Il fantasma del ristorante thailandese

229-230 Strand – Tube: Temple

Cominciamo questa storia dalla fine…

Alle 4 del mattino di giovedì 6 settembre 2018 la quiete della notte londinese viene improvvisamente interrotta da un fragore e da un suono di vetri infranti: per una distrazione dell’autista, il 341 notturno diretto verso Waterloo si schianta sulla facciata di un palazzo che ha resistito fino a quel momento ad eventi ben più gravi di un banale incidente stradale.

Si tratta infatti dell’unico edificio dello Strand scampato al Grande Incendio del 1666 che devastò Londra, sopravvissuto anche ai bombardamenti tedeschi dell’ultima guerra. Costruito su alcune rovine romane nel 1625, fu inizialmente la dimora del guardiano del Temple Bar, la porta di ingresso alla City di cui vi già ho raccontato. Il custode arrotondava lo stipendio vendendo uno spuntino a base di pane e carne ai curiosi che accorrevano fin lì soltanto per ammirare le teste dei traditori giustiziati issate su lunghi pali di legno.

Secoli dopo, ancora intatta, la casa del guardiano divenne la sede di un club privato, il Wig and Pen, frequentato da avvocati e giudici (le Royal Courts of Justice si trovano proprio di fronte) e anche da giornalisti, specialmente quelli che si occupavano di cronaca giudiziaria.

All’interno del Wig and Pen, tra una pinta di birra e l’altra, i cronisti riuscivano spesso e volentieri a scucire notizie riservate sui processi che si svolgevano al di là della strada. Poi, ottenute le informazioni, lasciavano il locale e correvano in Fleet Street a scrivere i loro pezzi per l’edizione del mattino.

La crisi dell’editoria e lo spostamento dei grandi quotidiani lontano dalla City, nella seconda parte del secolo scorso, portarono all’inevitabile chiusura del Wig and Pen nel 2003.

Lo stesso anno riaprì con una veste inedita, quella del ristorante orientale, appartenente alla catena Thai Square. Ed è qui che sono stato a cena l’estate scorsa, qualche settimana prima che il 341 notturno sfondasse la facciata del ristorante.

Devo dire che ho mangiato discretamente (consiglierei il “Pad Thai Goong Yai”) ma il mio scopo era quello di fotografare il locale all’interno, cosa che le gentili cameriere mi hanno concesso.

Ecco dunque la vetrata risalente al 1625, ancora integra.

Reca una scritta in inglese arcaico: “Go thy way, eat thy bread with joy and drink thy wine with a merry heart, for God approveth thy work.”

Ho letto su un vecchio libro che nell’edificio, di notte, si aggira un fantasma sprovvisto della testa. E’ lo spettro di Oliver Cromwell.

Il condottiero fu colui che guidò la rivolta del Parlamento contro il Re Carlo I e, al termine della Guerra Civile nel 1651, fu nominato Lord Protettore e instaurò una dittatura militare che durò fino alla sua morte per cause naturali, nel settembre del 1658.

Due anni dopo la monarchia fu restaurata e Carlo II, figlio del monarca messo a morte dai repubblicani, decise di farsi vendetta. Fece riesumare il corpo di Cromwell dall’Abbazia di Westminster, dov’era stato sepolto con tutti gli onori, e lo sottopose ad una “esecuzione postuma”. Il cadavere fu prima appeso in catene ed esposto al popolo, successivamente gettato in una fossa comune, con l’esclusione della testa.

Questa fu impalata e rimase esposta per quasi 25 anni all’esterno di Westminster Hall. Un fulmine, una notte, la fece cadere a terra. La trovò un soldato che la nascose e in seguitò la vendette clandestinamente. Da quel momento, era il 1685, la testa di Oliver Cromwell passò da un proprietario all’altro, esposta in pubblico a pagamento o magari esibita agli ospiti durante un ricevimento mondano.

Trovò pace soltanto nel 1960, quando fu sepolta sotto il pavimento in una cappella del Sidney Sussex College di Cambridge, dove Cromwell aveva studiato.

Il suo corpo, però, è ancora convinto che la testa sia a Londra e la cerca ogni notte nelle sale deserte di un ristorante thailandese.


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