La leggenda di Mary Overie


Uno degli itinerari più classici e piacevoli da intraprendere quando si visita Londra è quello sulla riva sud del Tamigi.

Fino a qualche decennio fa poche guide turistiche suggerivano una passeggiata su questa sponda del fiume. Al posto dell’odierno Sea Life c’erano gli austeri uffici del Greater London Council, il London Eye e il Globe Theatre non esistevano e l’enorme edificio che oggi è la Tate Modern era una centrale termoelettrica che arrivava a consumare 67 tonnellate di gasolio all’ora! Pullulavano le fabbriche, i magazzini e gli attracchi per le imbarcazioni mercantili. Insomma, i turisti non erano invogliati a visitare questo pezzo di Londra.

Oggi la musica è cambiata: South Bank (il primo tratto compreso tra Westminster Bridge e Blackfriars Bridge) e Bankside (quello successivo, da Blackfriars al Tower Bridge) sono luoghi frequentatissimi, grazie alle attrazioni antiche e recenti e al percorso pedonale che permette di apprezzare la rigenerazione di tutta la zona.

Una passeggiata lungo la sponda sud del fiume regala inoltre le migliori vedute della città e ad ogni passo c’è un punto d’interesse che meriterebbe una sosta. Vi ho parlato ad esempio dell’affascinante storia della OXO Tower e della casa in cui Christopher Wren avrebbe vissuto durante la costruzione di St. Paul’s.

Oggi vi racconto una vicenda che ho scoperto di recente, durante il mio ultimo soggiorno a Londra. Stavo percorrendo il tratto di strada che dal Clink Prison Museum (trappola per turisti che vi suggerisco di evitare) passa accanto alle rovine di Winchester Palace e raggiunge il Golden Hinde, la replica del galeone con cui Francis Drake circumnavigò il globo tra il 1577 e il 1580.

L’imbarcazione fu varata nel 1973 nel Devon e fece essa stessa il giro del mondo prima di essere ormeggiata nel 1996 nel luogo in cui oggi può essere visitata.

Pur avendola già vista in passato e pur sapendo che si tratta di una riproduzione a grandezza naturale, anche questa volta sono rimasto colpito dai suoi tre alberi, dal sartiame e dalle colubrine che sbucano dai portelli.

Ho rischiato quindi di non accorgermi di una targa di pietra che si trova lì accanto, incassata in un muro di mattoni. Una targa che racconta la leggenda di Mary Overie.

L’insegna non è antica, diciamolo subito.

“The project was funded by Allied Domecq PLC, J&W Nicholson & Co. (Holdings) Limited, Groundwork and The Single Regeneration Budget. The project was supported by ANZ Investment Bank DNV and the Golden Hinde Educational Museum. Designed by Panter Hudspith Architects and managed by Groundwork Southwark.”

Dietro questa iniziativa ci sono sponsor, banche e grossi gruppi ma, nonostante questo, il proposito è lodevole, perché chi ha posizionato la targa è riuscito a riportare alla luce una storia semisconosciuta, che si può leggere nelle trenta pagine di un libricino del 1744 conservato al British Museum.

A differenza del testo molto breve (che potete leggere per intero qui), il titolo è straordinariamente lungo:

“The True History of the Life and Sudden Death of Old John Overs, the Rich Ferry-Man of London, Shewing How he Lost his Life by his own Covetousness. And of his Daughter Mary, Who Caused the Church of St. Mary Overs in Southwark to be Built; and of the Building of the London Bridge”

Tutti sappiamo che il primo ponte che consentì di attraversare il Tamigi fu il London Bridge, inizialmente fabbricato in legno e più volte distrutto e ricostruito. La versione attuale risale ai primi anni ’70 del secolo scorso.

Prima del London Bridge, quindi, l’unico mezzo per attraversare il fiume erano le imbarcazioni e la leggenda racconta di un unico traghetto, di proprietà di un certo John Overs.

L’uomo, vissuto nel settimo secolo, era il detentore di un vero e proprio monopolio e aveva accumulato in pochi anni una grande fortuna. Trasportava da una parte all’altra del fiume pedoni, forestieri, cavalli e cavalieri, bestiame, merci, derrate alimentari… ognuno pagava il suo biglietto e John Overs incassava.

Il fatto è che, nonostante possedesse una ricchezza notevole, ammassata in anni di duro lavoro, l’uomo era straordinariamente avaro. Era diventato così danaroso con il sudore della fronte, con l’attività di usuraio e vivendo nella frugalità più assoluta: il suo tenore di vita e l’abitazione in cui viveva erano espressione di una totale miseria.

Vedovo, aveva un’unica figlia di nome Mary, “di bell’aspetto e di indole pia”, che aveva educato con molta cura. Quando fu matura e pronta per il matrimonio, il padre non era però disposto a darla in moglie con tanta facilità.

Si fece avanti un giovane, che lavorava alle dipendenze di Overs e che era più interessato al patrimonio del battelliere che alla mano della figlia. Con pazienza e scaltrezza, lavorandolo ai fianchi giorno dopo giorno, il ragazzo entrò nelle grazie del padre e si fidanzò con la bella Mary.

John Overs, però, continuava a vivere come un miserabile.

Un giorno escogitò un modo bizzarro per economizzare: decise di fingersi morto.

In questo modo, aveva calcolato, i suoi servitori avrebbero digiunato fino al momento del funerale, come prescritto dalla tradizione, e lui avrebbe risparmiato il costo del loro vitto. Le cose andarono diversamente.

