Delitto nei Mews

21 Colville Mews – Tube: Notting Hill Gate


“Abbandonando la strada più larga, i due uomini passarono nella quiete relativa di un mews, un vasto isolato su cui si ergevano un tempo scuderie e rimesse per le carrozze ora trasformate in abitazioni. Avevano cenato insieme e adesso stavano prendendo una scorciatoia per raggiungere l’appartamento di Poirot.”

Per il titolo di questo post ho preso a prestito quello di un racconto di Agatha Christie, datato 1931.

Già all’epoca, come spiega la scrittrice, i mews londinesi avevano abbandonato l’originaria funzione di ricovero per i cavalli e di alloggi degli inservienti ed erano stati convertiti in abitazioni. La differenza, rispetto ad un secolo fa, è che mentre all’epoca erano case alla portata di tutti, oggi un appartamento in un mews è una delle sistemazioni più ambite e costose.

Le eleganti terraced houses che sorsero nella Londra di epoca georgiana e vittoriana avevano bisogno di uno spazio per i cavalli e per le carrozze e furono pertanto costruite delle strade secondarie sul retro, su cui affacciavano umili edifici a schiera a due livelli: stalle al piano terra e stanze al primo piano, per ospitare gli inservienti.

La pavimentazione dei mews era fatta di ciottoli, con uno scolo nel mezzo per smaltire il letame dei cavalli.

Solitamente c’era un tunnel, che passava sotto la strada e collegava l’abitazione principale alla stalla, per non disturbare i padroni. Le case dei mews non avevano finestre sul retro, per rispetto della privacy dei proprietari.

All’inizio del secolo scorso, l’avvento dell’automobile rese in pochi anni i mews un retaggio del passato. Molti furono adattati ad abitazioni, altri divennero la sede di compagnie di taxi, garage, botteghe di vario tipo. Mews divenne a volte sinonimo di vicolo malfamato.

Poi, negli anni ’60, bastò che un paio di celebri piloti automobilistici li scegliessero come residenza (era molto comodo vivere in piena Londra con il proprio bolide parcheggiato al caldo, al piano di sotto) per lanciare la moda.

Antoine Lurot, ex pilota di rally, fondò nel 1971 un’agenzia immobiliare totalmente dedicata alla compravendita e all’affitto di mews. Se in tasca vi avanzano 4/5 milioni di sterline potete mettervi in contatto con lui per fare la vostra proposta di acquisto.

Nel 1931, l’anno del racconto di Agatha Christie, il numero 14 di Bardsley Gardens Mews (l’indirizzo fittizio in cui è ambientata la storia) è un’abitazione normalissima, in cui Poirot viene chiamato per risolvere il caso di un omicidio camuffato da suicidio.

Un po’ quello che accadde realmente il 12 Marzo del 1925 al numero 21 di Colville Mews. Una tragica storia che ho scoperto per caso, mentre mi documentavo per un altro post sfogliando vecchi quotidiani.

Durante il mio ultimo viaggio londinese, tre settimane fa, ho deciso di cercare il luogo dove si svolsero i fatti.

E l’ho fatto in punta di piedi, un po’ per rispetto dei protagonisti di cui sto per parlarvi e un po’ per non farmi scoprire dagli attuali proprietari di casa. Se mi avessero visto dalla finestra sarebbe stato imbarazzante spiegare il perché di quella visita e di quelle fotografie.

Al numero 21 di Colville Mews, nel 1925, viveva una coppia di francesi.

Lui, Alfred Jean Joseph Guiard, aveva 46 anni ed era un ingegnere meccanico, inventore e titolare della “Drummond Motor and Engineering Works”, con sede al piano terra dell’edificio dove un tempo c’era la stalla per i cavalli. Della moglie, Marie, i giornali dicono soltanto che era sulla trentina e molto avvenente.

Una vicina di casa, la signora Glasgow, raccontò ai cronisti che la notte precedente dal laboratorio di Guiard proveniva un baccano infernale: un rumore di martellate furiose, durato per ore, fino alle due del mattino. Poi un improvviso silenzio.

Delle fiamme si accorse alle prime luci dell’alba un poliziotto di pattuglia. Chiamò i pompieri, che domarono con fatica l’incendio che stava distruggendo il piano superiore della casa dei Guiard.

Quando sfondarono la porta sbarrata ed entrarono nell’appartamento, la scena era degna del Grand Guignol. La coppia giaceva nel letto, i corpi erano carbonizzati e tra loro c’erano i resti del loro cane, un volpino di Pomerania.

La donna aveva una ferita alla testa, che in un primo momento fu attribuita al crollo di una porzione del tetto. Gli inquirenti pensarono subito ad un patto mortale tra marito e moglie, dopo che i sogni di gloria dell’uomo si erano infranti e il fallimento finanziario era ormai imminente.

Le invenzioni di Guiard, presentate in più occasioni all’ufficio brevetti, non avevano ottenuto successo. Il 5 Agosto 1922 è registrata una richiesta con questa descrizione: “Improvements in lightweight built up pistons & gudgeon pins of steam and internal combustion engines, compressors, pumps & the like”.

Il suo ex socio, ingegnere anche lui, dichiarò ai cronisti che il francese era uno dei meccanici più brillanti che avesse conosciuto.

“Anche se eravamo in società non mi era permesso toccare i suoi macchinari. Era un genio dalla grande inventiva e non ho problemi ad affermare che, se questo fosse stato riconosciuto, oggi lui sarebbe uno degli ingegneri più famosi del Paese. Aveva contribuito all’ideazione di molti motori a combustione interna di fabbricazione francese e i suoi torni erano sorprendentemente complessi. L’invenzione che ha mandato in frantumi era uno sforzo per migliorare il motore a combustione interna privo di valvole, basato sulle sue teorie sull’alterazione dell’aria nel motore a due tempi.”

L’ex socio, con queste parole, aveva gettato luce su quanto affermato dalla vicina. I rabbiosi colpi di martello della notte precedente avevano distrutto per sempre l’ultima fatica di Guiard, a cui aveva dedicato tutte le energie e soprattutto il suo intero patrimonio.

Nel garage c’erano dei macabri messaggi, che testimoniavano la sua disperazione.

Il primo era in inglese, scritto con il gesso sul retro di un autocarro: “In memory of what you have done for us, you hypocrites. A. J. J. Guiard.”

Il secondo, inciso su un’automobile e quasi cancellato dall’acqua sparata dai pompieri, era per metà in inglese e per metà nella sua madrelingua: “Without prejudice. Les Anglais ne sont pas si malins que cela. Comment est-ce que vous m’avez empilé?”. Gli inglesi non sono così malvagi. Perché mi avete truffato?

Probabilmente Guiard si era convinto che qualcuno avesse tentato di rubare i progetti della sua ultima invenzione.

In casa tutti i rubinetti del gas erano aperti e gli inquirenti videro parecchie lattine di benzina ormai vuote, disseminate in tutte le stanze. La cassaforte era chiusa. Al suo interno una lettera firmata dalla coppia, in cui era espresso il desiderio di essere sepolti insieme.

La ferita alla testa di Marie Guiard si rivelò causata da un proiettile e, accanto al corpo dell’uomo, fu ritrovato un revolver.

Un omicidio camuffato da suicidio, un po’ come quello raccontato da Agatha Christie. La povera Marie Guiard, probabilmente, non aveva alcuna intenzione di uccidersi e morì per prima, per mano del marito.


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