Primrose Hill – Tube: Chalk Farm
Then Susan comes into the room
She’s a naughty girl with a lovely smile
Says, “let’s take a drive to Primrose Hill
It’s windy there, and the view’s so nice”.
Si conclude oggi quella che, fino a questo momento, è stata la settimana più calda di questa estate. Temperature altissime, afa micidiale, umidità a palla… credo che tutti noi abbiamo incessantemente compulsato i vari siti e le app dedicati al meteo per sapere giorno per giorno l’amara sorte che ci sarebbe toccata nelle ore successive.
Chi mi conosce, poi, sa quanto io sia particolarmente insofferente al caldo. Questa settimana, per di più, ero particolarmente interessato agli sviluppi meteorologici perché stasera, sabato 22 Luglio, è in programma un evento che aspetto da anni. Sto infatti partendo alla volta di Lucca, per assistere all’unica data italiana del tour dei Blur.
Ci vado con Silvia (il biglietto per il pit è stato il regalo per il suo compleanno, qualche mese fa) ed entrambi stiamo incrociando le dita affinché la temperatura non sia disumana.
Devo confessare che ho cominciato ad ascoltare ed apprezzare la musica dei Blur piuttosto tardi, nonostante la loro popolarità fosse esplosa quando avevo l’età giusta per prendere posizione nella sanguinosa e un po’ idiota battaglia tra i loro tifosi e quelli degli Oasis.
Mio fratello Enrico, ad esempio, era un fan sfegatato dei fratelli Gallagher mentre io, all’epoca, ero totalmente immerso nella scoperta del progressive rock. Ascoltavo soltanto album usciti nel periodo 1969-1974. Nient’altro, tassativamente. In un post di qualche anno fa ho raccontato questa mia perversione, da cui sono poi uscito con l’aiuto degli amici.
Torniamo ai Blur, comunque, scoperti con qualche anno di ritardo quando nel 2001 i quattro si presero una prima pausa e Damon Albarn pubblicò il primo album con i neonati Gorillaz.
Ovviamente, anche se immerso negli album di Genesis, Jethro Tull, King Crimson e affini, negli anni precedenti avevo ascoltato centinaia di volte le canzoni-feticcio della mia generazione. Quelle dei Blur erano numerose: a ogni festa studentesca, in ogni serata in cui c’era musica, raramente mancavano “There’s No Other Way”, “Girls & Boys”, “Parklife”, “Country House”, “Coffee & TV” o la travolgente “Song 2”. Non avevo però approfondito i miei ascolti, diciamo. Il primo, temporaneo scioglimento della band fu l’occasione per farlo.
Di tutte le canzoni dei Blur sono rimasto affezionato ad una in particolare, che stasera potrebbe finire nella scaletta o forse no. Si intitola “For Tomorrow” ed è a mio avviso il pezzo più londinese di tutto il loro repertorio.
Parla di due ragazzi, lui si chiama Jim e lei Susan. Fin dal primo momento mi hanno ricordato un’altra celebre coppia della musica britannica: Terry e Julie, i protagonisti della splendida “Waterloo Sunset” dei Kinks.
Jim e Susan sono due figli del ventesimo secolo, come dice la canzone, e non se la passano benissimo. A differenza di Terry e Julie, a cui bastava attraversare il Tamigi e ammirare il tramonto per sentirsi in paradiso, Jim e Susan devono darsi forza a vicenda e resistere. La Londra in cui vivono è una città fredda, inospitale e la loro quotidianità è una battaglia continua.
Per capire meglio il contesto bisogna riavvolgere le lancette e ripiombare nell’Inghilterra di trent’anni fa, guidata dal conservatore John Major, che ha da poco raccolto il testimone da Margaret Thatcher, la Iron Lady che ha irrimediabilmente cambiato il volto del Paese durante i suoi dieci anni e poco più a Downing Street.
E’ in corso una subdola e inarrestabile americanizzazione: il capitalismo è feroce, le multinazionali colonizzano Londra, la finanza prende il sopravvento.
I Blur, reduci da un primo album (“Leisure”) che non è riuscito come avrebbero desiderato per colpa delle pressioni dell’etichetta, partono per gli Stati Uniti nell’Aprile del 1992. Li attende un tour di ben 44 date, che si rivelerà un incubo.
Il problema principale è che gli americani vogliono ascoltare soltanto il grunge, il genere che in quel momento è all’apice. I Blur vengono fischiati, in alcuni casi umiliati e a volte sembrano fare apposta per inimicarsi il pubblico. Durante uno spettacolo Graham Coxon canta i versi seguenti con un ghigno sprezzante: “You’ll look sweet / Upon the seat / With a bicycle up your arse”. In reazione agli insulti del pubblico americano, i quattro cominciano a sviluppare proprio in questo periodo lo stile anticonformista e profondamente britannico che non abbandoneranno più.
Tornati in patria, al lavoro per un nuovo disco, Damon Albarn e compagni hanno le idee chiare: odiano gli yankees e il processo di americanizzazione che sta trasformando in peggio l’Inghilterra. Il primo titolo scelto per l’album è molto esplicito: “England vs. America”.
Ne scelgono poi un altro, altrettanto efficace: “Modern Life Is Rubbish”, ispirandosi ad un graffito in Bayswater Road sotto il quale si fanno anche immortalare.
“For Tomorrow”, che apre il disco, è una canzone che trasuda britannicità da ogni strofa.
Londra è fredda, è spesso inospitale, la vita è dura. Ma il reciproco aiuto che si danno Jim e Susan è sufficiente a tirare avanti e a regalare speranza per il domani. For tomorrow, appunto.