Overs, con la complicità della figlia, fu avvolto in un lenzuolo e adagiato sul proprio letto, con una candela accesa all’altezza della testa e una vicino ai piedi, secondo la tradizione dell’epoca.

Quando i suoi sottoposti appresero la notizia della morte, invece di disperarsi, gioirono e cominciarono a danzare intorno al cadavere, per poi svuotare la dispensa e banchettare senza freni.

John Overs sopportò finché potè e continuò a fingere di essere defunto ma, dopo qualche ora di bagordi in casa sua, decise di mettere fine alla sceneggiata. Si alzò dal letto, ancora avvolto nel lenzuolo, e impugnando le candele affrontò gli sleali servitori.

Uno di essi, convinto di vedere il Diavolo in carne ed ossa, impugnò un remo spezzato che si trovava nella stanza e colpì con forza, uccidendo il povero Overs al primo colpo. Questa volta il battelliere era morto sul serio.

L’eredità dell’uomo andò tutta alla figlia. Saputo questo, il suo fidanzato si precipitò a Londra dalla campagna. Purtroppo, durante il viaggio, il cavallo su cui viaggiava inciampò e lo scaraventò a terra. Il giovane si ruppe il collo e morì all’istante.

La povera Mary, profondamente devastata da questi eventi, dovette occuparsi alla sepoltura del padre. L’uomo, a causa dei suoi trascorsi di usuraio, non avrebbe meritato un funerale cristiano ma i frati di Bermondsey Abbey, in cambio di denaro, accettarono di farlo tumulare nel cimitero dell’Abbazia, approfittando del fatto che il loro superiore era fuori città.

Quando l’abate rientrò a Londra, si accorse della recente sepoltura e, scoperto chi era il morto, andò su tutte le furie. Ordinò di riesumare il cadavere, lo fece caricare sul dorso dell’asino appartenuto a Overs e spinse l’animale fuori dai cancelli dell’Abbazia.

L’asino, a passo lento e solenne, procedette lungo Kent Street (oggi Old Kent Road), fino a raggiungere un piccolo stagno chiamato St Thomas-a-Watering, dove al tempo avvenivano le impiccagioni. Qui si scrollò di dosso il corpo, che fu seppellito senza alcuna cerimonia.

Per Mary Overs quest’ultima sventura fu il colpo di grazia. Decise di ritirarsi in convento, distrutta dal dolore, per sfuggire alle decine di pretendenti alla sua mano e al suo patrimonio che nel frattempo avevano bussato alla porta di casa.

Prima di prendere i voti e sparire, però, impegnò tutte le sue ricchezze per la costruzione di una grande chiesa sulla riva sud del fiume, nel luogo in cui attraccava il traghetto di suo padre.

L’edificio prese il nome di St Mary Overie, dove Overie sta per “over the river”, e diventò poi un convento degli Agostiniani. Dopo la dissoluzione dei monasteri nel 1536 divenne una chiesa parrocchiale, dedicata a St Saviour e, con la creazione della diocesi di Southwark nel 1905, assunse al rango di Cattedrale.

Pur soffocata dalla ferrovia che le passa accanto, dal traffico del London Bridge e dal chiasso del Borough Market, Southwark Cathedral resta ancora oggi un’oasi di pace.

Visitando l’interno troverete un monumento legato alla leggenda che ho narrato.

Nella navata nord del coro c’è infatti una scultura in pietra che raffigura uno scheletro sdraiato supino, avvolto in un sudario.

Una piccola lapide ci informa che si tratta di Thomas Cure, ricco mercante e membro del Parlamento, morto nel 1588. Ma le cose non stanno così.

Lo scheletro avvolto nel sudario, un pregevole esempio di cadaver tomb, risale al tardo Medioevo ma si trova in quella navata soltanto da pochi decenni.

Nel suo “Buildings of England” del 1973 il celebre storico dell’architettura Nikolaus Pevsner lo colloca altrove, sul pavimento della navata nord, accanto alla sgargiante tomba policroma del poeta John Gower.

Qualche anno più tardi lo scheletro fu evidentemente spostato dove lo vediamo oggi: nella navata nord del coro, davanti al recesso in cui è sepolto Thomas Cure, creando l’equivoco in cui molti cadono leggendo la targa.

Ho trovato conferma di ciò esaminando le seguenti immagini.

La prima mostra la cadaver tomb dove si trovava fino a qualche decennio fa, adagiata sul pavimento accanto a vari manufatti edilizi anneriti dal tempo.

La seconda raffigura la tomba di Thomas Cure prima del posizionamento dello scheletro avvolto nel lenzuolo sopra la lastra di pietra orizzontale.

Un volume del 1791, “Antiquities of London and its Environs” contiene un disegno del monumento funebre e la seguente didascalia:

“Questo monumento è collocato a terra, sotto la finestra nord della Spiritual Court e, secondo la tradizione, è in memoria del vecchio Overie, padre di Mary Overie, fondatrice del Monastero.”

Non sapremo mai se si tratta davvero dell’effigie del vecchio e avaro battelliere. Probabilmente no, perché risale ai primi del 1400, almeno otto secoli dopo la morte di John Overs.

La targa accanto al Golden Hinde, quella che mi ha fatto conoscere questa leggenda, contiene l’immagine dello scheletro avvolto nel sudario.

I capelli corti, la cassa toracica sporgente, il braccio destro lungo il fianco e il sinistro che stringe il lenzuolo e copre i genitali.

Un efficace e inaspettato memento mori per gli spensierati turisti che oggi affollano la riva sud del Tamigi.


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