i loro cappellini (cloche hats) mi aiutano però a collocare l’immagine in una decade, gli anni ’20. I formidabili e irripetibili Roaring Twenties.

Passiamo avanti, fotografia numero 3.

Fotografia #3

L’ho battezzata “La strage dei fagiani”, perché se la osservate con attenzione potete contare decine, forse un centinaio, di uccelli selvatici ai piedi dei due tizi e dei loro cani da caccia. Uno dei cani tiene in bocca una grossa preda.

I due cacciatori (padre e figlio?) posano fieri, con il fucile a tracolla dietro la schiena. Ho provato a confrontare il volto del più giovane con gli artiglieri della prima fotografia, senza però trovare somiglianze particolari.

Più interessante è l’immagine successiva, la numero 4.

Fotografia #4

E’ stata scattata in mezzo alla folla. Uomini e donne ben vestiti, in particolare la ragazza al centro dell’inquadratura, che porta un elegante cloche hat. L’uomo accanto a lei guarda dritto nell’obiettivo, con espressione sorpresa (e non troppo brillante!).

Ad attirare la mia attenzione è la scritta sullo sfondo, parzialmente nascosta. Si può intuire che la parola misteriosa è certamente MONTE CARLO.

La marca di qualcosa? Una réclame della città monegasca? La locandina dell’omonimo film muto del 1925?

Butto lì la mia conclusione, senza alcuna sicurezza: la fotografia è stata scattata a Soho, all’angolo tra Leicester Street e Lisle Street, dove sorgeva il Monte Carlo Hotel. Qui lo vedete immortalato nel 1947.

Prima di chiamarsi Monte Carlo era il German Hotel, dove Karl Marx soggiornò con la famiglia tra l’Aprile e il Maggio del 1850. Dovette lasciarlo perché non poteva permettersi l’affitto di 5 sterline a settimana.

Fotografia numero 5.

Fotografia #5

Qui mi sono fatto aiutare dalla scritta sul tetto dell’edificio, che mi ha portato fuori Londra, in un luogo di cui non avevo mai sentito parlare.

Canvey Island è un’isola all’estuario del Tamigi, nella contea dell’Essex, luogo di villeggiatura fin dall’epoca vittoriana e vittima di ricorrenti alluvioni. La più grave avvenne nel 1953, quando una violentissima mareggiata spazzò via molte case e provocò la morte di 58 persone.

L’autore della fotografia ha ritratto il Cox’s Hotel, struttura che nel corso degli anni cambiò forma e dimensioni e che ospitava un caffè orientale, un emporio, una sala da ballo e molto altro.

Sulla sinistra c’è una giostra a seggiolini (quella che tutti chiamiamo calcinculo e per gli inglesi ha vari nomi tra cui swing ride), la stessa che compare in questa fotografia presente sul sito CanveyIsland.org.

Janet Penn, curatrice del sito e profonda conoscitrice di storia locale, afferma che molto probabilmente anche i due scatti successivi sono riferiti a Canvey Island.

Fotografia #6

Il biplano che solca il cielo era verosimilmente decollato dai campi vicini al lungomare e potrebbe essere lo stesso apparecchio di cui parla un lettore del sito: un EBSC Avro 548 modificato per accogliere tre passeggeri per “giri di piacere”.

La fotografia seguente, certamente la più bella dell’intero album, mostra quattro bambine che salutano sorridenti dietro i vetri di quello che a prima vista sembra un locale pubblico, a giudicare dalle insegne.

Fotografia #7

“Potrebbe trattarsi di Canvey Island”, mi scrive Janet Penn, “all’epoca molte case private avevano al loro interno negozi e caffè.”

In effetti la scritta “ICES” è dipinta a mano. In alto a sinistra si intravede l’insegna di un altro prodotto che all’epoca andava forte: le Clear Gums, caramelle gommose alla frutta, prodotte da Rowntree’s nella fabbrica di York. Le trovate ancora nei negozi, con il nome di Fruit Gums.

E’ il momento di lasciare Canvey Island e di spostarsi… in Africa! Così sembra, ad un primo sguardo…

Fotografia #8

La fotografia 8 mostra infatti un uomo di colore, con un abito tradizionale e uno strumento a percussione sotto il braccio sinistro. E’ un tamburo parlante (ha vari nomi: Dondo, Odondo, Tamanin, Lunna, Donno, Kalangu, Dan karbi, Igba, Doodo, Tama, Tamma, Gangan) che ha la forma di una clessidra. Si posiziona con una tracolla sotto l’ascella sinistra e lo si percuote con una bacchetta ricurva impugnata con la mano destra. Veniva usato per inviare messaggi a breve distanza e il suono cambia a seconda della pressione esercitata dal braccio che lo stringe. Ecco un video che vi farà venire voglia di acquistarne uno!