I Blur affidano il videoclip a Julien Temple, veterano del genere (suo il celebre “The Great Rock’n’Roll Swindle”, protagonisti i Sex Pistols, uscito nel 1980), che sceglie di girarlo in bianco e nero. Quest’anno, per celebrare i 30 anni dall’uscita dell’album, il canale YouTube della band, ha pubblicato un’inedita versione a colori in 4K.
C’è moltissima Londra, a partire da Damon Albarn che canta mentre galleggia sul Tamigi nei pressi di Westminster; ci sono quattro tiri a pallone in Trafalgar Square, sotto lo sguardo dell’Ammiraglio Nelson; c’è un Routemaster a bordo del quale Albarn canta in bilico sulla piattaforma, tenendosi stretto al corrimano come fa il protagonista, Jim.
Ma non c’è soltanto la Londra da cartolina. Il coro fatto di la-la-la lo interpretano tante facce londinesi, di tutte le età, in un quartiere di periferia che è facile individuare. Siamo in fondo a Portobello Road, dove si staglia l’inconfondibile e sinistra sagoma della Trellick Tower. Working class dura e pura. Nel 1993 la gentrification è alle porte ma non ha ancora stravolto questo angolo di città. La capacità degli artisti come i Blur è quella di anticipare i tempi e di capire ciò che è in arrivo.
Jim e Susan sopravvivono a fatica ma ce la fanno. Lui ad un certo punto entra in casa, in Emperor’s Gate a Kensington. L’indirizzo non è casuale: è il posto dove vivevano i genitori di Damon Albarn dopo essersi trasferiti a Londra nel 1964. Lì, in quello stesso periodo, risiedevano John Lennon, sua moglie Cynthia e il piccolo figlio Julian. Una romantica coincidenza, che Albarn decide di inserire nel testo.
Jim entra in casa, accende la tv, si prepara un tè e dice a se stesso che la vita moderna è spazzatura, richiamando il titolo dell’album. Arriva in soccorso Susan, sorridente. Gli propone di guidare fino a Primrose Hill, dove tira il vento e dove si gode della vista più bella sulla città. Rotoleranno insieme giù per la collina, finalmente spensierati per qualche istante.
Fin dal 2000, a Primrose Hill, c’era una scritta tracciata con vernice bianca sull’asfalto, tratta da un verso della canzone.
Nel Maggio 2012 Royal Parks, la charity che cura i parchi londinesi, lo cancellò senza preavviso, sostenendo che si trattasse di una “necessità di pulizia”. Qualche giorno dopo la scritta riapparve e fu nuovamente cancellata.
Royal Parks giustificò questa seconda rimozione dicendo che al suo posto sarebbe stata preferibile una citazione del poeta William Blake: “I have conversed with the spiritual sun. I saw him on Primrose Hill”.
Damon Albarn scrive “For Tomorrow” a Natale del 1992, mentre si trova in casa dei genitori, a Colchester. Non è un bel periodo per i Blur: le vendite del primo album non brillano, il disastroso tour negli States ha lasciato uno strascico di brutti debiti da saldare. Albarn celebra la vigilia del Natale in famiglia, ubriacandosi.
La mattina seguente suo padre si sveglia e, sceso in salotto, vede il figlio che sperimenta accordi al pianoforte. “For Tomorrow” nasce così, in una notte in cui tutto sembra perduto.
Chissà se questa sera a Lucca la canzone sarà in scaletta. Io spero di sì, sarebbe un bel regalo.
He’s a twentieth century boy
With his hands on the rails
Trying not to be sick again
And holding on for tomorrow
London ice cracks on a seamless line
He’s hanging on for dear life
And so we hold each other tightly
And hold on for tomorrow
Singing la, la la l-la, la, la la, l-la l-la la-la-la
La, la la l-la, la, la la, l-la l-la la-la-la
La, la la l-la, la, la la, l-la l-la la-la-la
Holding on for tomorrow
She’s a twentieth century girl
With her hands on the wheel
Trying not to make you sick again
Seeing what she can borrow
London’s so nice back in your seamless rhymes
But we’re lost on the West way
So we hold each other tightly
And we can wait until tomorrow
Singing la, la la l-la, la, la la, l-la l-la la-la-la
La, la la l-la, la, la la, l-la l-la la-la-la
La, la la l-la, la, la la, l-la l-la la-la-la
Holding on for tomorrow
We’re trying not to be sick again
And holding on for tomorrow
She’s a twentieth century girl
Holding on for dear life
And so we hold each other tightly
And hold on for tomorrow
Singing la, la la l-la, la, la la, l-la l-la la-la-la
La, la la l-la, la, la la, l-la l-la la-la-la
La, la la l-la, la, la la, l-la l-la la-la-la
Holding on for tomorrow
Jim stops and gets out of the car
Goes to a house in Emperor’s Gate
Through the door and to his room, and then he puts the TV on
Turns it off and makes some tea
Says modern life is rubbish
I’m holding on for tomorrow
Then Susan comes into the room
She’s a naughty girl with a lovely smile
Says, “let’s take a drive to Primrose Hill
It’s windy there, and the view’s so nice”
London ice can freeze your toes, like anyone, I suppose
You’re holding on for tomorrow
Ti è piaciuto questo articolo e non vuoi perdere i prossimi? Iscriviti alla newsletter di The LondoNerD: riceverai un avviso via mail ogni volta che un nuovo post sarà pubblicato.
Non riesco mai a capire queste “necessità di pulizia”: se a chi fruisce il parco piace la frase di Albarn, che senso ha mettercene una di William Blake?
(Non è nata più o meno così anche Yesterday?)