E ora qualcosa di completamente diverso

Wooburn Grange, Bourne End (Buckinghamshire)


E’ banale dirlo ma la prima impressione, appena l’ho visto comparire sul palcoscenico, è stata quella di essere al cospetto di un monumento vivente. Gli 82 anni e mezzo non hanno per niente accorciato il suo celebre metro e 93 di altezza. Piuttosto, quella che si nota subito è una pancia prominente. Per il resto John Cleese è in gran forma e, come ho detto, è un pezzo di storia ambulante.

Per poterlo ammirare dal vivo, nella sua prima e unica data italiana di sempre, mercoledì sera ero a Milano, al Teatro degli Arcimboldi.

Seduto accanto a me, in ottava fila a pochi metri dal palcoscenico, c’era il mio amico fraterno Ivan, arrivato apposta da Roma. Anche lui come me adepto da sempre del culto dei Monty Python e dello sgangherato mondo che ruota intorno al gruppo comico inglese che a partire dal 1969 sconquassò la compassata BBC.

Lungi da me l’idea di fare anche solo qualche cenno alla vita di John Cleese, sarebbe uno spreco di tempo e comunque non troverei le parole giuste per descrivere un personaggio così larger-than-life, come dicono gli inglesi.

Forse la cosa migliore è acquistare “So, anyway…” la sua autobiografia pubblicata nel 2014.

E’ stato lui stesso però, all’inizio dello spettacolo, a raccontare qualcosa della propria vita privata. Lo ha fatto mostrando a tutto schermo la fotografia di una donna vestita in modo casual, intenta a prelevare un corposo mazzo di banconote da uno sportello automatico. “E’ la mia terza ex moglie, paparazzata durante la sua passeggiata mattutina. E’ il motivo per cui sono ancora in tour alla mia età: i 12 milioni di sterline di alimenti che le devo.”

Lo show prometteva bene già dal titolo, “Last Time To See Me Before I Die”, che evidentemente è un portafortuna. Cleese lo sta portando in giro già da otto anni e gode ottima salute.

Le due ore di spettacolo, intervallate da una ventina di minuti “per consentirmi di fare pipì”, sono state quasi irreali.

In alcuni momenti, mentre venivano trasmessi spezzoni del Flying Circus e Cleese si spostava a bordo palco per non intralciarne la visione, io e Ivan abbiamo avuto la stessa sensazione di straniamento. Ci sembrava impossibile rivedere per la centesima volta la “Fish-Slapping Dance”, ridere a crepapelle come fosse la prima e allo stesso tempo essere al cospetto dell’uomo che questa scena la scrisse e la interpretò.

Lo stesso vale per il “Ministry of Silly Walks”

… o per il “Queen Victoria Handicap”, uno dei miei pezzi preferiti.

Sono sketch immortali, pezzi di storia e mai avrei pensato che un giorno avrei applaudito a teatro uno dei Monty Python.

John Cleese, poi, è il mio preferito dei sei. Il motivo per cui lo metto un gradino sopra gli altri è presto detto. John Cleese è il creatore di quella che è quasi unanimemente considerata la migliore sit-com mai prodotta: Fawlty Towers.

Anche qui non vorrei dilungarmi troppo, chi di voi non sa di cosa sto parlando interrompa subito la lettura di questo post e si procuri in qualche modo i 12 episodi andati in onda sulla BBC in due diverse serie, nel 1975 e nel 1979. Non ve ne pentirete, se non vi piace mi impegno a ridarvi indietro i soldi che avrete speso.

John Cleese scrisse Fawlty Towers con Connie Booth, allora sua moglie, dalla quale divorziò nel 1978. I due rimasero amici, tanto che l’anno seguente scrissero e recitarono la seconda stagione.

La sit-com racconta le vicende di Basil Fawlty, professione albergatore, di sua moglie Sybil e dello staff dell’hotel, la cameriera Polly e il cameriere spagnolo Manuel. Fawlty Towers è un modesto albergo di Torquay, località balneare del Devon, sulla cosiddetta English Riviera.

Basil Fawlty è un irresistibile misantropo, tiranneggiato dalla consorte e continuamente in lotta per elevare il proprio status sociale. Vorrebbe riuscirci attraverso il lavoro, richiamando nel suo albergo una clientela altolocata, ma purtroppo è costretto ad avere a che fare con avventori che lui considera volgari e plebei. Se non ci fossero loro, sostiene, tutto sarebbe perfetto.

L’effetto di tutta questa frustrazione è un uomo perennemente sull’orlo di una crisi di nervi, con i pugni serrati, che spesso sfoga la sua rabbia sul povero Manuel e ogni tanto sugli ospiti o addirittura su oggetti inanimati. Ad esempio il parabrezza della sua automobile, preso a bastonate con un ramo nell’episodio “Gourmet Night”.

Nei dodici episodi di Fawlty Towers funziona tutto, la scrittura è perfetta, i personaggi principali e i caratteristi sono impeccabili, i tempi comici insuperabili. Impossibile non ridere, quasi impossibile trovare un difetto. Un’altra scena irresistibile è la seguente, protagonisti Basil Fawlty e l’arcigna Mrs. Richards.

