12 Coldbath Square – Tube: Chancery Lane
Oggi vi porto nel cuore del quartiere di Clerkenwell, un tempo considerato la Little Italy di Londra per la grande concentrazione dei nostri compatrioti che qui vivevano e lavoravano.
A Clerkenwell sorge il mastodontico Mount Pleasant Mail Centre, il principale centro di smistamento postale della città di Londra, un tempo considerato il più grande al mondo.
La strada che gli ha dato il nome, “Mount Pleasant”, era stata battezzata così ironicamente, perché nel ‘700 i residenti avevano creato una piccola altura accumulando nel tempo cenere e rifiuti di ogni tipo.
Il centro postale aprì i battenti nel 1889, sul luogo dove fino a quattro anni prima si trovava la Coldbath Fields Prison, un carcere riservato a chi doveva scontare pene di breve durata. Il termine “Coldbath” era un riferimento alla sorgente d’acqua scoperta qui nel 1697, acqua adatta a curare i reumatismi, le convulsioni e altri disordini nervosi.
Per sfruttare queste virtù terapeutiche fu aperto un vero e proprio stabilimento termale, soprannominato “Il Pantheon”, che per un certo periodo ebbe successo e fu frequentato da parecchi clienti.
Poi il gestore fece bancarotta e la struttura chiuse per sempre.
L’unico luogo che ricorda ancora oggi l’ormai scomparsa sorgente curativa è una piccola piazza, chiamata Coldbath Square.
Qui, al numero 12, viveva la protagonista della storia di oggi: Mrs. Lewson. Anzi, come tutti la chiamavano, Lady Lewson.
Jane Vaughan, questo il suo vero nome, nacque nel 1700 da una famiglia benestante che viveva lungo lo Strand.
All’età di 19 anni andò in sposa ad un ricco commerciante, ben più anziano di lei, che le diede una figlia e poi morì, lasciandola vedova ad appena 26 anni.
Jane Lewson, dopo un primo momento di sbandamento, non si perse d’animo e si dedicò alla crescita della figlia, ignorando le proposte di matrimonio da parte di svariati pretendenti. Le sostanze ereditate dal marito defunto erano più che sufficienti per garantirle un futuro sereno e privo di preoccupazioni economiche.
Fin qui nulla di strano, dunque. Le cose cominciarono a complicarsi quando la figlia, anni dopo, si sposò e lasciò per sempre la casa di Coldbath Square.
Jane, rimasta sola, ebbe un crollo improvviso e cominciò a comportarsi in modo sempre più bizzarro.
Prima di tutto non uscì più dalla propria stanza, nonostante la casa fosse molto grande e comoda. Ordinò alla servitù (che consisteva in realtà in un’unica, fidata cameriera) di non spostare più nulla, nemmeno un soprammobile.
Ogni giorno voleva che le camere da letto fossero rifatte e le lenzuola cambiate. Poco importava che, dopo la partenza della figlia da casa, nessun ospite avesse più bussato alla sua porta.
Non comprò più abiti e rimase con il guardaroba che risaliva al tempo del matrimonio, vestiti che andavano di moda ai tempi di Giorgio I. Per questo motivo cominciò ad essere chiamata “Lady Lewson”.
Beveva il thé da un’unica tazza, perché convinta che così avrebbe ridotto al minimo la possibilità di prendere qualche malattia.
Jane Lewson era infatti terrorizzata dai raffreddori e dalle influenze e proibì tassativamente alla cameriera di lavare i vetri delle finestre: avrebbero potuto rompersi accidentalmente e il freddo avrebbe invaso la casa!
Il risultato fu che, nel giro di qualche anno, i vetri erano talmente sporchi e pieni di ragnatele che la luce non filtrava quasi più.
Anche i pavimenti non potevano essere lavati, al massimo era tollerata una spazzata sommaria una volta all’anno.
Sempre per paura di un colpo di freddo la donna smise presto di lavarsi, preferendo cospargersi il volto con del grasso di maiale e del lardo, per poi truccarsi pesantamente.
Nonostante tutte queste bizzarrie, Lady Lewson visse fino all’incredibile età di 116 anni, morendo nel suo letto il 28 Maggio 1816.
Qualche mese dopo comparve su un quotidiano la notizia che i suoi beni stavano per andare all’asta: mobili, bicchieri, undici chili di argenteria, gioielli, orologi, biancheria da letto, libri, dipinti, stampe…
Ma l’eredità più importante di Lady Lewson è forse un’altra. Potrebbe infatti essere stata la sua storia la fonte di ispirazione per Charles Dickens. La Miss Havisham di “Great Expectations” (1861), la donna abbandonata sull’altare il giorno del matrimonio, ha infatti molti punti in comune con lei. Non è l’unica indiziata, in realtà. Anche la vicenda di Eliza Emily Donnithorne potrebbe aver guidato la penna del grande romanziere.
Miss Havisham fermò gli orologi di tutta la casa alle nove e venti, l’ora in cui aveva scoperto il raggiro da parte del futuro sposo. Non uscì più dalle mura domestiche, continuando ad indossare l’abito da sposa per il resto dei suoi giorni. La torta nuziale, intatta, rimase a marcire sul tavolo, mentre la casa piombò nell’oscurità.
Dopo la morte di Lady Lewson un testimone raccontò di essere entrato nell’abitazione di Coldbath Square. Era rimasto sconvolto dalla quantità di chiavistelli e sbarre alle porte e alle finestre. Il soffitto dei piani superiori era rinforzato con decine di assi di legno, per scongiurare possibili intrusioni dall’alto. La cenere dei camini, infine, non era stata rimossa per decenni e si era accumulata in giro per la casa formando dei grossi cumuli, simili a dei letti.
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