Il particolare che mi ha portato alla soluzione è il poster a sinistra, che annuncia la proiezione di un film del tour africano di Sua Altezza Reale il Principe di Galles. Il futuro Re Edoardo VIII, Principe di Galles dal 1910 al 1936.

E’ stato facile scoprire le date del suo viaggio in Africa: dal 30 Aprile al 29 Luglio del 1925.

Il 18 Giugno di quell’anno, durante una visita alla British Empire Exhibition che si teneva a Wembley, la Regina Mary assistette al primo capitolo del film dedicato al tour africano del figlio.

Mentre il Principe era ancora impegnato nel suo viaggio, infatti, i filmati delle varie tappe giungevano man mano a Londra, dove venivano montate e proiettate nei cinema di tutto il Regno. Uscivano un po’ alla volta, come accade oggi con le serie di Netflix, Prime Video, Disney+ e compagnia bella.

Con un po’ di fatica sono giunto alla soluzione, dopo aver esaminato decine di immagini. La fotografia fu certamente scattata all’esterno del padiglione del Sud Africa della British Empire Exhibition.

Potete confrontare voi stessi l’obelisco in miniatura alle spalle del percussionista (non si vede il globo sulla sommità perché è fuori dall’inquadratura) e la fila di paletti di legno a destra.

E siamo infine giunti alle ultime quattro fotografie.

Esaminando le prime tre non ho trovato alcun indizio: due scorci di un castello diroccato, una strada cittadina… E’ stata la quarta fotografia, la numero 12, a mettermi sulla buona strada.

Fotografia #12

C’è una donna in primo piano (cloche hat anche per lei, ovviamente) e alle sue spalle un pub che serve una birra rinomata, la Ale prodotta a Ely dallo storica ditta Arthur & Bertram Hall.

Il pub non si trova però a Ely bensì più a nord, a Lincoln. Si chiamava Harlequin e si trovava all’incrocio tra Michaelgate e Steep Hill, una delle strade più antiche della città, molto pittoresca e ripida, come il nome lascia immaginare. Lo si può intuire dalla fotografia, osservando il marciapiede all’ingresso del pub. L’edificio, una casa a graticcio di epoca medievale, è ancora in piedi.

L’Harlequin fu chiuso nel 1931 perché le autorità ritirarono la licenza in quanto non più idoneo ad accogliere i suoi avventori.

Negli anni ’60 riaprì come negozio di antiquariato e di libri di seconda mano, fino alla chiusura dell’attività nel 2017. Per fortuna non verrà demolito, in quanto edificio di interesse storico culturale.

Aver identificato l’ultima immagine mi ha permesso di scerloccare le rimanenti tre, anche queste riferite a Lincoln.

Fotografia #9
Fotografia #10

Le fotografie 9 e 10 mostrano il castello, costruito da Guglielmo il Conquistatore nell’undicesimo secolo e giunto ai giorni nostri in ottimo stato di conservazione.

C’è una donna sulla scalinata che sale al castello, nell’istantanea numero 10. E’ la stessa persona in posa davanti all’Harlequin?

Anche l’ultima fotografia, la numero 11, mostra uno scorcio di Lincoln.

Fotografia #11

Più precisamente è il tratto della High Street a nord dello Stonebow, l’arco di pietra che risale al 1520 e segna l’ingresso meridionale alla città.

Confrontate lo scorcio con questa fotografia del 1920.

E così, con le ultime quattro istantanee di Lincoln, posso richiudere il mio album e considerare concluse le mie ricerche.

Non prima di aver ringraziato chi mi ha scritto per dare il suo contributo. In particolare voglio fare i complimenti a Richard Dixon, che ha fatto davvero un ottimo lavoro.

Grazie per avermi letto fin qui, fatemi sapere se in futuro volete leggere un seguito di questa rubrica. Ho giusto un paio di album di vecchie fotografie che attendono soltanto di passare dalle fauci del mio scanner e di essere attentamente scerloccati!


Ti è piaciuto questo articolo e non vuoi perdere i prossimi? Iscriviti alla newsletter di The LondoNerD: riceverai un avviso via mail ogni volta che un nuovo post sarà pubblicato.

My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare.