Questa è la prima parte di un racconto diviso in sette capitoli, uscito a puntate nel 1928 sulle pagine dell’Evening Times. L’ho tradotto facendo del mio meglio e ho anche pensato ad un’immagine per illustrarlo. In questo post ho raccontato le bizzarre circostanze in cui lo rinvenni in un mercatino nel 2015. Buona lettura!
(dal Daily Mail del 19 Giugno 1928)
Ha suscitato un certo trambusto l’arrivo nella Capitale della signorina Theot, giunta ieri a King’s Cross ed attualmente alloggiata presso il Langham Hotel.
La signorina Theot, parimenti nota alle cronache tanto per le sue pretese doti medianiche (che le hanno attirato l’attenzione di alcuni circoli spiritualisti) quanto per le sue opinioni politiche piuttosto radicali (alcuni le hanno attribuito contatti con ambienti sovversivi e con l’assai più rispettabile Fabian Society), raggiunse particolare fama per aver prestato aiuto in un caso di omicidio avvenuto durante lo sciopero generale di due anni fa: in quell’occasione non si fece remore a manifestare la sua simpatia nei confronti degli scioperanti. In tale circostanza un membro della Camera dei Lord dichiarò le sue esternazioni “inopportune”, ancor più poiché “provenienti da una persona che, in virtù del suo sesso, non è direttamente coinvolta nella questione lavorativa”. La schermaglia proseguì sui giornali, con una lunga lettera che la signorina Theot inviò al Daily Herald ed in cui affermava, tra l’altro, che “Sua Maestà il Re non ha mai prestato la sua opera, a quanto so, nelle miniere di carbone che sono al centro dell’attuale protesta, pure nessuno si è lamentato se Egli ha voluto esprimere le Sue opinioni in merito”; la missiva si concludeva con le parole: “Ad ogni modo, per me la discussione termina qui, perché il vero comportamento inopportuno, da parte mia, sarebbe proseguire in una disputa con un anziano uomo che morirà il 15 dicembre prossimo, alle ore undici e trentasette antimeridiane”. Circostanza che, ad onor del vero, effettivamente si realizzò.
Al gruppuscolo di giornalisti che si sono radunati al di fuori della sua residenza londinese la signorina Theot non ha voluto rivelare i motivi della sua visita, e neppure se essi fossero, per così dire, “di carattere professionale”. Si è tuttavia intrattenuta a dialogare con un inviato dell’Evening Standard, il quale le ha chiesto se la scelta del domicilio fosse casuale o attentamente studiata: il Langham Hotel, di fatti, è più volte stato oggetto di pettegolezzi ed indicato, da alcuni, come “l’albergo più infestato di Inghilterra”. Nelle sue stanze, di fatti, abiterebbero gli spettri di un principe tedesco suicida per amore, di un medico ancora in veste da camera che si manifesta solo nel mese di ottobre, del nobile decaduto Sir Gilbert Edward Campbell, che qui tentò alla fine dello scorso secolo una risibile truffa assicurativa, subito scoperta dalla solerte polizia londinese, e forse addirittura dell’imperatore francese Napoleone III, che al Langham visse anche prima della sua dipartita.
La signorina Theot stava rispondendo, assai urbanamente, bisogna ammettere, alle domande del cronista, affermando di non essere stata a conoscenza della fama del Langham e di averlo scelto, di comune accordo col suo anonimo ospite londinese, il quale è ad esso particolarmente legato per motivazioni personali, quando la conversazione è stata interrotta dal signor Langdale Pyke. Egli si è dichiarato ammirato, in tono chiaramente ironico, della finezza di questa risposta, ed ha aggiunto che solo una sciocca avrebbe ammesso di essere venuta in città per dialogare con fantasmi la cui esistenza è data per certa solo dal popolino e non è stata mai accertata con metodi scientifici; Pyke si è anzi spinto oltre, giungendo a dichiarare i fantasmi del Langham “reali quanto quello di Canterville, che è esistito solo nella testa del signor Wilde e dei suoi lettori”.
La signorina Theot ha a quel punto fissato con un certo compatimento il signor Pyke e gli ha risposto che, certo, il fantasma di Canterville è esistito solo nella testa del signor Wilde, ma che è degno di uno sciocco pensare che, solo in ragione di ciò, esso non è reale.
(continua…)
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