L’ispirazione per la sit-com fu un soggiorno dei Monty Python al Gleneagles Hotel di Torquay, nel 1973. Cleese e i suoi compagni rimasero impressionati e divertiti dai modi burberi e scortesi del proprietario, Donald Sinclair.

A un ospite che chiedeva informazioni su come raggiungere il centro gettò con violenza il libretto con gli orari degli autobus; lanciò la valigia di Eric Idle oltre il muro del giardino temendo una bomba al suo interno (in realtà conteneva soltanto una sveglia che ticchettava); criticò a voce alta il fatto che a tavola Terry Gilliam, l’unico americano dei Python, impugnasse la forchetta con la mano errata.

Quando il gruppo lasciò l’hotel, John Cleese e Connie Booth prolungarono il soggiorno per studiare le mosse e i tic di Sinclair. L’idea di Fawlty Towers nacque in quei giorni e si concretizzò due anni dopo.

Nonostante la sit-com sia ambientata a Torquay, nemmeno un minuto di pellicola fu filmato da quelle parti. Tutte le scene di interni si girarono di fronte ad un pubblico nello studio 8 del BBC Television Centre di White City, tristemente chiuso dal 2013. Lo scenografo Peter Kindred lavorò partendo da una bozza disegnata dallo stesso Cleese, e con un budget molto ridotto fece un vero miracolo.

I muri del set erano più alti del solito perché altrimenti, per inquadrare in primo piano l’allampanato Cleese, le telecamere avrebbero rivelato l’assenza di un vero soffitto.

Tutte le scene esterne (il ristorante di André, le bastonate di Basil Fawlty all’automobile, l’ospedale dell’episodio intitolato “The Germans”) furono filmate in economia a Londra, nel borough di Harrow.

Per quanto riguarda la location dell’hotel, che compare più volte ed è protagonista della sigla iniziale, il regista della prima serie, John Howard Davies, scelse un posto che conosceva bene. Si trovava nel Buckinghamshire, a metà strada tra casa sua e gli studi della BBC, e si chiamava Wooburn Grange Country Club.

Era perfetto perché, oltre alla vicinanza con Londra, aveva il pregio di possedere un certo fascino, provinciale e fatiscente. “C’erano signore con tacchi a spillo consumati, cani alsaziani attorno ai cassonetti e tutto puzzava di birra rancida”.

Il Wooburn Grange Country Club aprì come casinò nei primi anni ’60 e in seguito cambiò pelle più volte (nightclub, ristorante, discoteca gay ribattezzata “Basil’s”)…

… fino all’incendio che lo ridusse in cenere nel 1991.

Al suo posto oggi c’è un anonimo complesso residenziale.

Anche il Gleneagles Hotel di Torquay non esiste più da una decina d’anni. Dove sorgeva c’è oggi una residenza per anziani.

Tornando a John Cleese e allo spettacolo di mercoledì devo confessarvi che, povero illuso, ero partito da Vicenza portando con me un libro che amo e che possiedo da tempo.

Uscì nel 1988, edito da Methuen, ed è la fedele trascrizione dei dodici episodi di Fawlty Towers. Sembra strano ma leggerlo è un’esperienza godibile, si sente il ritmo delle battute, si apprezza la qualità della scrittura. Mi ero immaginato che a fine spettacolo avrei potuto farlo autografare e come me chissà quanti altri spettatori avevano la stessa illusione.

John Cleese ci ha stroncati immediatamente, con grandissima classe. Lo spettacolo è iniziato infatti con l’elenco delle cose che si sente rivolgere da decenni dai fan, probabilmente le stesse che avrei farfugliato io al suo cospetto: “Mr. Cleese lei per me è un mito, gli sketch dei Monty Python sono un pezzo della mia giovinezza, ridere grazie a Fawlty Towers mi ha aiutato moltissimo in un momento buio della mia esistenza…”.

Mentre tutte queste frasi scorrevano sullo schermo dietro di lui, John Cleese replicava in modo esilarante a ognuna di esse. Insomma, mi ha tarpato le ali con impareggiabile eleganza e a quel punto ho pensato soltanto a godermi lo spettacolo.

Quando è terminato, tutto il pubblico si è alzato in piedi per un applauso lunghissimo, con la speranza di far tornare sul palco Cleese per un bis. Lui, dopo l’ultima battuta, aveva finto un coccolone, lasciando le scene esanime su una sedia a rotelle spinta da un’infermiera.

“Last Time To See Me Before I Die”, appunto. Lo aveva annunciato.

L’applauso è continuato, inutilmente. Una grande scritta è comparsa infine sul palcoscenico, con un’informazione di servizio: “Mr. Cleese is leaving the building… in a coffin”.

Il giorno dopo ho ripensato alla terza moglie che preleva forti somme ogni mattina al bancomat sotto casa. Ho pensato: “Non sarà stato così pazzo da aver mostrato la vera fotografia della ex moglie paparazzata a tradimento?!?”

E invece… e invece era tutto vero!


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