Salisbury Court – Tube: Blackfriars
Salisbury Court è una piccola traversa di Fleet Street che passa inosservata agli occhi dei più. Qui, il 23 Febbraio del 1633, nacque Samuel Pepys, il quinto degli undici figli di un sarto e della figlia di un macellaio.
Grazie a una tenacia non comune e all’innata predisposizione ad amministrare i conti, divenne un importante e rispettato funzionario statale ma se oggi ci ricordiamo di lui il merito va senza dubbio al diario che egli tenne per una decina d’anni, a partire dall’1 Gennaio del 1660.
Proprio in quell’arco di tempo accaddero eventi importanti per la storia di Londra e dell’Inghilterra: la seconda guerra Anglo-Olandese, la temibile peste del 1665 e soprattutto il Grande Incendio del 1666. Pepys, abitante della City, lo descrisse meglio di chiunque altro contemporaneo.
Ma il diario, che non fu compilato per essere pubblicato, è anche un resoconto sorprendentemente dettagliato ed onesto della sua vita privata. Racconta del suo amore per il gioco, per il cibo e per il vino, delle sue attenzioni nei confronti delle donne, è un continuo susseguirsi di buoni propositi costantemente destinati al naufragio. “Più tempo da dedicare al lavoro e meno all’ozio e ai piaceri…”. Il diario stesso iniziò il primo giorno del 1660, con lo scopo di dare una regolata ad una vita alquanto disordinata. Una storia e una data che mi ricordano qualcosa…
Fin da piccolo Samuel Pepys soffrì di “bladder stones”, ovvero dolorosissimi calcoli vescicali. Una patologia di famiglia, dato che anche la madre e un fratello ne erano ugualmente afflitti.
Non lo aiutava certo il fatto di essere un grande bevitore di porto e l’alimentazione a base di carne rossa (come la maggior parte dei suoi contemporanei), che causò il comparire della gotta.
Erano i calcoli alla vescica, però, a fargli patire dolori inimmaginabili. Non c’erano rimedi efficaci, al tempo. Provò a ingurgitare pillole di trementina e a portare sempre con sè una zampa di coniglio, considerata un potente amuleto. Niente da fare, più passava il tempo e peggio andavano le cose, il povero Samuel non viveva un singolo giorno senza provare dolore.
Stremato e sfiancato, il 26 Marzo del 1658 si decise a sottoporsi ad una rischiosissima operazione chirurgica: fece chiamare a casa il dottor Thomas Hollyer del St. Bartholomew’s Hospital. Aveva sopportato il dolore per anni pur di evitare questa soluzione, ma ormai non c’era più scampo. All’età di 25 anni era giunta l’ora andare sotto i ferri, con un rischio elevatissimo di non farcela.
Per prima cosa il medico gli fece bere un intruglio di liquirizia, altea, cannella, latte e acqua di rose, mescolato con quindici albumi d’uovo. Poi lo fece spogliare e sdraiare su una tavola, alla quale fu legato strettamente.
Forse è superfluo ricordare che all’epoca si operava senza ricorrere all’anestesia e quindi non possiamo lontanamente immaginare cosa provò il povero Pepys quando il dottor Hollyer infilò nel suo pene una sottile barra di metallo che aveva lo scopo di entrare nella vescica e “localizzare” il calcolo.
Dopo averlo trovato, incise il perineo con il bisturi e lo estrasse con le pinze. Il calcolo aveva le dimensioni di un uovo d’oca. Per capirsi, quello più a destra nella foto che segue!
Durante tutta l’operazione Pepys rimase sveglio e consapevole di quanto stava accadendo. Il dottor Hollyer gli prescrisse sei settimane di assoluta immobilità.
Ogni anno, in occasione dell’anniversario dell’operazione, Pepys prese l’abitudine di organizzare un banchetto. Nel diario del 1662 l’evento è così descritto:
“Ho organizzato una cena ben riuscita. Un paio di carpe stufate, sei polli arrosto e guancia di salmone come primo; un pancake, due lingue di bue e formaggio per secondo; e siamo stati molto allegri per tutto il pomeriggio, parlando e cantando e suonando il flagioletto.”
L’anno seguente Pepys annotò:
“Oggi sono cinque anni che il Signore ha voluto che il mio calcolo fosse asportato e che io mi salvassi. Solo ogni tanto, quando prendo freddo, ho un po’ di dolore ma altrimenti sono sempre in buona salute.”
Quell’anno il banchetto vide sul tavolo conigli, polli, montoni, carpe, agnelli, piccioni, aragoste, lamprede, acciughe e molto vino.
Nel 1669 Pepys dovette interrompere il suo diario per dei gravi problemi alla vista, quindi non sappiamo se la tradizione dei banchetti proseguì per tutta la vita ma è probabile che andò così, fino alla sua morte nel 1703.
Ciò che è rimasto un mistero è la sorte del calcolo grande come un uovo d’oca. Pepys lo fece montare su una base di pietra e lo utilizzò sempre come fermacarte sul proprio scrittoio. Non ci sono notizie circa la fine che fece dopo la sua morte.
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